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La Cassazione, sentenza n. 26665 depositata oggi, ha respinto definitivamente il ricorso di Stefano Ricucci, e della Magiste Srl, contro la maxi multa irrogatagli dalla Consob nel settembre 2007 per “manipolazione del mercato” consistito nell’aver “alimentato aspettative di scalata di RCS”, così influendo sulla “formazione dei prezzi del titolo”.
La sanzione amministrativa inizialmente fissata in 10,2 milioni di euro venne poi ridotta (nel 2008) dalla Corte di appello di Roma a 5milioni, importo ora definitivamente confermato. A seguito di una serie di ricorsi contro questa decisione (incluso un rinvio alla Consulta, dichiarato inammissibile nel 2016; ed uno alla Corte Ue arrivato a sentenza nel 2018 con l’affermazione alcuni principi), la Cassazione, nel 2018, rimetteva (per vizio di motivazione) la decisione alla Corte di appello di Roma che nel 2019 confermava l’impianto sanzionatorio, affermando che la pena detentiva applicata cumulativamente alla sanzione amministrativa “era da ritenere congrua”.
Contro questa decisione, e arriviamo alla sentenza odierna, ha proposto ricorso il finanziare sostenendone l’illegittimità in quanto per gli stessi fatti egli era già stato condannato (in sede penale) al carcere. Motivo però non accolto dalla Suprema corte.
La II Sezione civile, infatti, ricorda che la garanzia del “ne bis in idem” nel diritto europeo non pregiudica il meccanismo sanzionatorio secondo lo schema del cd. «doppio binario»: sanzione penale ed amministrativa contemporaneamente. Piuttosto è da valutare se, nello specifico, Ricucci abbia “sofferto un pregiudizio sproporzionato”. Ebbene, prosegue la Suprema corte, il giudice del rinvio (siamo di nuovo nel 2019), con valutazione non sindacabile in sede di legittimità, è giunto alla conclusione che gli 80 giorni di reclusione (calcolando dunque quelli effettivamente scontati) “solo con il cumulo anche della sanzione amministrativa di euro 5.000.000,00” rendono complessivamente la sanzione idonea a “rispondere ai principi di effettività, proporzionalità e dissuasività richiesti dalla legge sovranazionale, trattandosi di fattispecie volta a conseguire sia l’obiettivo di interesse generale costituito dalla tutela della integrità dei mercati finanziari dell’Unione, sia la fiducia del pubblico negli strumenti finanziari”.
E tanto perché, prosegue la Cassazione, vanno considerati anche “gli effetti mediatici e gli interessi dei semplici investitori”, oltre alle “particolare delle modalità di acquisizione dei titoli da parte delle società del Ricucci, degli ingenti acquisiti sul mercato dei titoli RCS e delle ripetute dichiarazioni rese dall’incolpato alla stampa dirette ad indurre i risparmiatori ad acquisire la convinzione che il gruppo facente capo a lui disponesse di ingenti liquidità proprie e che l’acquisizione delle partecipazioni avesse un carattere stabile e non speculativo”. “Il tutto – si legge nella decisione – contrariamente a quanto poi è risultato dalle complesse indagini espletate dal Nucleo della Polizia valutaria, compendiate in modo dettagliato nella informativa del 30.01.2006, che dimostravano un grave disvalore del fatto addebitato al Ricucci, certamente non adeguatamente sanzionato con la modesta sanzione penale irrogata di 4 mesi di reclusione, poi ridotta ad 80 giorni, in aderenza anche al Considerando 6 della nuova Direttiva sugli abusi di mercato n. 14/UE/”.
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