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Detrazioni fiscali, diamoci un taglio una volta per tutte #finsubito prestito immediato

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Ne sentiamo parlare ogni anno, dopodiché la montagna partorisce puntualmente il topolino. Sarà così anche questa volta? Le detrazioni fiscali potrebbero essere oggetto di un taglio da parte del governo di Giorgia Meloni. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è a caccia di risorse per scrivere la legge di Bilancio per il 2025. Servono almeno 25 miliardi di euro per confermare il taglio al cuneo fiscale (10 miliardi), le tre aliquote Irpef già fissate da quest’anno (4 miliardi) e finanziare altri provvedimenti come un’ulteriore riduzione dell’Irpef, a vantaggio questa volta dei redditi sopra 28.000 euro lordi.

Taglio detrazioni fiscali fino a +105 miliardi di gettito

Dal taglio delle detrazioni fiscali lo stato ricaverebbe una barca di soldi. Abbiamo ben 625 eccezioni al pagamento delle imposte, che complessivamente comportano una perdita di gettito certificato in 105 miliardi. Praticamente, abbiamo messo su un sistema schizofrenico e altamente inefficiente. Da un lato lo stato richiede al contribuente aliquote elevate, fino al 43% del suo reddito superiore ai 50 mila euro lordi all’anno, mentre dall’altro gli consente di scaricare dall’imposta lorda centinaia di voci di spesa.

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Salvaguardare solo spese sensibili

In un sistema fiscale massimamente efficiente, le aliquote sarebbero basse (preferibilmente una sola per non disincentivare alla produzione di ricchezza) e non vi sarebbero eccezioni di sorta. Poiché il taglio delle detrazioni fiscali comporta automaticamente un aggravio a carico dei contribuenti, il disboscamento necessario dovrebbe procedere di pari passo proprio al taglio delle aliquote. Lo stato direbbe una volta per tutte: le aliquote Irpef (e non solo) saranno più basse di quelle odierne, in cambio potrete scaricare solamente poche voci di spesa socialmente sensibili: lavoro, pensioni, sanità, mutui casa, figli a carico, ecc.

Si parla di fissare a livelli più bassi la soglia di reddito dalla quale effettuare il décalage delle detrazioni fiscali. Fino ad oggi, queste sono concesse in misura piena fino a 120.000 euro di reddito lordo dichiarato e successivamente si riducono fino ad azzerarsi a 240.000 euro.

Già dallo scorso anno s’ipotizzava una riduzione a partire dagli 80.000 euro. Alla fine prevalse la linea immobilista. Il fatto è che il taglio delle detrazioni è qualcosa di estremamente complesso sul piano del consenso e persino tecnico. Le categorie che ne beneficiano hanno buone ragioni da argomentare per alzare la voce contro un eventuale taglio che li danneggi.

Difficile intervenire sulle tasse

Ad esempio, se lo stato cancellasse la possibilità di detrarre l’abbonamento per la palestra, le attività sportive lamenterebbero di essere state colpite al posto di altre (imprese edili, produttori e negozi di mobili, banche, assicurazioni, ecc.). Avrebbero sostanzialmente ragione. Con le detrazioni fiscali, nei fatti lo stato si arroga il diritto di decidere cosa è bene consumare e cosa no. Per questo la materia deve essere affrontata di petto, senza fare figli e figliastri, mettendosi d’accordo in Parlamento su quelle pochissime voci da tutelare per ragioni sociali e per quali fasce di reddito.

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Tecnicamente, poi, il taglio delle detrazioni non è sempre possibile sin da subito. Se hai concesso di scaricare l’acquisto di mobili in dieci anni, serietà vuole che il contribuente debba fruire del beneficio per l’intero periodo previsto. Se così non fosse, lo stato verrebbe meno alla sua parola e non sarebbe serio. Ci sarebbe anche il rischio che futuri provvedimenti in favore del contribuente stesso, come il taglio delle aliquote, venisse snobbato per mancanza di fiducia. In altre parole, la sua efficacia ne risulterebbe sminuita.

Taglio detrazioni fiscali atto di coraggio

Dai numeri che circolano sui giornali, il taglio delle detrazioni porterebbe per l’anno prossimo a risparmi per un solo miliardo di euro. Tutto questo parlare per intaccare meno dell’1% del gettito potenziale? Staremmo discutendo del nulla, come ogni anno.

La verità è che i partiti (tutti) sono rappresentanti di lobby legittime. E nessuno ha la lungimiranza di sacrificare un millesimo del suo consenso per varare norme a beneficio dell’economia italiana, che nel tempo gli consentirebbero di guadagnare più voti di quelli che presume di perdere con un po’ di coraggio. Seria sarebbe una manovra che tagliasse le detrazioni di 10-15 miliardi in un solo colpo, chiaramente trasferendo quella cifra agli stessi contribuenti con una riduzione drastica delle aliquote. Una rivoluzione che verrebbe notata anche all’estero e che ci renderebbe più appetibili agli occhi degli investitori stranieri.

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