Ma sulla manovra 2025 del governo è già pronta a scoppiare una nuova mina, quella che riguarda le imprese private che hanno ricevuto contributi pubblici. In particolare, sono due i capitoli che hanno fatto scattare l’allarme nel quartier generale della Confindustria, in viale dell’Astronomia e che, probabilmente, saranno ripresi nell’audizione dei vertici dell’associazione in programma lunedì. Il primo punto, anticipato ieri da Qn, riguarda la presenza di funzionari e dirigenti del ministero dell’Economia nel collegio dei revisori dei conti delle aziende che hanno ottenuto incentivi pubblici oltre la soglia dei 100mila euro. Una norma che oltre a costituire un’ingerenza nelle attività imprenditoriali potrebbe avere effetti devastanti anche sulle imprese estere che vogliono investire in Italia.
Le rassicurazioni di Forza Italia
Tanto che il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, ha già rassicurato Confindustria, spiegando che si tratta di una “cosa che non sta né in cielo né in terra, da Stasi, da Germania orientale”. Insomma, c’è aria di emendamento. E lo stesso potrebbe succedere per un altro capitolo della legge di Bilancio che non è sfuggito all’esame degli industriali e che colpirebbe sempre le aziende beneficiarie di contributi oltre la soglia dei 100mila euro.
I piani del governo
In questo caso il governo potrebbe entrare a gamba tesa nelle strategie degli imprenditori fissando addirittura un tetto alle spese per l’acquisto di beni e servizi nel triennio successivo all’erogazione del sussidio, che non potrà superare una percentuale fissata entro tre mesi dall’approvazione della manovra dal ministero dell’Economia. Anche in questo caso non mancano dubbi sulla legittimità costituzionale della norma e, soprattutto, sul suo perimetro applicativo.
I dubbi costituzionali
Nel provvedimento, infatti, non è chiara se la limitazione tocca solo gli investimenti collegati all’incentivo o tutti quelli programmati dall’impresa. Anche in questo caso si tratta di una misura che consentirebbe all’esecutivo di intervenire in un ambito proprio della sfera degli interesse e delle scelte delle imprese private.
Si allungano i termini per il concordato
Ma non basta. Fra le novità delle prossime ore potrebbe esserci anche la riapertura dei termini del concordato preventivo biennale. Lo confermano fonti parlamentari che escludono, però, una proroga tout court. Si starebbe lavorando, invece, ad una seconda finestra, fino al 31 dicembre, per aderire alla cosiddetta «pace fiscale» destinata alle partite Iva. In questo modo si potrebbero utilizzare subito i proventi incassati fino al 31 ottobre per ridurre ulteriormente l’Irpef, portando l’aliquota intermedia dal 35 al 33%.
Si attende Giorgetti
L’ultima parola spetta a questo punto al Mef che, nei prossimi giorni, avrà il quadro esatto delle adesioni al concordato. Ma il pressing sulla riapertura dei termini arriva anche dal Consiglio Nazionale dei Commercialisti: “Sarebbe un’opportunità per chi non ha avuto il tempo materiale per fare le dovute riflessioni – spiega il presidente Elbano de Nuccio – e costituirebbe una chance per ragionarci su per quanti hanno aderito frettolosamente”.
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