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Reddito, benessere animale e digitale, le sfide Ue – Economia e politica #finsubito prestito immediato

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Nella relazione del Gruppo di Dialogo Strategico sul Futuro dell’Agricoltura nell’Ue, presieduto dal professor Peter Strohschneider, vi sono molti spunti di interesse, che lasciano intravedere una sterzata – o, almeno, alcuni suggerimenti verso una profonda sterzata – nel futuro delle politiche dedicate all’agricoltura.

 

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Non dimentichiamo che il capitolo agricolo “pesa” per oltre il 30% del bilancio europeo e che, se da un lato dovrebbe essere difeso e, magari, persino incentivato con maggiore forza, dall’altro lato il comparto agricolo è assediato da altre esigenze di finanziamento. I fondi dell’Unione Europea probabilmente nei prossimi anni non potranno godere di iniezioni più pesanti da parte dei singoli Stati membri e, dunque, il rischio è che la coperta sia corta.

 

Tuttavia, se restiamo nell’ambito agricolo, l’attuale budget della Pac, relativo al quadro finanziario pluriennale 2021-2027 – al netto di risorse straordinarie – ammonta a 378,5 miliardi di euro e con tali fondi bisogna difendere la produzione agricola dai cambiamenti climatici, incrementare la sicurezza alimentare, favorire il ricambio generazionale, sostenere ricerca e sviluppo verso l’innovazione (area digitalizzazione e non solo), accompagnare la transizione ambientale.

 

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Una sfida tutt’altro che irrisoria, per non toccare le incognite legate all’allargamento dell’Unione Europea nell’area balcanica e, in proiezione, all’ingresso dell’Ucraina, ipotesi che per ora appare remota, ma che non è da escludere a priori.

 

In questo contesto decisamente complesso si inserisce appunto il report elaborato dal Gruppo di Dialogo Strategico sul Futuro dell’Agricoltura nell’Ue, che potrebbe rappresentare un faro per le prossime azioni della Commissione guidata dalla presidente Ursula von der Leyen. Vediamone qualcuna più approfonditamente.

 

Preparazione di una politica agricola comune “adatta allo scopo”

La politica di sostegno al reddito deve essere modificata per affrontare le sfide attuali e future, promuovere l’occupazione e supportare la transizione in corso dei sistemi agroalimentari verso un futuro più sostenibile, competitivo, redditizio e diversificato.

 

La futura Pac dovrebbe concentrarsi su questi obiettivi centrali: fornire sostegno socio-economico agli agricoltori che ne hanno più bisogno; promuovere risultati positivi in termini di ambiente, sociale e benessere degli animali per la società e rinvigorire le condizioni abilitanti per le aree rurali. Inoltre, dovrebbe essere creato un fondo complementare e temporaneo per una transizione giusta per accelerare la transizione alla sostenibilità del settore.

 

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Oggi il sostegno al reddito di base rimane la misura della Pac più finanziata. Tuttavia è perlopiù estranea alle esigenze socio-economiche. Pertanto, questo sostegno al reddito deve chiaramente essere meglio mirato agli agricoltori attivi che ne hanno più bisogno, non solo per ragioni di un sano bilancio pubblico, ma anche per evitare corollari negativi, come impatti sui prezzi dei terreni e sulle locazioni che rendono la produzione agricola più costosa e ostacolano il rinnovo generazionale e la riduzione degli oneri amministrativi.

 

In base al suo obiettivo socio-economico, la Pac dovrebbe fornire sostegno al reddito per alcuni agricoltori attivi, ma in modo molto più mirato. Un sostegno dedicato dovrebbe impedire l’abbandono delle aziende agricole e aiutare a garantire che gli agricoltori possano avere un reddito dignitoso.

Per garantire che tale approccio più mirato venga attuato, allontanandosi dagli attuali pagamenti non degressivi basati sulla superficie verso un approccio efficace di sostegno al reddito, il sostegno finanziario pubblico deve basarsi sulla redditività economica degli agricoltori, che deve essere dimostrata da una metodologia standardizzata.

 

Una task force indipendente composta da esperti di politica sociale, economia e agronomi dovrebbe essere incaricata dalla Commissione Europea di valutare i meccanismi e i criteri più appropriati per migliorare i pagamenti del reddito. Questa valutazione dovrebbe includere misure quali meccanismi redistributivi, limiti, degressività, criteri di ammissibilità, nonché nuovi meccanismi di distribuzione ispirati alle politiche sociali. Il risultato di questa valutazione deve essere pronto prima della conclusione della prossima riforma della Pac 2028-2035. Il Dialogo Strategico invita i legislatori europei ad adottare tale riforma.

