In Italia il settore dei rifiuti è ormai in una fase di maturità, con una crescita stabile e una consolidata capacità di attrarre investimenti (in media del 16% annuo tra il 2017 e il 2022). Persistono, tuttavia, ostacoli alla crescita dell’industria dovuti a un quadro legislativo che crea incertezza e scoraggia gli investimenti e che è caratterizzato da contraddizioni nella ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni e Autorità, dalla definizione incerta del perimetro della regolazione dell’ARERA e dalla lentezza della normativa nel recepire le novità di mercato. Queste sono solo alcune delle evidenze emerse dal rapporto dell’Osservatorio sull’Industria del Riciclo e dei Rifiuti di Agici, presente a Rimini nell’ambito di Ecomondo, la fiera internazionale dedicata alla green economy e alla circular economy. L’analisi ha però al contempo anche messo in luce come negli ultimi anni ci sia una tendenza a investire in nuove tecnologie di riciclo, legata ak crescente interesse del mondo finanziario, che sta investendo nel settore dei rifiuti spinto anche dalla domanda di investimenti green con focus su obiettivi ESG.
Prendendo in considerazione tutte le tipologie di strutture, dallo stoccaggio, fino al trattamento, al riciclo, alla termovalorizzazione e alla discarica, nel 2022 risultano attivi in Italia 9.406 impianti di gestione dei rifiuti, perlopiù di piccole dimensioni: il 62% del totale, infatti, è di taglia inferiore alle 50.000 tonnellate annue. Gli impianti sono posseduti al 94% da imprese private, per lo più di piccola taglia (85% hanno un fatturato inferiore ai 25 milioni di euro) e che possiedono pochi impianti (l’81% possiede un solo impianto).
In questo contesto c’è spazio per aggregazioni di mercato: concentrandosi su un campione circoscritto, lo studio ha analizzato le strategie di 38 aziende, attive in 6 distinte filiere a diverso grado di maturità di mercato. L’analisi ha reso evidente un trend di crescita tra il 2017 e il 2022 sia per il fatturato (10 miliardi di euro nel 2022) che per gli investimenti (1,2 miliardi di euro nel 2022).
Inoltre, sono state mappate 219 operazioni tra il 2017 e il 2024 che mostrano una tendenza ad aggregazioni e investimenti in nuove tecnologie di riciclo. Ciò è reso possibile dal crescente interesse del mondo finanziario, che sta investendo nel settore dei rifiuti spinto anche dalla domanda di investimenti green con focus su obiettivi ESG.
Questa tendenza di crescita deve essere sostenuta rimuovendo alcune contraddizioni normative che creano incertezza e scoraggiano gli investimenti. Il rapporto presentato oggi suggerisce di ripensare integralmente la normativa dei rifiuti, costruendo un quadro semplice e stabile nel tempo con un ruolo crescente delle Autorità di regolazione e mercato. Inoltre, occorre ribaltare il paradigma di sostegno pubblico all’industria di riciclo: non più un sistema distorsivo basato sull’incentivo diretto all’output di riciclo, ma uno stimolo indiretto basato sulla crescita della domanda di materie prime seconde.
“La filiera italiana della gestione dei rifiuti sta subendo una graduale trasformazione, favorendo tutte le condizioni necessarie per aggregare competenze, quote di mercato, ma soprattutto capitali” ha dichiarato Marco Carta, Direttore dell’Osservatorio sull’Industria del Riciclo e dei Rifiuti di Agici. “Gli ostacoli principali sono ancora le forti contraddizioni nell’attribuzione delle competenze tra Stato e Regioni e Autorità. Gli operatori sono in grado di produrre innovazione e riciclare materiali nuovi, ma occorre creare le condizioni per crescere ulteriormente. In un simile contesto la parola d’ordine è semplificare, in primis la normativa e le competenze, per agevolare e supportare il mercato”.
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