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diMaurizio Giannattasio
Ristrutturazione, il nodo extracosti. Palazzo Marino: l’opera era a carico del privato
C’è chi l’ha battezzata la maledizione del Palasharp ma non tutti sarebbero d’accordo, soprattutto gli avvocati che da anni presentano ricche parcelle ai loro clienti. Quindi meglio virare su telenovela. L’ultima puntata riguarda l’ennesimo ricorso al Tar (dovrebbe essere il quinto) questa volta firmato da Ticketone e Mca Events, l’associazione di imprese che si era aggiudicato il bando per la ristrutturazione del palazzetto che avrebbe dovuto ospitare le gare olimpiche di hockey femminile, salvo poi rinunciare a causa degli extracosti e quindi decadere dall’assegnazione. Ticketone che fa capo al colosso dei concerti Eventim, non solo ha chiesto l’annullamento del provvedimento di decadenza firmato dal Comune ma anche l’accertamento del suo diritto a vedere attivato il procedimento di revisione del piano economico finanziario o, in subordine, la condanna di Palazzo Marino al risarcimento del danno che avrebbe subito. A sua volta il Comune si è costituito in giudizio rispedendo al mittente tutte le accuse, a partire dalla decadenza. «Il provvedimento con cui è stata disposta la decadenza, la segnalazione all’Anac e l’escussione della cauzione — scrive l’avvocatura di Palazzo Marino — è stato assunto a fronte del rifiuto del raggruppamento temporaneo di imprese di sviluppare il progetto in linea con l’offerta economica di gara con lo stralcio delle opere olimpiche e della contestuale richiesta da parte del medesimo Rti di una rilevante modifica del piano economico finanziario oggetto di gara, con riconoscimento di un ingente contributo pubblico e riduzione del canone concessorio».
Nel merito Palazzo Marino ritiene inammissibili le modifiche delle condizioni economiche «in quanto avrebbero comportato una sostanziale variazione dei presupposti e delle condizioni della procedura ad evidenza pubblica espletata e aggiudicata, che prevedeva il totale autofinanziamento da parte dell’operatore, senza alcun contributo pubblico».
L’ultimo appunto riguarda gli extracosti che avrebbero portato la spesa a circa 40 milioni di euro, più del doppio della stima iniziale: «L’anomalo incremento dei prezzi di costruzione lamentato dal Rti ricorrente — scrivono gli avvocati comunali — non trova riscontri e, in ogni caso, lo scostamento dei costi rientra nei rischi a carico del concessionario».
C’è anche un capitolo dedicato ai Giochi olimpici che visto il protrarsi di ricorsi, subentri e rifiuti, sono stati spostati in Fiera. «La scelta del Comitato Olimpico di non utilizzare per i prossimi giochi invernali Milano Cortina 2026 il dismesso PalaSharp non è imputabile a inadempienze o ritardi del Comune di Milano — scrive Palazzo Marino — e non ha compromesso la possibilità di realizzare il progetto messo a gara, che ha vita autonoma rispetto all’evento sportivo suddetto». Proprio quello che ai tempi il Comune aveva chiesto al raggruppamento di imprese: tornare al vecchio progetto antecedente i Giochi. La risposta sarebbe stata negativa. Infine, il raggruppamento di imprese ha impugnato anche i provvedimenti con cui il Comune ha interpellato l’operatore risultato primo in graduatoria. La telenovela continua.
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