 

Risultati ambientali e di benessere degli animali

È richiesto un processo di trasformazione della Pac: man mano che la transizione procede, le dinamiche e i volumi finanziari dei diversi obiettivi dovranno essere adattati per promuovere lo sviluppo sostenibile del settore agroalimentare.

 

E gli Stati membri dovrebbero includere nella progettazione della loro Pac misure di bilancio nazionale sui risultati ambientali basate sull’attuale dotazione minima per gli Ecoschemi e gli strumenti agroambientali e climatici, attualmente al 32% (nel Primo e Secondo Pilastro) con un sostanziale aumento annuale di questa quota nei successivi due periodi della Pac per consentire a un numero maggiore di agricoltori di implementare i nuovi schemi sopra menzionati per realizzare la transizione necessaria.

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Questi schemi copriranno i costi sostenuti e il mancato guadagno e gli incentivi quando si andrà oltre i requisiti di base della legislazione Ue.

 

Finanziamento della transizione

Per garantire una transizione sufficientemente finanziata, è necessario mobilitare sia il capitale pubblico che quello privato. Per finanziare la transizione il Dialogo Strategico raccomanda l’istituzione di un Agri-food Just Transition Fund, cioè “un fondo temporaneo dovrebbe essere istituito al di fuori della Pac per supportare gli investimenti durante un periodo limitato che sia sufficientemente lungo per la transizione su diversi anni. Il fondo dovrebbe fornire un supporto agli investimenti (sotto forma di prestiti o sovvenzioni) agli agricoltori e ad altri attori del sistema alimentare per la loro transizione verso la sostenibilità. Questo supporto dovrebbe andare oltre gli investimenti materiali, includendo anche il rafforzamento delle capacità”.

 

Inoltre, il Dialogo Strategico accoglie espressamente la decisione del Gruppo Bei di identificare l’agricoltura e la bioeconomia come una delle sue priorità chiave nell’ambito della roadmap strategica 2024-2027.

 

Consumatori

Non manca l’attenzione verso i consumatori. “Nel complesso – dice il report -, il cibo rimane accessibile per tutti i consumatori e i cittadini con minori mezzi socio-economici sono sufficientemente supportati per svolgere il loro ruolo nella transizione verso la sostenibilità”.

 

È “diventato comune per i consumatori seguire una dieta conforme alle raccomandazioni dietetiche basate sulla scienza che riequilibra l’assunzione di proteine da fonti animali a vegetali. Di conseguenza, lo stato di salute degli europei è migliorato, questo si riflette nei livelli in calo di obesità e sovrappeso, e i costi della salute pubblica correlati alla dieta sono stati significativamente ridotti”.

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Aree rurali

Le aree rurali in Europa sono quindi “spazi attraenti in cui un elevato livello di produttività va di pari passo con standard ambientali e sociali orientati ai risultati. Infrastrutture e servizi essenziali, tra cui connettività a banda larga, trasporti pubblici, assistenza all’infanzia e sanitaria, nonché istruzione, cultura e pubblica amministrazione, sono ben sviluppati. L’esodo rurale è stato rallentato, anche grazie all’inclusione attiva e all’emancipazione dei giovani rurali”.

 

L’agricoltura biologica

Il rapporto sottolinea che, ad oggi, l’agricoltura biologica è l’unico sistema di produzione sostenibile regolamentato dalla legislazione Ue. Sostenuto e promosso dalla Commissione Europea attraverso politiche specifiche, a partire dalla Pac, il rapporto riconosce che il biologico “contribuisce alla protezione della biodiversità, alla mitigazione dei cambiamenti climatici, alla salute del suolo e alla qualità dell’acqua, creando al contempo opportunità redditizie e coinvolgendo fasce demografiche diverse come giovani e donne nell’agricoltura.

 

Non solo. I benefici sarebbero più diffusi, dal momento che “molte innovazioni e pratiche sviluppate nel settore biologico e altre pratiche agricole sostenibili stanno integrando il settore convenzionale nel suo sviluppo verso una maggiore sostenibilità”.

