Malattia, disoccupazione, cassa integrazione, servizio militare, servizio civile, maternità per le donne e così via. C’è una cosa che accomuna questi periodi di “non lavoro” dal punto di vista previdenziale: sono periodi coperti dalla cosiddetta contribuzione figurativa. In pratica, periodi che vengono coperti gratis dall’INPS e che un contribuente può usare per andare in pensione o per ottenere una pensione maggiore.
Perché si tratta di periodi utili, quasi sempre, sia al diritto che alla misura di una prestazione. Quel “quasi” però va approfondito, perché in alcune circostanze e per determinate misure, avere troppi figurativi non permette di andare in pensione.
In questo caso si tratta di contributi utili al conteggio della prestazione, ma non al raggiungimento dei requisiti necessari.
Pensioni anticipate, novità dalla Cassazione: cambia tutto, l’INPS deve considerare tutti i figurativi
Questa considerazione potrebbe appartenere al passato, perché una recente sentenza di un tribunale modifica lo scenario, rendendo utili al diritto alla pensione anche i contributi figurativi.
“Buongiorno, sono un vostro lettore e volevo chiedervi se era vera la storia che tutti i contributi figurativi valgono per le pensioni anticipate. Io sto in disoccupazione fino al mese di maggio 2025 e, sommando questi ultimi mesi di Naspi, arrivo a 41 anni di contributi. Rispetto tutte le altre condizioni della quota 41 precoci, perché ho oltre un anno di contributi versati prima dei 19 anni di età e negli ultimi 10 anni ho fatto il lavoratore edile per 8 anni. Il problema è che, a conti fatti, ho solo 34 anni di versamenti effettivi mentre gli altri 7 anni saranno tutti da disoccupazione. Stando a quello che so, devo arrivare a 35 anni effettivi senza figurativi, a meno che non sia vera la storia che vi dicevo, cioè questo cambio di regole per il 2025.”
La pensione anticipata ordinaria e come funziona
La pensione anticipata ordinaria è quella misura che si ottiene con 42 anni e 10 mesi di versamenti per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di versamenti per le donne, senza alcun limite anagrafico.
Serve però raggiungere almeno 35 anni effettivi di versamenti, cioè contributi al netto dei versamenti figurativi per periodi di disoccupazione o malattia. L’unico vincolo aggiuntivo per poter centrare la pensione anticipata ordinaria è questo, e questi requisiti valgono anche per il 2025.
La quota 41 per i lavoratori precoci
Una variante alla pensione anticipata ordinaria, poiché anche questa misura non ha limiti anagrafici, è la quota 41 per i precoci. Si tratta della misura che consente di andare in pensione una volta maturati 41 anni di versamenti, di cui almeno 12 mesi versati prima dei 19 anni di età.
Bisogna però rientrare in una delle 15 attività di lavoro gravoso previste o nelle attività di lavoro usurante. Oppure bisogna essere invalidi, caregiver o disoccupati. Ma anche per la quota 41 precoci, come per la pensione anticipata ordinaria, serve rispettare la condizione dei 35 anni di contributi effettivi.
Cosa ha detto la Cassazione e cosa cambia adesso
Per quanto detto prima, è inevitabile che l’INPS dia un’interpretazione regolare alle normative, finendo con il respingere le domande di pensione a chi, anche maturando i contributi necessari alla pensione anticipata ordinaria o alla quota 41 precoci, non rispetta il vincolo dei 35 anni effettivi.
Questo fino a oggi, perché pare che grazie a una recente pronuncia di alcuni giudici di un tribunale, ci sia un precedente che conferma come, per andare in pensione anticipata, valgano tutti i contributi figurativi. I giudici sono quelli della Corte di Cassazione e la sentenza è la numero 24916 del 17 settembre 2024. Una pronuncia in cui si evince che non ci sono assolutamente limiti nel considerare validi a tutti gli effetti, per le pensioni anticipate, tutti i contributi figurativi.
Per la pensione anticipata (ex pensione di anzianità), sono utili tutti i periodi coperti dai figurativi e senza limitazioni.
Si parla di pensioni anticipate ordinarie soltanto, ma inevitabilmente la possibilità deve essere estesa a tutte quelle misure dove c’è lo stesso vincolo dei 35 anni effettivi, quota 41 precoci compresa.
Il riferimento che fa la Cassazione nella sua sentenza è alla pensione di anzianità. Cioè alla misura che la legge Fornero cancellò dal nostro sistema e sostituì con le pensioni anticipate ordinarie. Infatti, l’appiglio normativo dell’INPS nel respingere le domande motivando la reiezione con il vincolo dei 35 anni era derivante dalla normativa precedente. Quella appunto delle pensioni di anzianità.
Ecco le motivazioni degli ermellini della Cassazione e cosa cambia per le pensioni e per i contributi figurativi
Ciò che dice la Corte di Cassazione è che la legge Fornero disciplina le prestazioni pensionistiche a decorrere dal 1° gennaio 2012. E con riferimento ai soggetti la cui pensione è liquidata a carico dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima. Nonché della gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge numero 335 del 1995.
“All’esito della riforma, dunque, il vecchio requisito dei 35 anni non opera più nel nuovo sistema”
Questo in sostanza ciò che dicono gli ermellini.
Tradotto in termini pratici, è sbagliato respingere le domande di pensione anticipata ordinaria per un requisito che erroneamente si è deciso di portare, solo come interpretazione, dalle pensioni di anzianità precedenti. Trattandosi di due misure diverse, con carriere necessarie nettamente diverse (le pensioni di anzianità a 40 anni di versamenti, quelle anticipate a 42,10 o 41,10), è inevitabile che ci debbano essere differenze anche su questo paletto.
Presentare ricorso si può sulla reiezione della domanda di pensione anticipata
Pertanto, via libera all’uso di tutta la contribuzione figurativa anche per il diritto alla pensione. Come per la misura della prestazione, anche se non si rispetta il vincolo dei 35 anni effettivi. Significa che un lavoratore ha diritto, una volta raggiunti i 42,10 anni di versamenti, ad andare in pensione. Anche senza i 35 anni effettivi da lavoro.
Come sempre sottolineiamo, una sentenza di un tribunale non cambia le leggi e non modifica nemmeno la libera interpretazione delle norme da parte dell’INPS. Creando solo il precedente, però, dà diritto a eventuali ricorrenti contro una reiezione di una domanda di pensione di usare questo precedente come motivo di un eventuale ricorso, con ottime possibilità di vittoria in giudizio.
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