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di Francesco Panasci
Oggi ci dedichiamo a un tema spinoso: quello degli “anti-italiani”. Chi sono? Sono coloro che sembrano opporsi al progresso del Paese, non per un confronto costruttivo, ma per il semplice gusto di distruggere. Gli anti-italiani sono i nemici della felicità collettiva e, più in generale, i nemici del Paese stesso. La loro missione principale non è cercare soluzioni, ma abbattere il governo, anche quando questo propone iniziative intelligenti e utili alla comunità.
Il loro atteggiamento non si basa su un’opposizione costruttiva, che è legittima e necessaria in ogni democrazia, ma su una sorta di rivalsa personale e politica. Non si tratta di esaminare le azioni del governo nel merito, ma di attaccarlo a prescindere, anche quando le sue scelte vanno nella direzione del bene comune. Gli anti-italiani, infatti, non cercano il dialogo, ma la demolizione a ogni costo. In Sicilia, abbiamo un detto che parla di nemici della contentizia, ossia di coloro che si oppongono a qualsiasi possibilità di serenità, di armonia, di benessere per il popolo.
Questi individui, spesso legati all’opposizione, vedono il governo come il nemico assoluto. La loro ossessione non è governare meglio o proporre alternative valide, ma distruggere ciò che esiste, quasi fosse una missione personale. Si servono di strumenti pericolosi, come la giustizia politicizzata, i magistrati che fanno politica e non giustizia. Utilizzano il potere giudiziario non per garantire equità e trasparenza, ma per attaccare chi cerca di governare, facendo della magistratura un’arma per destabilizzare il Paese. Il risultato è che, in un gioco perverso, finiscono per minare la stessa istituzione che dovrebbero proteggere.
Questa opposizione a oltranza, che spesso sfocia nell’anti-italianità, è una minaccia per la democrazia e per il progresso del Paese. Invece di proporre soluzioni, preferiscono criticare, bloccare, impedire. Il loro unico obiettivo è abbattere chi è al potere, sperando che il caos creato possa aprire la strada al loro successo. Eppure, paradossalmente, non riescono mai a vincere. Sono sempre lì, all’opposizione, pronti a ribellarsi contro il sistema, ma incapaci di proporre una visione alternativa che possa davvero conquistare il consenso popolare.
Ciò che rende questo fenomeno ancora più pericoloso è l’uso spregiudicato della giustizia come strumento politico. Il confine tra magistratura e politica, che dovrebbe essere netto, viene sfumato e manipolato per scopi personali. I magistrati che fanno politica non difendono la giustizia, ma si mettono al servizio di un’agenda che nulla ha a che fare con il bene del Paese. Questo crea una pericolosa frattura nel sistema, alimentando il disprezzo verso le istituzioni e la perdita di fiducia nei confronti della giustizia stessa.
E poi c’è un altro aspetto: il buonismo a tutti i costi, il perbenismo, il politicamente corretto, la difesa delle donne e delle minoranze a periodi alterni e a seconda della nazionalità o della religione sono per loro must, al contrario del popolo italiano che ha ben impresso in testa cosa chiedere e pretendere da chi governa: serenità, giustizia, lavoro, meno tasse e, perché no, anche patriottismo. Ma tutto questo viene mai davvero ascoltato?
Gli anti-italiani a tutti i costi sono una seria minaccia non solo per il governo di turno, ma per la stessa democrazia e per la stabilità e il benessere del Paese nel suo insieme. Opporsi è legittimo, ma farlo in modo cieco e distruttivo è dannoso per la democrazia. La vera opposizione dovrebbe proporre alternative, non cercare di abbattere a ogni costo ciò che esiste, soprattutto quando le iniziative proposte sono utili alla collettività. Solo così potremo sperare in un’Italia dove il confronto politico sia costruttivo e dove il progresso non sia ostacolato da chi mette gli interessi personali e politici davanti al bene comune.
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