 

Il rapporto indica la rotta da seguire alla Commissione Europea e agli Stati membri, suggerendo di sostenere la produzione biologica attraverso azioni specifiche: garantire uno sviluppo equilibrato di domanda e offerta stimolando la domanda di prodotti biologici, ad esempio attraverso appalti pubblici sostenibili; rafforzare il mercato biologico investendo nella promozione del logo biologico europeo nell’Ue e nei Paesi terzi e sostenendo i rivenditori e i trasformatori con requisiti più coerenti e regole e controlli meno gravosi; garantire finanziamenti adeguati attraverso la Pac per sostenere la conversione e il mantenimento delle aziende agricole biologiche; aumentare i finanziamenti per la ricerca biologica all’interno dei partenariati europei per l’innovazione e nei prossimi programmi di ricerca dell’Ue; stabilire politiche e meccanismi di finanziamento per la creazione e la diffusione della conoscenza e l’istruzione generale all’agricoltura biologica e all’agroecologia nella formazione agricola a tutti i livelli; promuovere la crescita delle reti di agricoltura biologica e dei servizi di consulenza a livello nazionale e dell’Ue.

 

Le soluzioni agroecologiche

Parimenti al biologico, il rapporto stilato promuove anche l’agroecologia come “concetto riconosciuto a livello internazionale che può guidare la transizione verso sostenibilità, resilienza ed equità: si tratta di un approccio olistico e integrato che applica simultaneamente principi e concetti ecologici e sociali alla progettazione e alla gestione di sistemi agricoli e alimentari sostenibili”.

 

Le soluzioni agroecologiche si applicano a tutte le forme di sistemi agricoli e di produzione alimentare sostenibili, tra cui colture, orticoltura, sistemi di allevamento e pastorizia, agroforestazione, pesca e acquacoltura, ma anche alla trasformazione alimentare, alla commercializzazione, al consumo e alla gestione dei rifiuti e rappresentano un quadro per qualsiasi azienda agricola o alimentare impegnata nella trasformazione sostenibile.

 

L’approccio globale dell’agroecologia sarebbe raccomandabile, secondo lo studio, in quanto – rispetto ad altri paradigmi di sostenibilità – si caratterizzerebbe per i processi dal basso e gli adattamenti locali. Fra le attività che la Commissione Europea e gli Stati membri dovrebbero supportare vi sono pratiche agroecologiche a livello di azienda agricola o di sistema alimentare, che includono pratiche agricole agroecologiche (rotazione delle colture, colture di copertura, diversificazione, non lavorazione, biologico, siepi, integrazione animale, silvopascoli, sistemi agroforestali, eccetera) e pratiche agroecologiche del sistema alimentare (filiere corte, vendite dirette dall’azienda agricola ai consumatori, coinvolgimento della comunità rurale, agricoltura supportata dalla comunità, sistemi di garanzia partecipativa, cooperative fondiarie, condivisione di strumenti e conoscenze tra pari, ricerca-azione partecipativa, diversità di imprese, produzione alimentare su piccola scala, coltivazione del proprio cibo).

 

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Consumo di suolo

Sotto la lente del rapporto presentato alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, finisce anche il consumo di suolo, aspetto che ha interconnessioni sovranazionali e obiettivi socio-economici, ambientali e territoriali. Le sfide più urgenti riguardano, in primo luogo, l’uso sostenibile del territorio, indicato come un interesse fondamentale di ogni agricoltore, in quanto è la base dell’attività agricola. Il rovescio della medaglia, cioè l’abbandono del territorio, “può avere impatti sociali e ambientali negativi”.

 

Fari puntati, dunque, sul cambiamento climatico, che sta influenzando la quantità e la qualità del territorio rimanente e attenzione a limitare la “competizione per il suo utilizzo”, vale a dire “tra diversi scopi agricoli e con altre attività non agricole. Dal punto di vista dell’autonomia strategica c’è un interesse vitale nel preservare i terreni arabili per uso agricolo”.

 

Altro aspetto che il rapporto mette in evidenza è l’accesso alla terra: “bassi capitali e garanzie immobiliari, ma anche prezzi crescenti sia per la proprietà che per l’affitto, hanno reso difficile l’accesso a terreni di qualità, soprattutto per i giovani agricoltori. Inoltre, la mancanza di contratti interessanti a lungo termine rende difficile stipulare un contratto di affitto e non incentiva l’investimento nella qualità del suolo”.

 

Strettamente connessi sono i problemi legati alla mobilità intergenerazionale della terra, che è limitata. “La conservazione delle terre da parte degli agricoltori più anziani è spesso motivata da pensioni basse e dal desiderio di preservare le entrate derivanti dai sussidi della Pac e dalla rendita fondiaria, nonché da diverse aspettative relative al futuro dell’azienda agricola”.

 

L’aumento delle dimensioni delle aziende agricole e la concentrazione delle terre, che richiedono una capacità finanziaria troppo grande per l’acquisto da parte dei giovani, ostacolano ulteriormente la trasmissione agricola.

