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Stellantis ha fatto male conti, problema governi auto elettriche #finsubito prestito immediato

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Stellantis ha rivisto i conti per quest’anno e ieri ha vissuto una giornata di passione in borsa, perdendo il 14,72% e crollando a 12,39 euro, il livello più basso da due anni. In borsa, la società nata dalla fusione tra Fiat Chrysler e Peugeot ha perso in una sola seduta 6 miliardi di euro, portando il bilancio di quest’anno a -41%. In appena sei mesi, la casa automobilistica ha “bruciato” qualcosa come il 55%, all’incirca più di 35 miliardi.

Conti Stellantis rivisti giù

Cos’è successo di preciso? Le previsioni sui conti presentate da Stellantis nei mesi scorsi si sono rivelate ottimistiche.

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Il margine operativo “adjusted”, in pratica la capacità di generare utile al netto delle voci non caratteristiche, è atteso ora per il 2024 tra il 5,5% e il 7% contro la “doppia cifra” di qualche mese addietro. Se prima si stimava un “cash flow” positivo per 4,8 miliardi, adesso è atteso negativo. Gran parte della revisione al ribasso, spiegano fonti aziendali, si devono alla performance negativa delle vendite negli Stati Uniti. Qui, l’obiettivo è ora di contenere le giacenze a 330 mila unità dopo che le mancate consegne alla rete sono risultate di 200.000 nel secondo trimestre, il doppio delle previsioni.

Crisi anche per Volkswagen e altri produttori

In soldoni, Stellantis produrrà minori utili. La stima per gli analisti è in media sui 7-7,5 miliardi contro i 18,6 miliardi del 2023. E naturalmente anche il dividendo subirebbe una contrazione decisa. Ecco spiegato il crollo in borsa. Politici e sindacati sono in allarme, dato che il Ceo Carlo Tavares punta sul taglio dei costi per fare quadrare i conti di Stellantis. Dunque, ci saranno licenziamenti o, nell’ipotesi migliore, mesi di cassa integrazione. A Mirafiori la produzione è stata già ridotta al lumicino. Gli investimenti promessi dall’azienda non sono mai stati rispettati, per non parlare dell’obiettivo di aumentare la produzione di auto in Italia a 1 milione di unità all’anno.

Un po’ tutto il comparto automotive se la sta passando male. Volkswagen ha annunciato 15 mila licenziamenti e la chiusura di due fabbriche. In Germania è allarme sulla crisi di Wolfsburg. Una crisi inflitta dalla stessa politica che ora finge di non capire. Mettiamo un attimo da parte le antipatie per i vertici di Stellantis, buoni solo a reclamare prestiti e sussidi in Italia per investire altrove e distribuire agli azionisti laute cedole e strapagare manager mediocri come Tavares con emolumenti fino a 36 milioni di euro. Il punto è un altro: le auto elettriche.

UE impone corsa all’elettrico

Vi è piaciuto il Green Deal e tutta la narrazione gretina del “salviamo l’ambiente”? Godetevi i suoi frutti. Avvelenati. L’Unione Europea si è improvvisata supereroe e nel tentativo di salvare il mondo dalla crisi del clima, è finita per distruggere la sua economia senza migliorare di uno zero virgola l’ambiente terrestre. Tra le tante fesserie compiute su pressione dei Verdi c’è stato il divieto di vendere auto con motore a combustione dal 2035. Da quell’anno sarà imposta una sola tecnologia: l’auto elettrica. Che il Vecchio Continente sia sprovvisto di materie prime per produrle, che la Cina le disponga in abbondanza e goda di un netto vantaggio competitivo, non hanno alcuna importanza per politici e burocrati di Bruxelles.

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Perché i conti di Stellantis, ma anche di Volkswagen e tutte le altre case automobilistiche ne risentono? I produttori hanno dovuto accelerare la corsa verso l’elettrico, aumentando notevolmente gli investimenti su questa linea. Ma i prezzi restano elevati e non c’è ancora neanche un’infrastruttura completa che consenta agli automobilisti di passare al motore elettrico. Dove sono le colonnine per la ricarica? E quali sono le garanzie sulla durata della batteria? Qual è l’autonomia di percorrenza con una ricarica completa? Le vendite languono, anzi sono collassate non appena i governi hanno dovuto ridurre i generosissimi sussidi degli anni passati.

Auto elettriche zavorrano conti societari

Risultato: le auto elettriche zavorrano i conti di società come Stellantis. E per farli quadrare sono costretti a ricaricare i costi extra sostenuti sulle linee a benzina, diesel e ibride. I prezzi di tutte le auto sono esplosi, al punto che sono diventati insostenibili per gran parte delle famiglie. I dati di carVertical hanno trovato che servano ormai in media 10 mesi di stipendio in Europa per acquistare un’auto di seconda mano. In Italia saliamo a 13,63 mesi. Questo significa che il mercato si è fermato, anzi non c’è più. Lo hanno ammesso candidamente i vertici di Volkswagen.

La situazione è così grave che persino i Verdi in Germania vorrebbero ridiscutere lo stop a benzina e diesel dal 2035, rinviandolo di alcuni anni. Il punto è che sul tema si era sbandierato un vessillo iper-ideologico. Un po’ come sui vaccini durante il Covid. La maledizione dell’Europa odierna è diventata di fare ideologia anche sulle virgole, indipendentemente dall’impatto sulla realtà. Ogni tema è buono per seminare divisioni tra buoni e cattivi. Difficile tornare indietro dopo avere ingaggiato una guerra mediatica contro i “negazionisti del clima”.

Conti Stellantis punta iceberg

Tra le altre cose, le case automobilistiche non trovano più conveniente lanciare nuovi modelli. Anzi, iniziano già a limitare la produzione di auto con motore a combustione, contribuendo ulteriormente all’esplosione dei prezzi. I conti di Stellantis sono solo la spia di una situazione di generale allarme tra i produttori, tant’è che ieri ha ceduto l’intero comparto. Le responsabilità sono dei governi, i quali hanno voluto imporre a tutti i costi tempi e tecnologia al mercato, che si rifiuta di accettare il dirigismo economico anche in presenza di maxi-incentivi statali. La domanda è svanita. L’offerta sta seguendo la stessa sorte.

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