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come si perde l’assegnazione? — idealista/news #finsubito prestito immediato

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A firma di Chiara Quarantiello

L’assegnazione della casa coniugale viene spesso decisa in sede di separazione o divorzio per garantire ai figli minori o non autosufficienti la continuità dell’ambiente domestico. Tuttavia, ci sono situazioni in cui il coniuge assegnatario può perdere il diritto di vivere nella casa, o in cui l’altro coniuge può richiedere l’esecuzione forzata per ottenere il rilascio dell’immobile. Ecco come si può perdere la casa coniugale assegnata in caso di sfratto.

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Cosa dice la normativa

Quando viene assegnata la casa familiare durante una separazione o un divorzio, il coniuge a cui è stata assegnata diventa automaticamente l’inquilino, anche se il contratto di affitto era intestato solo all’altro coniuge (art. 6, Legge n. 392/78).

Cosa significa questo per il proprietario (locatore)? Se il proprietario vuole procedere con uno sfratto, deve farlo nei confronti del coniuge che ora occupa la casa, non verso quello che ha lasciato l’abitazione. Se il proprietario agisce contro il vecchio inquilino, rischia che la sua richiesta venga respinta, poiché non è la persona giusta contro cui agire.

Cosa può fare il coniuge assegnatario se lo sfratto è rivolto al vecchio inquilino?  Il coniuge che vive nella casa ha diverse opzioni per opporsi:

  • Intervenire nella procedura di sfratto
  • Opporsi all’esecuzione dello sfratto secondo l’articolo 615 del Codice di procedura civile
  • Fare un’opposizione di terzo (art. 404 c.p.c.) contro l’ordinanza di sfratto. In questo caso, può anche chiedere la sospensione dell’esecuzione (art. 407 e 303 c.p.c.)
  • Intraprendere un’azione legale per far valere il proprio diritto a rimanere nella casa.

Anche le coppie di fatto possono avere questa tutela, a certe condizioni. 

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Quando si perde il diritto di assegnazione della casa coniugale?

L’assegnazione della casa coniugale, come stabilito dalla legge italiana (art. 337-sexies del Codice Civile), ha lo scopo principale di tutelare i figli. Di norma, viene assegnata al genitore presso il quale i figli risiedono stabilmente per garantire loro stabilità e continuità. Tuttavia, il diritto di abitare nella casa coniugale non è eterno e può venire meno in specifiche circostanze.

Il diritto di abitare nella casa coniugale è strettamente legato alla presenza dei figli. Se i figli raggiungono la maggiore età, diventano economicamente indipendenti o decidono di andare a vivere altrove, il coniuge assegnatario perde il diritto di abitare nell’immobile. In questi casi, il coniuge che detiene la proprietà della casa può richiederne il rilascio.

Se il coniuge assegnatario della casa decide di instaurare una convivenza stabile e duratura con un nuovo partner, perde il diritto di rimanere nella casa coniugale. La legge interpreta questo cambiamento come una cessazione della necessità di mantenere l’ambiente domestico precedente, poiché si forma una nuova famiglia.

Inoltre, l’assegnazione della casa coniugale può essere revocata se il coniuge assegnatario cambia la destinazione d’uso dell’immobile senza il consenso dell’ex coniuge o del giudice. Questo accade, ad esempio, se l’immobile viene trasformato in un’attività commerciale o se viene affittato a terzi.

Infine, se il coniuge non assegnatario decide di vendere la casa, il diritto di assegnazione del coniuge assegnatario può decadere, ma solo in determinate condizioni e dopo il coinvolgimento di un giudice. Tuttavia, i diritti dei figli vengono sempre tutelati.

Esecuzione forzata e rilascio della casa coniugale

L’esecuzione forzata per il rilascio della casa coniugale può essere richiesta dal coniuge non assegnatario nel caso in cui il coniuge assegnatario perda il diritto di rimanere nell’immobile, ma si rifiuti di liberarlo. In questi casi, si procede come per qualsiasi altra esecuzione forzata in materia di rilascio di immobili, che segue le norme previste dal Codice di Procedura Civile.

Il primo passo è ottenere un titolo esecutivo. Questo può essere una sentenza di divorzio o di separazione che stabilisce la cessazione del diritto di assegnazione della casa coniugale. Il coniuge non assegnatario deve presentare istanza al giudice per ottenere l’esecuzione forzata del rilascio.

Una volta ottenuto il titolo esecutivo, il coniuge può richiedere l’emissione di un’ingiunzione di rilascio. Si tratta di un atto formale con cui viene intimato al coniuge assegnatario di lasciare la casa entro un determinato periodo. Se il coniuge non rispetta l’ingiunzione, si procede con i passaggi successivi.

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Nel caso in cui l’ingiunzione di rilascio non venga rispettata, il passo successivo è l’intervento di un ufficiale giudiziario. Quest’ultimo eseguirà il provvedimento di rilascio forzato, che comporta la liberazione dell’immobile anche contro la volontà del coniuge assegnatario.

Se il coniuge assegnatario continua a resistere, nella procedura di sfratto l’ufficiale giudiziario può chiedere l’assistenza della forza pubblica (polizia o carabinieri) per garantire il rilascio forzato dell’immobile, ovvero lo sfratto. In questo caso, l’esecuzione avviene con lo sgombero coatto del bene.

Cosa succede in caso di inadempienza?

In caso di inadempienza del coniuge assegnatario, la legge offre al coniuge non assegnatario strumenti per tutelare i propri diritti. La richiesta di esecuzione forzata non solo permette di ottenere il rilascio dell’immobile, ma può prevedere anche l’addebito delle spese legali e di esecuzione a carico del coniuge inadempiente. Si ricorda che i proprietari e le agenzie immobiliari hanno a disposizione uno strumento di banca dati per morosità immobiliare che rappresenta un modo per tutelarli da un inquilino moroso.

È importante sottolineare che il diritto di abitazione nella casa coniugale, anche se protetto dalla legge, non è assoluto e può essere soggetto a decadenza in determinate condizioni. Pertanto, per evitare contenziosi, è fondamentale rispettare le disposizioni dei tribunali e, in caso di disaccordo, agire per via legale attraverso gli strumenti previsti dal diritto civile.



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