Venerdì 1° novembre, in occasione della Solennità di Tutti i Santi, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto il solenne Pontificale nella Cattedrale di San Nicola.
Di seguito riportiamo l’omelia dell’Arcivescovo.
«La liturgia odierna, Solennità di Tutti i Santi, ci invita a volgere il nostro sguardo al mistero di tutta l’umanità, chiamata a partecipare alla Gerusalemme celeste, chiamata da Dio a camminare insieme nell’amore, nella via di Cristo. Questa chiamata non è riservata a pochi eletti, ma ad una moltitudine immensa, di ogni latitudine, come oggi ci spiega l’autore del libro dell’Apocalisse. In questa moltitudine, carissima Alice, è scritto anche il tuo nome. Tu hai accolto la chiamata del Signore dopo un tempo di importante preparazione accompagnata dalla comunità dei padri Cappuccini del Santuario di Nostra Signora Noli Me Tollere di Sorso. Essi oggi davanti alla Chiesa si rendono garanti del tuo cammino. Loro sono i veri padrini, i padri, i fratelli maggiori, i catechisti che ti hanno accompagnato verso questa data che, come già detto, in via del tutto eccezionale, celebriamo in questa circostanza. Queste celebrazioni sono riservate alla “madre” di tutte le veglie, la veglia pasquale, nella quale si manifesta visibilmente nella liturgia il mistero della maternità della Chiesa voluta da Dio, per suo amore verso l’umanità.
Oggi questa maternità assume un volto nel grande mistero della chiamata alla santità, la chiamata alla Pasqua del Signore. Nella Seconda Lettura (1Gv 3,1-3) abbiamo potuto ascoltare che questo mistero della chiamata è un mistero di amore. Non è una chiamata generica, ma una chiamata che ha un orientamento: quello di instaurare con noi, da parte di Dio Padre, una relazione filiale. Questo è un mistero che pervade la nostra vita perché, se pensiamo che siamo figli di Dio, questo trasforma la nostra esistenza. E infatti questo dono, che oggi in modo peculiare, sacramentalmente, viene donato alla nostra sorella Alice, ci è stato donato nel sacramento del Battesimo, rendendoci figli di Dio.
Vi è una nascita naturale che non avviene per caso. Questo è molto importante ricordarlo in una cultura nella quale la tecnocrazia, lo scientismo, oppure l’ateismo potrebbero invitare a pensare che la vita è frutto di un’operazione, di un processo meramente ideologico. La vita è dono di Dio. Quindi, se è dono di Dio, Egli è il creatore, i nostri genitori partecipano al progetto della creazione come procreatori. È una missione particolare, che ci immette sempre in un altro modo di esprimere la paternità di Dio. Siccome la paternità di Dio è un mistero e non possiamo uniformarlo alla paternità umana, dobbiamo pensare che la paternità di Dio si scrive in tanti modi. A questa oggi si unisce quella sacerdotale, che è tutta speciale, è importante.
Nella Prima Lettura (Ap 7,2-4.9-14) abbiamo sentito: “Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: ‘Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?’. Gli risposi: ‘Signore mio, tu lo sai’. E lui: ‘Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello’.
Ecco, carissima Alice, oggi tu laverai le tue vesti. Le tuniche della tua umanità – direbbero i padri della Chiesa – vengono immerse nel fonte battesimale ed emergeranno con una tunica mistica invisibile, radiosa e luminosa che è l’abito nuziale che oggi il Signore ti dona, come figlia di Dio. Questo è un mistero di grande amore, che solo gli occhi della fede ci aiutano a vedere e comprendere. E quindi, dal grembo della Chiesa, per grazia di Dio, ricevi questa nuova nascita. Vieni immersa non in acqua semplice, ma un’acqua bagnata dalla grazia dello Spirito Santo, mediante la quale entri in comunione con il mistero pasquale di Cristo.
Il Battesimo viene chiamato anche Croce ed anche Pasqua. Nel Battesimo vi sono racchiusi tutti questi misteri e noi ne veniamo resi partecipi. Ecco, allora, che rivestita con l’abito bianco, come è per ciascuno di noi, sei chiamata a renderlo fruttuoso. Questa è la sottolineatura che la solennità di Tutti i Santi ci suggerisce: vivere da cristiani fruttuosi, capaci di portare frutto. Portare frutto è diverso dal vivere da persone che pensano di essere sempre vincenti. Essere vincenti è frutto solo di strategie e di forze umane. Essere fruttuosi invece è frutto della grazia di Dio. Siamo chiamati ad essere cristiani fruttuosi.
Nella Chiesa viviamo un tempo di conversione, di rinnovamento spirituale. La Chiesa è chiamata a fruttificare, ci ricorda Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium. E ciò che desidera Gesù è che portiamo molto frutto.
Oggi ci chiediamo quanto la liturgia di Tutti i Santi sia compresa in un’ottica di vita apostolica, di sequela di Gesù. È possibile seguire Gesù, è possibile seguire la via di Cristo, è possibile riconoscere Cristo, ripartire con Cristo. Questa è la via della conversione pastorale che il Papa chiede a tutti i battezzati.
Siamo una moltitudine in cammino, orientata; non siamo senza meta, abbiamo una meta ed è Dio che ci attende e ci accoglie con il cuore di un padre, il cui amore va oltre ogni confine. Questa sorgente incoraggia e sostiene tutti nel cammino.
Siamo vicini anche all’inizio della Visita pastorale in città. Auspico che la prossima visita pastorale sia come uno scossone, un suono di campane e di campanelli in tutte le parrocchie e in tutte le porte. Non perché sarà possibile entrare in tutte le case, ma perché tutti imparino a ritrovarsi nella casa pensata per tutti: la Chiesa madre, la Chiesa cattedrale. Anche questa realtà della Chiesa madre, nel segno della chiesa Cattedrale, ha ancora tanto bisogno di essere compresa, non come un luogo di centralizzazione del potere, ma come un luogo della maternità della Chiesa, un luogo di incontro.
Possa il Signore, come il Vangelo di oggi ci suggerisce, guidarci e istruirci con quell’amore che riscaldò il cuore, le menti e i piedi dei discepoli di allora. Il Signore ci illumini e ci guidi per camminare nella via della beatitudine, nella via della gioia.Ricordiamoci che la vita fruttuosa non è quella di chi è più forte secondo la logica del mondo, ma è fruttuosa perché è la forza della grazia di Dio che corrobora, rinforza e rinvigorisce la nostra vita»
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