Non ci sono soltanto gli aumenti di stipendio, le ferie e i permessi. Nel nuovo contratto degli statali, quello firmato mercoledì scorso, c’è quello che si potrebbe definire un “piano anti-fuga” dei neo assunti. Il problema è noto ed è emerso da tempo. Con la ripresa delle assunzioni nel pubblico impiego, e la semplificazione delle procedure di selezione, il numero dei partecipanti ai concorsi si è moltiplicato. Nei primi otto mesi dell’anno circa due milioni di candidati a un posto pubblico hanno risposto a bandi per assumere poco più di 200 mila dipendenti statali. La pubblica amministrazione, insomma, sembrerebbe aver ritrovato un suo appeal. Eppure c’è qualcosa che non funziona. Il risultato finale è che un gran numero di posti continua a rimanere vacante a causa del fenomeno delle “rinunce”. Anche il pubblico impiego si trova a dover fare i conti con le nuove dinamiche del mondo del lavoro.
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Il piano anti-fuga
Oggi sembra sempre più difficile far spostare i neo assunti dai loro luoghi di residenza. Soprattutto se si tratta di farlo per trasferirsi in città dove il costo della vita è percepito come più alto. Nel caso del settore privato il governo ha provato a dare una risposta con la manovra di Bilancio introducendo una norma che permette di esentare, fino a un massimo di 5 mila euro, i benefit concessi dalle aziende ai dipendenti che spostano la propria residenza nei luoghi di lavoro se si trovano ad una distanza superiore ai 100 chilometri. Nel pubblico il nuovo contratto, prova a fare qualcosa di simile. «Per la prima volta», spiega Antonio Naddeo, presidente dell’Aran, l’Agenzia che tratta a nome del governo il rinnovo dei contratti, «vengono previsti degli strumenti che tentano di introdurre delle politiche a favore dei nuovi assunti».
Gli strumenti
Di quali politiche si tratta? Nella definizione del contratto integrativo, si legge nel testo sottoscritto dall’Aran e dai sindacati, le parti valuteranno l’adozione di strumenti volti a favorire l’inserimento del personale neoassunto quali, ad esempio, politiche di welfare o accesso al lavoro a distanza. Si tratta insomma, di riconoscere delle indennità specifiche per i “fuori sede” o consentire un maggior ricorso a chi lavora da remoto per evitare che un neo assunto rinunci al suo posto. Una maggiore flessibilità che permea tutto il nuovo contratto di lavoro dei dipendenti statali.
La settimana corta
A cominciare dalla settimana lavorativa di quattro giorni mantenendo fermo il numero delle ore lavorate (36 in tutto) e su base volontaria per i lavoratori. Ma anche ad un uso più generalizzato dello smart working. L’idea di fondo è fare in modo che un giovane campano, piuttosto che calabrese o pugliese, che vince un concorso in un’amministrazione pubblica che ha la sua sede a Milano o a Roma, non rinunci poi all’incarico per la preoccupazione di non poter sostenere i costi del trasferimento.
Il meccanismo
E questo non solo permettendogli di lavorare per quattro giorni a settimana, la maggior parte dei quali da remoto. Ma magari introducendo anche una indennità di prima destinazione che consenta di coprire i costi di viaggio e di alloggio per i periodi in cui sarà comunque necessario recarsi fisicamente in ufficio. Funzionerà questa strategia? Si vedrà. Molto dipenderà da come (e soprattutto se) sarà adottata dalle singole amministrazioni. Molte delle misure sono rinviate infatti alla contrattazione integrativa con i sindacati. E la contrattazione integrativa dipende dai fondi che i singoli ministeri o le agenzie pubbliche, hanno a disposizione. Per quelle più ricche e che già sono considerate più attrattive, come l’Agenzia delle Entrate o l’Inps, attuare le novità del contratto potrebbe essere più semplice che per altre.
I nuovi accordi
I nuovi accordi tuttavia, non si preoccupano soltanto di agevolare l’ingresso dei giovani nella pubblica amministrazione. Ma anche di affrontare il problema dell’invecchiamento dei dipendenti pubblici. Così vengono previste delle misure di “age management”, che permettono maggiore flessibilità di orario al personale più vicino alla pensione e, anche in questo caso, la possibilità di lavorare per più giorni da remoto. In realtà il progetto di age management è più articolato. Prevede anche che il personale più “anziano” faccia da tutor a quello più giovane e che i neo assunti, che hanno competenze digitali, aiutino il personale in servizio a familiarizzare con le nuove tecnologie. Una trasmissione bidirezionale di saperi, pensata anche per colmare il buco generazionale causato da oltre un decennio di blocco del turn over nel pubblico impeigo.
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