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Cosa c’è dietro la scelta del presidente del Consiglio di ricevere dal fondatore di Tesla il premio dell’Atlantic Council (facendo litigare il think tank stesso)
Subito dopo il voto contrario degli eurodeputati di Fratelli d’Italia alla riconferma di Ursula von der Leyen alla Commissione europea, Giorgia Meloni concesse un’intervista al Corriere della Sera. Alcune delle sue risposte di allora gettano senz’altro della luce sulla scelta della premier di ricevere il «Global Citizen Award», un prestigioso premio dell’Atlantic Council, dalle mani di Elon Musk. A maggior ragione, proprio ora che il fondatore di Tesla e SpaceX e proprietario di X (ex Twitter) sta rendendo più attivo ed esplicito il suo sostegno finanziario e politico a Donald Trump nella campagna presidenziale americana.
Il rapporto Italia-Stati Uniti
Disse in luglio Meloni al Corriere, che le chiedeva se il voto contrario di FdI su Von der Leyen riflettesse una «scommessa» su Trump: «Io sono leader di un partito europeo che ha tra gli alleati anche il partito Repubblicano. Quali siano le mie affinità politiche nel sistema americano è evidente e lo sanno tutti. Questo non mi ha impedito di lavorare molto bene con l’amministrazione Biden. Continuerei a farlo se Biden fosse confermato, così come lavorerei bene con una nuova amministrazione Trump. Per me conta la solidità dell’alleanza con gli Stati Uniti. Pensare che l’alleanza tra due nazioni del G7 muti in base al mutare dei governi è stupido e infantile. Del resto, quando Conte era al governo e negli Stati Uniti c’era Trump non mi pare ci siano stati problemi. Anzi. Noi siamo considerati affidabili, stabili, preziosi. È questa l’unica cosa importante».
Il rapporto Meloni-Musk
In questa risposta c’è probabilmente molto anche del rapporto di Meloni con Musk. I due si conoscono bene. La premier intende mantenere ottimi rapporti istituzionali e di alleanza con gli Stati Uniti, chiunque vinca la corsa alla Casa Bianca; ma sul piano politico non nasconde la sua maggiore vicinanza al mondo trumpiano. Anche, se necessario, in concorrenza con il filo-trumpismo del leader della Lega Matteo Salvini. Certo in luglio, quando Meloni fece votare i suoi contro Von der Leyen e rese chiara la sua maggiore vicinanza a Trump, la vittoria del candidato repubblicano appariva più probabile di fronte a un Joe Biden indebolito. Ma anche in questa fase la sostanza non cambia e fa da sfondo a parte del rapporto con Musk. L’imprenditore, l’uomo più ricco del mondo con un patrimonio stimato da Forbes da 257 miliardi di dollari, ha del resto già visitato la premier due volte in tempi recenti. Lo ha fatto nel giugno del 2023 a Palazzo Chigi e poi di nuovo nel dicembre scorso, quando partecipò ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia per l’occasione a Roma.
Il tasso di natalità che li accomuna
Disse allora Musk: «Credo che sia importante avere bambini e creare nuove generazioni. Sembra banale dirlo, ma i tassi di natalità sono ogni anno più deludenti. E ancora: «Io sono un ambientalista. Credo però che il cambiamento climatico non sia, nel breve termine, una minaccia così grande. Non si può fare a meno, nell’immediato, di petrolio e combustibili fossili. Ci vorrà tempo per la piena sostenibilità, ma penso che la perdita di speranza per il futuro sia sbagliata».
Il premio dalle mani di Musk
Sono alcuni dei temi che senz’altro il fondatore di Tesla condivide con Meloni. Di certo la premier ha accettato che a consegnarle il premio dell’Atlantic Council fosse Musk stesso. Invece gli altri premiati, il presidente del Ghana Nana Akufo-Addo e il premier greco Kiryakos Mitsotakis, saranno insigniti da personalità diverse (l’hanno scorso furono insigniti i leader di Ucraina e Germania Volodymyr Zelensky e Olaf Scholz). Certo, si tratta anche dello stesso Musk che sul suo stesso social media non esita a diffondere voci anche incendiarie, come quando ai suoi 198 milioni di follower su X condivide la falsa notizia secondo la quale il governo di Londra stava per mandare le persone coinvolte nelle recenti rivolte anti-migranti «in campi di detenzione di emergenza nelle Falklands». O come quando dopo l’ultimo attentato a Trump si è chiesto, con una pericolosa provocazione, perché nessuno stesse cercando di uccidere Biden o Kamala Harris, la rivale del leader repubblicano.
Il potenziale conflitto d’interessi
Del resto l’uomo è così, con le sue contraddizioni. Sostiene un’agenda libertaria, con un ruolo minimo per il governo, ma si è dichiarato pronto (sempre su X) a servire in un’amministrazione Trump: poco importa che per il destino di alcuni dei suoi grandi business, da SpaceX a Starlink, proprio l’atteggiamento della Casa Bianca possa risultare decisivo. Ma Musk non è né il primo né l’ultimo imprenditore in potenziale conflitto d’interessi, nel grande capitalismo americano.
La rivolta interna al think tank americano
L’evento di Meloni con Elon Musk sembra tuttavia aver creato forti polemiche all’interno stesso dell’Atlantic Council che conferirà il riconoscimento alla premier. Scrive il seguitissimo media Politico, dagli Stati Uniti: «L’inclusione di Meloni (fra i leader premiati, ndr) era già da sola motivo di borbottii, all’interno dell’importante centro di elaborazione politica di Washington, a causa della passata vicinanza alla Russia della premier italiana e della retorica anti-immigrati e anti LGBTQ+ del suo partito. Ma addetti attuali e passati dell’Atlantic Council, anonimamente, hanno detto al NatSec Daily (una pubblicazione del settore della difesa, ndr) che l’irritazione ha raggiunto il culmine quando il think tank ha annunciato che, su richiesta della stessa Meloni, lei sarebbe stata presentata da Musk». E continua Politico: «Molti esperti e addetti dell’Atlantic Council sono a favore dell’Ucraina e Musk è spesso parso muovere passi o emettere dichiarazioni che hanno indebolito Kiev nella sua battaglia contro la Russia. Anche il fatto che Musk abbia promosso la disinformazione preoccupa alcuni addetti dell’Atlantic Council». Di conseguenza, aggiunge Politico, molti fra il personale interno al think tank di Washington hanno scritto il 3 settembre all’amministratore delegato dell’Atlantic Council Frederick Kempe per esprimere il proprio disappunto.
Gli altri incontri di Meloni
Né è l’unico, per la verità, che Giorgia Meloni sta incontrando in questi giorni a New York. La premier ha già viavuto una serie di colloqui anche con una serie di colloqui con Sundar Pichai, amministratore delegato di Alphabet (Google), con il numero uno della società di telecomunicazioni Motorola Greg Brown e con il leader di OpenAI Sam Altman. Nessuno dei tre ha un profilo politico particolarmente definito. Con loro, spiega una nota di Palazzo Chigi, si è parlato «delle prospettive dello sviluppo tecnologico e informatico globale con particolare riferimento all’intelligenza artificiale».
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