Il titolare dell’attività, infatti, disponeva unicamente di una SCIA come esercizio di vicinato ma, essendo il locale in questione di superficie pari a 437 mq (ben maggiore dei 250 mq individuati dalla norma come limite per gli esercizi di vicinato), avrebbe dovuto acquisire la prescritta autorizzazione.
Inoltre il titolare non disponeva del registro vidimato dal Comune, necessario per inventariare la merce in esposizione trattandosi di un’attività di “svuotacantine”, circostanza che rende impossibile risalire alla provenienza degli oggetti/beni in vendita, come invece prescritto dalla legge.
Il titolare aveva anche omesso di esporre i prezzi di vendita della merce, contravvenendo anche in questo caso a quanto previsto per legge.
Infine, per quanto riguarda l’attività di smaltimento dei rifiuti necessaria per questa tipologia di esercizio commerciale, il titolare non aveva sottoscritto alcun contratto con una ditta del settore autorizzata.
La cessazione dell’attività si è dunque resa necessaria a fronte di una lunga serie di inadempienze.
“L’attività di controllo sugli svuotacantine è una priorità dell’amministrazione comunale – commenta l’assessore alla Vivibilità urbana Carla Palone – perché spesso dietro questo tipo di attività si nasconde una gestione non corretta dei rifiuti. È bene ricordare ai cittadini che quando incaricano uno svuotacantine dello smaltimento di vecchie masserizie (mobili, abiti, suppellettili ecc.), essendo queste catalogati dalla norma come rifiuti, devono pretendere una ricevuta di smaltimento degli stessi”.
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