 

Il Dialogo Strategico chiede pertanto alla Commissione Europea di stabilire, insieme agli Stati membri e al Parlamento Europeo, un obiettivo giuridicamente vincolante di “nessun consumo netto di suolo entro il 2050”, per allinearsi alle sue ambizioni ambientali e “garantire che i gestori del suolo abbiano accesso al loro strumento di lavoro, fornendo loro le condizioni per implementare pratiche di gestione sostenibile del suolo, affrontando l’erosione del suolo, la perdita di carbonio organico, lo squilibrio dei nutrienti, la compattazione, l’inquinamento e la perdita di biodiversità del suolo”.

 

E con “obiettivo di zero consumo netto di suolo” si mira non a ridurre a zero l’impermeabilizzazione o la costruzione del suolo, ma “si tratta di evitare il più possibile l’impermeabilizzazione di terreni agricoli e naturali e di concentrarsi sulla costruzione su terreni già impermeabilizzati o in uso. Se nuovi terreni vengono occupati da sviluppi artificiali, ciò dovrebbe essere compensato altrove. I terreni inutilizzati o degradati dovrebbero essere restituiti alla coltivazione o al ripristino della natura.

 

Parallelamente, “la Commissione Europea deve creare la gerarchia di pianificazione del territorio annunciata nella sua comunicazione su una visione a lungo termine per le aree rurali nel 2021, come strumento di supporto per gli Stati membri e le loro autorità regionali o locali per applicare l’obiettivo”.

 

Osservatorio europeo per i terreni agricoli

La sua istituzione era già stata raccomandata dal Parlamento Europeo: il nuovo Osservatorio dovrebbe essere lanciato dalla Commissione Europea, con il coinvolgimento delle autorità nazionali competenti in materia di terreni. Lo scopo è migliorare “la trasparenza e la cooperazione in settori quali transazioni fondiarie e trasferimenti di diritti di utilizzo del suolo (acquisto, locazione, controllo di azioni), andamento dei prezzi e comportamento del mercato, cambiamenti nell’uso del suolo, perdita di terreni agricoli e naturali, qualità del suolo ed erosione”.

 

L’Osservatorio “dovrebbe avere un ruolo di monitoraggio, compresa l’emissione di relazioni annuali e la fornitura di raccomandazioni basate su una serie di criteri, tra cui obiettivi ambientali e della Pac”.

 

Ampliare l’adattamento

Un passo fondamentale per rendere il settore agroalimentare europeo più resiliente consiste nel prevenire e ridurre in modo proattivo i rischi, in particolare quelli derivanti dal cambiamento climatico e dal degrado ambientale.

 

Le pratiche agricole sostenibili e i nuovi modelli aziendali “devono essere ampliati per promuovere un uso più efficiente delle risorse naturali, in particolare l’acqua, una minore dipendenza dagli input agricoli, la protezione dei suoli, il ripristino della natura e la diversificazione delle colture e delle razze animali. In casi estremi, l’agricoltura potrebbe diventare impossibile senza adattamento”.

 

Per questi motivi gli agricoltori devono essere sistematicamente supportati nell’attuazione di misure di adattamento.

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La digitalizzazione in agricoltura

È ormai un dato di fatto che in molte parti d’Europa la digitalizzazione (sensori intelligenti, satelliti, droni e macchinari dotati di Gps e telecamere) faccia parte delle nostre vite, dalla mobilità all’agricoltura, con la conseguenza di una ricchezza di dati con un potenziale senza precedenti per supportare decisioni più intelligenti da parte di aziende o consumatori, per tracciare l’integrità alimentare e per supportare il processo decisionale pubblico da parte dei Governi. Il passaggio alla digitalizzazione trascende i semplici progressi tecnologici e comporta profondi cambiamenti sociali, culturali, economici e istituzionali.

 

Secondo il rapporto presentato dal professor Peter Strohschneider, per promuovere la digitalizzazione nei sistemi agroalimentari “la Commissione Europea e gli Stati membri dovrebbero dare priorità e lavorare per un modello di governance dei dati trasparente con regole chiare sulla proprietà dei dati, l’interoperabilità e l’uso etico, mirando a un uso equo e sicuro dei dati a beneficio di tutti, tenendo conto degli aspetti legali ed etici”.

 

Fondamentale investire rapidamente in infrastrutture digitali, a partire dall’implementazione della banda larga. Ma sono altrettanto necessari incentivi, ad esempio nel quadro della Pac, “per l’adozione di tecnologie di agricoltura di precisione, tra cui sensori Iot, droni, intelligenza artificiale e immagini satellitari, migliorando così l’efficienza delle risorse e la gestione delle colture. Ciò deve andare di pari passo con finanziamenti sufficienti per la ricerca, lo sviluppo e l’applicazione dell’acquisizione dati, l’interpretazione e lo sviluppo di algoritmi e strumenti di intelligenza artificiale pertinenti”.

