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Federico Marchetti: “Nel 2009 ho rifiutato un’offerta di Amazon per Yoox” #finsubito prestito immediato

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Da una famiglia come tante altre di Ravenna alla corte del re d’Inghilterra, passando per il successo di Yoox, primo unicorno italiano, cioè startup valutata un miliardo di dollari: questa è la straordinaria parabola di vita di Federico Marchetti. Che, dopo un’avventura imprenditoriale che l’ha reso enormemente ricco, ha deciso di “give back”, dare indietro alla comunità umana il suo talento e le sue competenze. Nel suo caso, il “give back” si chiama Re Carlo III, di cui Marchetti è diventato consulente sulle tematiche della sostenibilità. “Ho venduto Yoox che avevo 49 anni, troppo presto per ritirarmi a pescare. Così ho deciso di restituire alla comunità almeno una parte di quello che avevo ricevuto”. È proprio questo il senso del give back: un gesto di responsabilità e gratitudine, che può avvenire in vari modi, attraverso donazioni di denaro, ma anche di tempo, risorse o competenze. Un concetto certamente non nuovo (la filantropia è sempre esistita), ma che sta riemergendo tra coloro che si sono affermati nel mondo dell’innovazione e della tecnologie, specialmente all’estero, e che hanno concluso straordinarie carriere ancora relativamente giovani.

Marchetti al “The Bologna Gathering”

Solitamente poco propenso alle luci della ribalta, Marchetti ha invece scelto di parlare di sé e della propria avventura imprenditoriale nel corso di The Bologna Gathering, evento sostenuto da CTE COBO, la Casa delle Tecnologie Emergenti del Comune di Bologna, e dedicato a investitori internazionali, top manager, startup e scaleup selezionate per l’alto potenziale di crescita e, appunto, a fondatori di grandi aziende innovative. Proprio come Marchetti. Forse perché si sentiva a casa in mezzo agli investitori e agli imprenditori innovativi, forse perché in dialogo con un vecchio amico, George Coelho, venture capitalist di Astanor Ventures, l’uomo si è lasciato andare ai ricordi, come ha già fatto alcune volte in passato, ma con qualche particolare in più, tra cui, per esempio, il “no” rifilato a Bezos che voleva acquistare Yoox prima dell’IPO. EconomyUp era lì ad ascoltare il racconto.

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Italia andata e ritorno, passando per USA e UK

Racconto che inizia, appunto, a Ravenna, dove Marchetti nasce nel 1969, per poi spostarsi negli Stati Uniti, alla Columbia University, dove consegue un MBA, e rientrare in Italia. Per la vita privata è un periodo importante (“Ho incontrato mia moglie in una discoteca a Londra”), per quella professionale altrettanto. “Ho fondato Yoox nel marzo 2000 – rievoca – per poi venderla nel 2018 per circa 5,3 miliardi di dollari”.

Detta così sembra la cosa più semplice del mondo. Invece ha comportato uno sforzo significativo in termini di impegno, creatività, visione. “In quegli anni non c’era niente di quello che è venuto dopo, voglio dire gli smartphone, i social, le live…In più ero in Italia, dove il gap con il mondo anglosassone era, e ancora è, enorme. Siamo però forti in termini di automotive, food, artigianato e fashion. C’era già l’eCommerce, Amazon è nato nel 1995. Così ho pensato che un giorno fashion e Internet si sarebbero connessi. Sono stato il link, la connessione tra il mondo della moda e quello della tecnologia”.

Come ha fatto Marchetti a scalare quella ripida e imprevedibile montagna che è una startup innovativa? “Il mio mantra è sempre stato: ‘customer first’. La mia scelta quella di investire in servizi: fare in modo che il prodotto arrivi in tempo, che si possa restituire ecc. ecc. Anche 30 dopo la nascita dell’eCommerce non tutti lo sanno fare bene”.

