Venezia. Il mercato del lavoro nel settore turistico veneto fa sempre più fatica a trovare i lavoratori stagionali di cui ha bisogno. Nel 2023 sono stati 66 mila i contratti a termine stipulati, ma la domanda rimane elevata.
“In Veneto il mercato del lavoro nel settore turistico continua ad essere contraddistinto per un elevato ricorso al lavoro stagionale, con un fabbisogno di personale concentrato in alcuni periodi dell’anno. Un fabbisogno, però, che rischia sempre più spesso di rimanere deluso. I lavoratori assunti nel 2023 con contratto a tempo determinato nelle principali aree turistiche del Veneto sono stati complessivamente 66 mila, la maggior parte dei quali concentrati sulla Costa veneta (23 mila), nelle città d’arte di Padova, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza (22 mila), e sul Lago di Garda (13 mila)”.
Lo evidenzia l’assessore al Lavoro Valeria Mantovan commentando l’approfondimento statistico dell’Osservatorio di Veneto Lavoro “Tartufi/60”, dedicato alla domanda di lavoro stagionale nelle aree turistiche del Veneto e pubblicato nella sezione dedicata di https://www.venetolavoro.it/tartufi
Dallo studio emerge come il 50% circa dei lavoratori interessati da un rapporto di lavoro stagionale in ambito turistico risulti avere un’età inferiore ai 35 anni, soprattutto nell’area delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene e nell’Altopiano di Asiago, mentre le Terme euganee si distinguono per un peso relativamente maggiore di lavoratori over 55 (il 18% contro l’11% del totale delle aree considerate).
Circa la metà dei lavoratori risulta inquadrato con la qualifica di cameriere (28,9%) o di personale non qualificato, quale addetti alle pulizie, facchini e custodi (21,6%), ma anche in questo caso con alcune rilevanti specificità territoriali. Nelle Colline del Prosecco, ad esempio, sono frequenti le assunzioni di baristi, addetti alla ristorazione e cuochi, nelle città d’arte è elevata anche la richiesta di professionisti del benessere e dell’intrattenimento, mentre nell’area delle Terme euganee aumenta quella per massaggiatori, bagnini e personale qualificato.
Gli stranieri rappresentano il 30% del totale, ma la loro distribuzione nelle varie aree turistiche è abbastanza disomogenea e si passa dal 16% dell’Altopiano di Asiago al 34% delle città d’arte.
Altri dati interessanti riguardano la provenienza dei lavoratori: se il 40,7% dei lavoratori con contratti a tempo determinato risiede nello stesso comune in cui lavora, negli ultimi dieci anni è aumentata sempre di più anche la quota di lavoratori che arrivano da lunga distanza, anche più di 50 km dal luogo di lavoro. In particolare, dai comuni vicini, ovvero posti a una distanza inferiore ai 20 km, arriva il 18,3% dei lavoratori, un’ulteriore quota arriva dai comuni tra i 20 e i 50 km (13,8%), e il 23,7% proviene invece da comuni posti a una distanza superiore ai 50 km. A questi si aggiunge un 3,5% di lavoratori stranieri giunti dall’estero.
Le maggiori difficoltà a reperire lavoratori stagionali nelle immediate vicinanze si riscontrano soprattutto per le strutture dell’area delle Dolomiti, del litorale veneto e del Lago di Garda, che sempre di più ricorrono a lavoratori provenienti da lunghe distanze, mentre in termini di profilo professionale i più ricercati al di fuori del bacino di pertinenza sono soprattutto cuochi, personale qualificato e professionisti del benessere e dell’intrattenimento.
“Ancora una volta le analisi statistiche realizzate da Veneto Lavoro – sottolinea l’assessore regionale Valeria Mantovan – consentono di ottenere un quadro dettagliato della situazione al fine di orientare in modo preciso le politiche regionali sul lavoro. Dall’approfondimento “Tartufi/60″ emerge come in una regione a forte vocazione turistica quale è il Veneto, la domanda di lavoro stagionale sia molto elevata e non pienamente soddisfatta. È quindi importante puntare sulla formazione professionale per garantire alle imprese capitale umano altamente specializzato e agli studenti la possibilità di entrare a far parte in tempi brevi del sistema produttivo veneto. Anche per questo da anni la regione del Veneto ha puntato sugli ITS, Istituti Tecnologici Superiori, che attraverso un’offerta composta per il 50 per cento da attività didattica e per il restante 50 per cento di stage nelle imprese del settore, consentono ai diplomati di trovare lavoro in un’area coerente con il percorso concluso”.
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