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Salva infrazioni, la pantomima del governo sui balneari #finsubito prestito immediato


Con l’esame alla Camera del decreto «Salva infrazioni», iniziato ieri, è andata in scena l’ennesima pantomima della destra sulle concessioni balneari. Il testo, approvato lo scorso settembre dal consiglio dei ministri, è stato concordato con la Commissione Ue e prevede la messa a gara delle concessioni entro il 2027, come richiede la direttiva Bolkestein mai applicata in Italia. Le associazioni dei titolari di stabilimenti hanno gridato al tradimento del governo Meloni, che aveva promesso di salvaguardare le imprese storiche dalle gare. E così i partiti di maggioranza hanno presentato decine di emendamenti per andare incontro ad alcune richieste della categoria.

Sono oltre 60 quelli firmati da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, che si concentrano soprattutto sugli indennizzi ai concessionari uscenti a carico dei subentranti. Il decreto riconosce solo gli investimenti non ammortizzati degli ultimi 5 anni – ovvero pochi spiccioli – mentre i balneari chiedono l’intero valore delle loro aziende. Tuttavia, ieri il governo avrebbe chiesto il ritiro degli emendamenti sui balneari e la maggioranza ha deciso di prendere tempo. Nella seduta delle commissioni congiunte Finanze e Giustizia, che stanno esaminando il testo, sono stati accantonati tutti gli emendamenti sull’articolo 1, che riguarda le gare delle concessioni di spiaggia. I lavori sono stati conclusi su tutto il resto del provvedimento, mentre per le misure sui balneari c’è l’idea di un rinvio alla prossima settimana, in attesa che si concluda l’interlocuzione in corso con Bruxelles.

Gli emendamenti fanno parte di una messinscena che è crollata nel giro di pochi giorni. Lunedì una portavoce della Commissione Ue ha espresso perplessità sulle proposte di modifica, sottolineando l’importanza che «il testo finale della riforma sulle concessioni balneari garantisca la conformità con la direttiva Bolkestein». La quale proibisce qualsiasi forma di vantaggio al gestore uscente in fase di gara, come l’Ue giudica gli indennizzi calcolati sull’intero valore aziendale a carico del nuovo concessionario. I parlamentari di centrodestra lo sapevano bene, così come non possono avere dimenticato che il testo del decreto è stato concordato con Bruxelles dal ministro Fitto. Perciò qualsiasi modifica deve essere coerente col diritto europeo e ricevere il beneplacito della Commissione, che però non è arrivato. Le interlocuzioni tra Roma e Bruxelles sono ancora in corso, ma il via libera alle modifiche pare remoto.

Le forze di maggioranza si sono prodigate per mostrarsi decise a migliorare un testo scritto dal loro stesso governo, tentando goffamente di salvare la reputazione ormai perduta tra i balneari, in vista dell’imminente voto in due regioni chiave come la Liguria e l’Emilia-Romagna. Se il loro impegno fallirà, come è molto probabile, sarà facile dare la colpa all’Europa. Già due settimane fa, alla fiera internazionale del turismo Ttg di Rimini, la ministra Daniela Santanchè aveva detto che «i balneari dovrebbero essere contenti della situazione raggiunta».

Vicino a lei c’era il senatore leghista Gian Marco Centinaio, autore della proroga al 2033 annullata tre anni fa dal Consiglio di Stato, che invece ha mantenuto la parte, affermando che «occorre lavorare per far uscire le concessioni balneari dalla Bolkestein». Parole a cui nessuno ormai crede più. L’impegno di salvare le imprese storiche dalle gare è stata l’ennesima promessa non mantenuta dalla premier Meloni, che si aggiunge alla lunga lista insieme alle accise sui carburanti che doveva tagliare e all’austerità nella manovra finanziaria che doveva evitare. A dimostrare l’inaffidabilità di questo governo.



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