Made in Italy: moda e accessori a rischio collasso a causa del credito d’imposta. Le aziende italiane della moda e dell’accessorio, simboli del made in Italy, sono in pericolo per una questione critica legata al credito d’imposta per Ricerca e Sviluppo (R&S) relativo al periodo 2015-2019. Il credito d’imposta, pensato per supportare l’innovazione, rischia ora di gravare pesantemente sulle imprese del settore. Confindustria Accessori Moda e Sistema Moda Italia (SMI) lanciano un appello urgente al Governo, chiedendo un intervento per salvaguardare un settore chiave dell’economia italiana.
Il problema è sorto nel 2022, quando un cambiamento interpretativo dell’Agenzia delle Entrate ha escluso alcune tipologie di spesa dai benefici fiscali, limitandoli ai soli progetti che apportano innovazioni rispetto allo “stato dell’arte” del settore. Questo cambiamento interpretativo, applicato retroattivamente, obbliga le aziende a restituire i crediti già utilizzati tra il 2015 e il 2019, creando un’impasse finanziaria per centinaia di imprese. Secondo Confindustria Accessori Moda, “È inaccettabile che le aziende siano obbligate a restituire crediti già autorizzati dal Ministero, operando retroattivamente e mettendo in crisi la certezza del diritto per centinaia di imprese.”
Sistema Moda Italia (SMI) e Confindustria Accessori Moda stanno lavorando attivamente per difendere i diritti delle imprese che, in buona fede, hanno realizzato progetti di ricerca e innovazione, credendo legittimamente di poter contare su agevolazioni fiscali. Rappresentanti di quasi 400.000 addetti e 50.000 aziende, queste organizzazioni rappresentano il pilastro dell’industria tessile e della moda italiana, con un impatto significativo sull’economia e sull’immagine del Made in Italy nel mondo.
Di fronte alla situazione, il Governo ha introdotto un contributo in conto capitale di 190 milioni di euro per supportare le aziende che restituiranno i crediti entro il 31 ottobre 2024. Tuttavia, il contributo è destinato a tutte le aziende, non solo a quelle del settore moda, riducendo così la disponibilità per ogni singola impresa. “È fondamentale che le aziende abbiano la possibilità di un ‘saldo e stralcio’, al fine di evitare default aziendali che minerebbero la sopravvivenza di un settore vitale per il Made in Italy”, evidenzia SMI.
Le aziende italiane della moda si trovano ora a un bivio: restituire i crediti ottenuti o intraprendere vie legali per difendere i propri diritti. La posizione del settore è ferma e chiara: “Riteniamo che l’applicazione retroattiva di questa normativa sia lesiva del principio della certezza del diritto e penalizzi un settore che da anni fa affidamento sulle agevolazioni per investire nell’innovazione e nella competitività del Made in Italy”.
Con una “Lettera Aperta”, SMI e Confindustria Accessori Moda hanno recentemente attirato l’attenzione pubblica sulla questione, sensibilizzando il pubblico e le istituzioni sull’impatto negativo che questa normativa potrebbe avere non solo sulle aziende, ma anche sui lavoratori e sul prestigio del Made in Italy. SMI, in quanto “interlocutore ufficiale di istituzioni nazionali e internazionali”, rappresenta le esigenze dell’intera filiera tessile e moda, mentre Confindustria Accessori Moda tutela i settori pelle, pelletteria, pellicceria e calzaturiero, portavoce dell’eccellenza italiana in comparti fondamentali.
Le associazioni promettono di proseguire la loro battaglia a sostegno del settore, puntando a garantire una sicurezza giuridica per tutte le imprese coinvolte. La moda italiana ha bisogno di stabilità per continuare a rappresentare il made in Italy nel mondo e affrontare le sfide di un mercato globale sempre più competitivo.
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