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Venerdì e sabato intensi per la Cgil di Salerno, impegnata nelle prime due manifestazioni d’autunno che sanciscono l’inizio di una stagione di lotte contro il Governo Meloni e contro provvedimenti che “non vanno nella direzione di tutela rispetto ai diritti fondamentali dei lavoratori”.
La Camera del Lavoro ha partecipato quindi allo sciopero proclamato da Fiom Fim e Uilm. Migliaia di metalmeccanici del settore automobilistico provenienti da tutta Italia hanno invaso le strade della capitale per chiedere al Governo investimenti mirati, volti a coniugare tutela dell’ambiente e salvaguardia dei posti di lavoro. Molte imprese di piccole o piccolissime dimensioni già hanno chiuso e molte altre stanno avviando il processo di spostamento delle aziende per la componentistica verso altri Paesi europei ed extraeuropei.
“Servono politiche coraggiose, – afferma Antonio Apadula, Segretario Generale della Cgil Salerno – investimenti capaci di garantire una vera a propria transizione dell’industria automobilistica. Immaginare di continuare in questa condizione di instabilità non è possibile. Basti pensare a ciò che accade nelle zone industriali della nostra provincia di Salerno. La situazione è molto critica e certamente in queste condizioni non è possibile immaginare vie d’uscita per il settore automobilistico. Non solo l’automotive è a rischio ma anche i posti di lavoro di coloro che lavorano nelle aziende della componentistica. Servono risorse pubbliche, serve che il Governo garantisca agevolazioni già a partire dai costi dell’energia”.
La pioggia battente non ha fermato nemmeno oggi i lavoratori che hanno invaso Piazza del Popolo per partecipare alla manifestazione indetta dalla funzione pubblica Cgil e Uil, allo scopo di rivendicare il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro dei servizi pubblici; di chiedere maggiori risorse per i contratti nazionali e maggiori risorse per la sanità pubblica. La soglia di povertà sta abbassando l’asticella in maniera notevole. In difficoltà non ci sono solo più i disoccupati. Il paradosso è che anche le famiglie con due adulti che lavorano, non riescono ad arrivare alla terza settimana del mese.
“Il ceto medio rischia di scomparire sotto i colpi dell’inflazione – spiega Apadula-. Il Covid prima e le guerre poi hanno determinato un aumento spropositato dell’inflazione e quindi del costo della vita. Una famiglia media italiana, con almeno uno stipendio in entrata, fatica ad arrivare alla fine del mese. Ecco, siamo in piazza anche per questo: abbiamo tutti il diritto a condurre una vita dignitosa e ad essere curati da un sistema sanitario accessibile a tutti i cittadini. Stiamo attraversando una crisi sociale che ci riporta indietro di secoli e con l’Autonomia differenziata si raggiungeranno picchi di disuguaglianza altissimi. Il nostro è un allarme chiaro e grave. Il Governo non può girarsi dall’altra parte”.
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