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Mentre il governo Meloni sta definendo una legge di bilancio con tagli ai ministeri e agli enti locali, i sindacati tornano in piazza per chiedere il rinnovo dei contratti di lavoro per i dipendenti pubblici, il recupero dei salari reali, più risorse per la sanità e i servizi.
È importante che la piattaforma tenga insieme le questioni del lavoro – le condizioni salariali e di vita – con il ruolo che i servizi pubblici hanno nel paese per tutelare i diritti di tutti.
Il sindacato torna a proporre una visione generale su questi temi, in una situazione di estrema difficoltà. Di fronte al dilagare del precariato anche nella pubblica amministrazione, i sindacati della Funzione pubblica propongono un Piano straordinario di assunzioni che affronti la cronica carenza di personale, dopo anni di blocco del turnover. L’obiettivo è stabilizzare migliaia di lavoratrici – sono soprattutto donne – e lavoratori che vanno avanti con contratti precari e con salari spesso a livello di povertà.
In particolare, è la sanità a risentire in modo pesante delle scelte che hanno ridimensionato finanziamenti e capacità operative a livello nazionale e locale, nello stesso reiterato mantenimento dei tetti di spesa per il personale. A dispetto delle recenti promesse del ministro Schillaci, la realtà continua a essere ben altra.
Come sottolineato da Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp-Cgil, il decreto sulle liste di attesa non affronta questi problemi o lo fa nel modo sbagliato, rischiando di tradursi in un aumento dell’orario e del carico di lavoro in un ambito come quello socio-sanitario già gravato da ritmi e situazioni di stress usuranti.
L’autonomia differenziata prospetta un drammatico aggravamento dei problemi della sanità, compresi i recenti rischi che si profilano nel riparto delle risorse del Fabbisogno sanitario nazionale. Si profila l’accentuazione delle diseguaglianze di salute, delle disparità territoriali, la rapida espansione della sanità privata, che ottiene risorse pubbliche sempre più ampie. L’urgenza dell’opposizione alle misure del governo si combina con la necessità di una visione alternativa che allarghi il fronte sociale e sindacale delle mobilitazioni.
Su essa sarebbe più che mai importante la convergenza di altre organizzazioni e dei sindacati di categoria presenti con più sigle nel comparto medico, in un impegno comune contro ogni logica corporativa che frammenta e indebolisce i diritti del personale medico-sanitario, a partire da coloro – come gli infermieri – con condizioni di lavoro molto gravose.
La manifestazione di ieri a Roma ha saputo intrecciare questi diversi aspetti, rilanciando la prospettiva di una sanità pubblica che sia finanziata in modo adeguato, che offra buone condizioni di lavoro stabile e tutelato, che sia dotata di strumenti per il riconoscimento professionale, che sia efficace nel migliorare e promuovere la salute di tutti.
Le politiche per la salute hanno bisogno di un profondo ripensamento. Le priorità dovrebbero ripartire dalla prevenzione primaria, non solo individuale ma legata alle condizioni socio-economiche e ambientali in cui vivono le persone; e dalla ricostruzione di una rete territoriale di servizi socio-sanitari integrati. Un nodo centrale riguarda i processi di privatizzazione che sono stati favoriti negli ultimi anni: i grandi finanziamenti pubblici a operatori privati in convenzione e la crescita della spesa dei cittadini per cure private. Particolarmente ambiguo è poi il ruolo del welfare aziendale che, anche a partire dagli accordi sindacali, ha aperto la strada all’espansione della sanità privata.
Portare in piazza i temi del lavoro, dei servizi e della salute è anche un modo per ripensare al modello di società, rimettere in primo piano il benessere delle persone, l’esigibilità dei diritti, il soddisfacimento di bisogni individuali e collettivi.
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