 

Fondamentale anche da parte della Commissione Europea e degli Stati membri la formazione permanente in competenze digitali, alfabetizzazione e informazioni sulla digitalizzazione per agricoltori e lavoratori nei sistemi alimentari in generale, prestando particolare attenzione alla disponibilità nelle aree rurali, senza dimenticare meccanismi di monitoraggio e valutazione dell’impatto di tali iniziative.

 

La Commissione Europea e gli Stati membri, inoltre, “dovrebbero mirare ad armonizzare standard e processi di certificazione per ridurre le barriere all’ingresso sul mercato di prodotti e tecnologie agroalimentari innovativi, garantendo parità di condizioni e consentendo un’adozione e una scalabilità senza soluzione di continuità in diverse regioni”.

 

Spazio alle “innovazioni sociali” e alle iniziative di base

Vi sono alcune sfide menzionate nel rapporto (ad esempio rinnovo generazionale, esodo rurale, necessità di reddito dignitoso, insicurezza alimentare, degrado ambientale, mancanza di infrastrutture e servizi nelle aree rurali) che potrebbero trovare una soluzione nelle cosiddette “innovazioni sociali”, che provengono da iniziative di base, spesso basate su approcci collettivi e locali, per affrontare problemi irrisolti.

 

Ad esempio, recita il rapporto, “molti gruppi di piccoli agricoltori hanno sviluppato strumenti collettivi per vendere i loro prodotti direttamente ai consumatori utilizzando il marketing su internet e i social media o si sono riuniti per organizzare la conservazione di piante e animali locali, a volte con il supporto di team scientifici. Il crowdfunding, i progetti culturali e artistici collettivi, così come i programmi di assistenza alimentare organizzati a livello locale per i consumatori a basso reddito sono ulteriori esempi”.

 

Tutte queste iniziative per migliorare il sistema alimentare, nelle raccomandazioni del testo presentato a inizio settembre, “devono essere meglio riconosciute nelle politiche pubbliche, anche in termini finanziari, e le buone esperienze e le migliori pratiche devono essere più ampiamente condivise”.

 

Migliore accesso e utilizzo di conoscenza e innovazione

Per favorire la transizione sostenibile del sistema agricolo e alimentare l’apporto di conoscenza, innovazione e digitalizzazione è essenziale. Tuttavia, “sebbene le nuove tecnologie presentino dei vantaggi, è opportuno notare che raramente sono prive di effetti collaterali e che possono comportare rischi e sfide socio-economici come, ad esempio, cambiamenti nella sfera pubblica, perdite di posti di lavoro, nuove competenze richieste o un cosiddetto divario digitale. Poiché i produttori di alimenti hanno una conoscenza approfondita degli agroecosistemi in cui operano, l’allineamento con le conoscenze locali e l’adattamento alle condizioni ambientali e sociali locali devono essere presi in considerazione nel processo di innovazione. È altrettanto essenziale un’attenta e completa considerazione del principio di precauzione. Infine, l’innovazione e l’uso della tecnologia devono essere allineati e guidati da una visione a lungo termine dei sistemi agricoli e alimentari nell’Ue”.

 

Pertanto, l’accesso e la condivisione di conoscenze e competenze devono essere migliorati in un modo che includa e avvantaggi tutti gli attori della filiera alimentare. Per raggiungere questo obiettivo, la Commissione Europea, gli Stati membri e gli attori agroalimentari dovrebbero mettere in atto sistemi di conoscenza partecipativi e ben finanziati per la diffusione e lo scambio rapidi ed efficaci di conoscenze esistenti, buone pratiche, competenze, risultati di ricerca, tecniche innovative ed esperienze per consentire la transizione richiesta.

 

Aumentare gli investimenti e le partnership in ricerca e innovazione

Sono necessari maggiori finanziamenti per l’istruzione sui sistemi agricoli e alimentari, l’apprendimento permanente e i servizi di consulenza indipendenti.

 

La Commissione Europea e gli Stati membri dovrebbero sfruttare meglio i fondi esistenti così da facilitare un’efficace diffusione di competenze e progressi tecnologici sicuri. Dovrebbero inoltre supportare e rafforzare hub di innovazione e contesti sperimentali (come banchi di prova, laboratori di campo/living, iniziative di progettazione paesaggistica e aziende agricole dimostrative) in diverse regioni dell’Ue.



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