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La quarta sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Salvatore Dovere, ha confermato la condanna nei confronti di T.P., 51enne di Caiazzo, ritenuto responsabile della morte di Maria Giaquinto, 36enne di Caiazzo, avvenuto la sera del 19 novembre 2009 sulla Sp 336 mentre stava attraversando la strada. La vittima morì all’ospedale civile di Caserta dopo 11 giorni di agonia a seguito delle gravissime lesioni riportate nell’incidente.
T.P., operatore sanitario in servizio presso la sala operativa del 118 caiatina, è stato condannato in primo e secondo grado per omicidio colposo. Avverso la pronuncia della Corte di Appello di Napoli ha presentato ricorso il 51enne, per mezzo del suo legale, lamentando la mancata considerazione del nesso di casualità .
Per il difensore T.P. ,alla guida della sua Bmw, aveva “adeguato la velocità del veicolo alle condizioni di tempo e luogo, mentre il pedone prima dell’incidente aveva assunto sostanze alcoliche al punto da compromettere le azioni e i movimenti. La vittima si era proiettata sulla strada contro la vettura guidata dall’imputato in quel momento casualmente in transito”.
Per la Suprema Corte il ricorso è inammissibile poichè “è stato insindacabilmente appurato che l’imputato aveva avuto tutto il tempo e la possibilità di avvistare il pedone, il quale sebbene avesse bevuto sostanze alcoliche non aveva attraversato la strada in maniera scomposta o repentina, in maniera tale da rendere la sua presenza imprevedibile per l’automobilista. I giudici di merito hanno riscontrato che l’imputato al momento dell’incidente aveva a disposizione ampia visibilità sul tratto di strada rettilineo e sufficientemente illuminato e aveva avuto concretamente la possibilità di vedere con congruo anticipo il movimento del pedone investito che si muoveva da sinistra verso destra rispetto alla sua direzione di marcia”.
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