Marchetti inizia da solo, ma presto capisce che solo non può restare. “È finita che avevo circa 5000 persone disseminate tra Italia, UK, Paesi asiatici e in vari altri luoghi. Nel 2015 ho acquistato Pret-a-porter. Un italiano che compra una società britannica non capita tutti i giorni” commenta. Contestualmente tanti di quelli che hanno lavorato con lui sono andati a ricoprire posizioni apicali in altre grandi aziende oppure sono diventati imprenditori e investitori. “Ne sono fiero” dice.

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La proposta (rifiutata) di Amazon e l’IPO del 2009

Nel 2009 è il momento dell’IPO, la quotazione alla Borsa Italiana. Ma prima accade qualcosa che il riservato Marchetti svela solo ora: Amazon fa un’offerta per Yoox. “Rifiutai silenziosamente”, confessa. Una mossa azzardata? Si direbbe di no, perché, spiega l’imprenditore, “feci l’IPO con una valutazione più alta di quella che aveva proposto Jeff Bezos”. L’esordio è spumeggiante: dopo aver fissato il prezzo per azione nella parte alta della forchetta, cioè tra 3,6 e 4,5 euro, (“E io che dicevo: è una quotazione troppo alta!”), la società debutta al segmento STAR il 3 dicembre 2009 con un progresso dell’8,37% a 4,66 euro, dopo aver toccato un massimo a 4,97 euro, rispetto al valore di collocamento di 4,3 euro. Il collocamento di YOOX Group viene completamente coperto. “È stato un momento scary, pauroso, ma poi sono rimasto soddisfatto”.

La vendita nel 2018 a Richemont

Il 2018 è un altro anno cruciale: Richemont, uno dei maggiori gruppi al mondo nel settore del lusso e già principale azionista di Yoox Net-A-Porter, decide di fare un’offerta per acquisire tutte le azioni di Ynap, valorizzandola a circa 5,3 miliardi di euro. Offerta accettata. Yoox non è più di Federico Marchetti.

Quando ho venduto la società – rievoca lui – avevo 49 anni ed ero troppo giovane per andare a pescare. Mi sono chiesto: e ora cosa faccio? E mi sono risposto: non rifarò un’altra Yoox. Di denaro ne ho abbastanza per la mia famiglia, mia figlia e le future generazioni. Volevo fare qualcosa di utile per il pianeta. E mi sono accorto che potevo continuare da dove avevo cominciato. All’inizio Yoox faceva reselling dei leftover, cioè era una piattaforma per la rivendita delle rimanenze, quella che oggi chiamano economia circolare. Nel 2008 fondai Yooxygen, l’area eticamente ed ecologicamente responsabile di Yoox, ma nessuno mi capì.

Dopo l’exit, volevo continuare a lavorare con la sostenibilità. Sono uno che fa, non uno che parla. E fu allora che incontrai l’allora Principe Carlo d’Inghilterra”.

Le ragioni del give back

L’incontro avviene in modo quasi banale: Marchetti invita il Principe all’opening di un evento a Londra e quello si presenta insieme alla consorte Camilla. “Qualcosa è scattato tra noi. Mi ha chiesto di unirsi alle sue iniziative, poco dopo sono diventato Consigliere del Re. Lui è un monarca, io uno startupper, ma anche lui come me ama l’azione e parla di sostenibilità dal 1997. La nostra è una strana coppia ma facciamo cose concrete”.

Su questa vita estremamente variegata, intensa ed appagante Marchetti ha scritto un libro, pubblicato l’anno scorso da Longanesi, “Le avventure di un innovatore”, che, annuncia, sarà lanciato negli Usa nel 2025.

“Ho deciso di scriverlo per i giovani, perché volevo dire loro: se ho fatto tutto questo anch’io, potete farlo anche voi. La mia famiglia è umile, non sono un genio, non sono nerd. Eppure l’ho fatto. L’Italia non è un Paese di innovazione e tecnologia, ma ha molti vantaggi. È impossibile confrontarla con la Silicon Valley, perciò dobbiamo valorizzare quello che loro non hanno e non avranno mai: un mix di capacità artigianale, tecnologia, creatività, design. Questo, tutto insieme, costituisce l’arma segreta di noi italiani: non ci resta che usarla”.



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