Tra gli arrestati nell’inchiesta sull’assassinio del sindaco di Pollica anche l’ex carabiniere Lazzaro Cioffi, già condannato per traffico di droga, Romolo Ridosso e Giuseppe Cipriano
Quattro persone sono state arrestate giovedì con l’accusa di concorso nell’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica-Acciaroli ucciso il 5 settembre del 2010: il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, in passato in servizio a Salerno; l’ex carabiniere Lazzaro Cioffi, condannato per traffico di droga; Romolo Ridosso, ritenuto legato a un clan omonimo che opera a Scafati; e Giuseppe Cipriano, titolare di una sala cinematografica sempre a Scafati. L’inchiesta della Procura di Salerno, guidata dal procuratore Giuseppe Borrelli e dall’aggiunto Luigi Alberto Cannavale, sull’omicidio del «sindaco pescatore» è arrivata a una svolta.
I due carabinieri avrebbero avuto un ruolo chiave nel depistaggio delle indagini che partirono subito dopo l’omicidio. Fabio Cagnazzo – che appartiene una dinastia di ufficiali dei carabinieri, il padre Domenico aveva arrestato Enzo Tortora – per un breve periodo ha avuto una relazione con la figlia di Vassallo, Giusy. Cioffi, invece, che nel 2006 aveva avuto un encomio solenne per l’arresto di di 19 spacciatori tra Caivano, Acerra, Casalnuovo e Carinaro, era finito in carcere nell’aprile del 2018 per traffico di stupefacenti aggravato dalle finalità mafiose. I due militari si conoscevano bene da tempo, perché avevano lavorato insieme al nucleo operativo di Castello di Cisterna: Cagnazzo lo guidava e Cioffi era il suo braccio destro.
L’assassinio
Vassallo fu ucciso perché aveva scoperto che nel comune cilentano, soprattutto d’estate, si era sviluppato un consistente spaccio di droga – in particolare cocaina – che aveva la sua base proprio nella zona della movida. La cocaina veniva rifornita da Ridosso e anche alcune persone del posto facevano parte della rete di pusher. La pressione di Vassallo sulle forze di polizia e sulle istituzioni, per debellare questo giro di droga, era diventata elevata. A tal punto che il 5 settembre, una domenica sera, il sindaco di Pollica fu ucciso con nove colpi di pistola mentre stava rientrando a casa.
«Abbiamo messo a posto il pescatore»
«Abbiamo messo a posto pure il pescatore»: uno degli arrestati, Romolo Ridosso, pronunciò questa frase pochi giorni dopo l’uccisione di Vassallo dopo avere avuto un colloquio con due coindagati, Lazzaro Cioffi e Giuseppe Cipriano. Lo riferisce l’ex compagna di Ridosso, Antonella Mosca, poi divenuta collaboratrice di giustizia, spiegando che di lì a poco Ridosso cominciò a temere fortemente Cioffi arrivando a pensare che il carabiniere potesse ucciderlo. Romolo Ridosso sostiene di avere usato il plurale «perché intendevo acquisire una certa importanza con Antonella Mosca» mentre invece non era coinvolto nel delitto.
Gli atti dell’Antimafia
A marzo dello scorso anno, la Commissione Antimafia aveva desecretato alcuni atti sull’omicidio Vassallo. Documenti che avevano ulteriormente chiarito cosa stava avvenendo, nei mesi precedenti all’omicidio del sindaco pescatore, nel comune cilentano. Vassallo «si era lamentato più volte con la locale Stazione dei Carabinieri chiedendo interventi risolutivi per il diffondersi del commercio e del consumo degli stupefacenti nella zona e forse la sua attenzione al problema era accentuata dalla circostanza che il fidanzato dell’epoca della figlia Giusy, Francesco Avallone, era coinvolto in queste attività illecite».
Le accuse al “brasiliano”
Dalle testimonianze di familiari e conoscenti di Vassallo, era anche emerso che tra il sindaco e Avallone non correvano buoni rapporti. Anche se, proprio per volere di Angelo Vassallo che tentava in vario modo di integrarlo, Avallone lavorava nell’enoteca familiare. Inoltre, tra gli amici o comunque conoscenti di Avallone ci sarebbe stato Bruno Humberto Damiani, detto “il brasiliano”, «soggetto che, coinvolto in indagini per vicende di droga – è precisato negli atti dell’Antimafia – era stato indicato in una nota di servizio redatta dal tenente colonnello Fabio Cagnazzo, immediatamente dopo l’omicidio del sindaco Vassallo, tra i possibili mandanti del delitto». Damiani fu estradato dalla Colombia e ascoltato più volte dagli inquirenti. Ma si è sempre professato innocente.
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