Non una vera e propria proroga, dal momento che la scadenza del 31 ottobre 2024 era stata annunciata dall’esecutivo come inderogabile. Ma neppure una nuova versione. Il concordato preventivo biennale potrebbe tornare, sì, ma tramite l’escamotage della riapertura di una nuova finestra fino al 31 dicembre 2024. Sarebbe questa l’ipotesi allo studio del governo Meloni.
Alla misura avrebbero aderito non più del 10% delle partite Iva, secondo le stime dei commercialisti. Pochi giorni prima della scadenza dei termini, Confartigianato ha sondato 46.000 imprese registrando una adesione al 18%, con la promessa che sarebbe cresciuta fino al 23%. Sulle adesioni il ministro dell’Economia Giorgetti ha sposato la linea dell’ottimismo dicendo che “tutto quello che arriva più di zero è benvenuto”. In totale la platea dei contribuenti potenzialmente coinvolti ammonta a 4,7 milioni di persone, dai quali il governo punta a incassare almeno 2 miliardi di euro.
Obiettivo riforma dell’Irpef
Con la riapertura della finestra, lavoratori autonomi e partite Iva che scegliessero di aderire potrebbero “congelare” tasse e controlli fiscali per i prossimi due anni siglando una sorta di patto con il Fisco.
L’obiettivo del governo è duplice: ridurre il nero negli anni a venire spingendo i lavoratori a far emergere i proprio redditi e fare cassa nell’immediato per sostenere le misure promesse nella difficile Manovra 2025, in primis la riduzione delle aliquote Irpef, provvedimento volto a tagliare le tasse al ceto medio.
In pressing per il taglio dell’Irpef c’è soprattutto Forza Italia, che invoca un alleggerimento almeno per i redditi oltre i 40.000 euro lordi annui oppure fino a 50.000/60.000 euro, qualora le risorse dovessero permetterlo.
La differenza fra riapertura dei termini e proroga e non è una questione di lana caprina, ma di sostanza: la prima soluzione renderebbe immediatamente utilizzabili le risorse finora incassate, mentre una proroga farebbe slittare i conteggi e l’utilizzo degli incassi.
A chi conviene il concordato
Il concordato preventivo biennale è una proposta che il Fisco fa al contribuente: in cambio di una determinata quota di reddito da versare in tasse si subiranno meno controlli e si avranno diversi vantaggi fiscali, a partire dalla possibilità di far emergere il nero con sanzioni minime relativamente ai redditi non dichiarati tra il 2018 e il 2022. L’adesione conviene soprattutto a chi è certo di guadagnare più di quanto previsto dal Fisco.
Ok dei commercialisti al concordato bis
Erano stati gli stessi commercialisti a vagheggiare un allungamento dei termini per aderire al concordato preventivo biennale.
Per Elbano de Nuccio, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti che rappresenta oltre 120.000 professionisti del settore, un concordato bis “sicuramente rappresenterebbe un’opportunità per chi non ha avuto il tempo materiale per fare le dovute riflessioni”. Così ha dichiarato de Nuccio all’Ansa.
Politica divisa
Mentre il governo è possibilista sull’apertura di una seconda finestra, le opposizioni hanno già alzato le barricate come del resto avevano già fatto all’epoca dell’approvazione della prima finestra. Antonio Misiani, responsabile economico del Pd, parla di “un condonaccio all’italiana” e di “una cosa penosa, la resa totale del Fisco”. Così respinge l’ipotesi il senatore pentastellato Mario Turco: “È un condono preventivo. Aderisce chi ha la certezza di avere redditi maggiori nel prossimo biennio, così da bypassare tasse e controlli. Il risultato è un minor gettito e un probabile danno erariale”. Da Avs non usano mezzi termini: “Il governo si candida al primato dei fallimenti”.
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