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ANCONA Meno 8% o 41 milioni e 700 mila euro di risorse tagliate. È la drastica rimodulazione da parte del governo del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) a cui si aggiunge l’aumento dei costi del personale del 4,8% per adeguamento Istat. Il che mette a rischio la stabilità degli atenei universitari di Marche, Abruzzo e Umbria e il futuro delle comunità locali.
La richiesta
Il grido di allarme è firmato dagli otto rettori di Camerino, Chieti e Pescara, L’Aquila, Macerata, Perugia, Politecnica delle Marche, Teramo e Urbino Carlo Bo, che chiedono un intervento immediato del governo per ripristinare i fondi necessari a garantire la sopravvivenza delle università ed evitare un collasso del sistema universitario pubblico, che rischierebbe di compromettere il futuro dell’istruzione superiore e della ricerca in Italia. Temono, i rettori, che la riduzione del Fondo comporti un aumento del rapporto tra i costi del personale e il finanziamento stesso e vada a superare il limite dell’80%, generando uno squilibrio economico compromettente per il loro funzionamento.
Le cifre
Il peso, tra la riduzione del Fondo e l’incremento dei costi non riconosciuto, sulle otto università è di 50 milioni di euro in un sistema dove, nel 2023, il finanziamento complessivo era di 500 milioni. «Si tratta di un taglio pesante – commenta il rettore della Politecnica Gian Luca Gregori – in un momento nel quale sarebbero richieste risorse aggiuntive e non inferiori. La qualità della didattica per gli studenti oltre che la stabilità lavorativa dei ricercatori potrebbero essere inficiate da questo minore finanziamento, soprattutto nel caso in cui diventi strutturale. Questo taglio si inserisce in un costante sottofinanziamento: l’investimento del nostro Paese nell’educazione terziaria è pari solo all’1% del Pil, contro l’1,3% della media Ue e l’1,5% della media Ocse».
Il blocco
Per John Mc Court, rettore di Macerata, «proprio nell’anno dove registriamo un +10% d’iscritti abbiamo un -10% di finanziamenti». Sottolinea che l’aumento del costo del personale vale 1,3 milioni per il suo ateneo e si tradurrà con il blocco delle assunzioni. «Purtroppo non è una tantum e ci costringerà – insiste – a rivedere le programmazioni con ripercussioni sull’offerta formativa e sulle città dove siamo insediati». Un taglio in un momento dove c’è una crescita incontrollata delle università telematiche e assimila gli atenei a dei “laureatifici” dove si deve risparmiare e non a centri di alta formazione. «Un luogo – osserva Alessandro Perfetto, il direttore generale della Carlo Bo di Urbino – dove si predispone in tutti i settori la futura competitività del Paese». Fa notare che, in dieci anni, è la prima volta che il fondo subisce un calo «ma – incalza – va a intaccare la capacità di finanziare innovazione e ricerca e indebolisce l’Italia». Camerino, come tutte le altre Università, è alle prese con la chiusura di un bilancio che, a dicembre 2023, aveva previsto entrate ben superiori. «Chiudiamo l’anno – conclude il rettore Graziano Leoni – cercando di capire come ottimizzare le risorse per assicurare l’offerta qualificata che ci ha sempre distinto».
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