Raddoppia la platea dei lavoratori con figli che a dicembre riceveranno il bonus Natale da 100 euro con la tredicesima. Passando da circa 1,1 milioni di persone, tra dipendenti privati e statali, a oltre 2 milioni.
Riaprono i termini per il concordato
Lo prevede una norma inserita su input del viceministro dell’Economia, Maurizio Leo (sui dettagli sono in corso verifiche del ministero), nel decreto che riapre i termini per il concordato bis e stanzia per quest’anno altri 44 milioni nel Fondo per le emergenze nazionali. Le partite Iva che hanno già presentato la dichiarazione dei redditi entro la scadenza precedente del 31 ottobre hanno ora tempo fino al prossimo 12 dicembre per aderire al patto con il Fisco. Nella dichiarazione integrativa non dovranno essere indicati: un minore imponibile, un minore debito d’imposta o un maggiore credito rispetto a quelli riportati nella dichiarazione già presentata. Si punta a reperire altri 1,2 miliardi rispetto agli 1,3 già raccolti per finanziare il taglio dell’aliquota Irpef per i redditi medi (tra 28 mila e 50 mila euro) dal 35% al 33%. Il provvedimento a breve andrà in Gazzetta ufficiale e poi dovrebbe confluire nel decreto fiscale all’esame del Senato. E proprio due emendamenti al decreto fiscale da parte dei relatori di maggioranza puntano a chiarire meglio i casi in cui gli autonomi possono essere esclusi dal concordato e a semplificare il pagamento delle imposte, facendo sì che possano pagare società o associazioni di riferimento, invece dei singoli soci o associati.
I requisiti
Ad annunciare la modifica al bonus Natale, che ora coinvolgerà circa due lavoratori su dieci, è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. «Abbiamo trovato le risorse per arrivare almeno al raddoppio della platea del bonus una tantum – ha spiegato il ministro – Il governo ha sempre voluto ampliare i beneficiari e quindi includiamo parte di chi era rimasto fuori all’inizio». Per ottenere il contributo non dovrebbe più servire avere un coniuge fiscalmente a carico, come inizialmente previsto.
Dovrebbero quindi rientrare le famiglie in cui entrambi i coniugi lavorano e quelle con mamma e papà separati o divorziati. Ma non ci dovrebbe essere l’apertura ai lavoratori autonomi. Restano poi il vincolo dei 28 mila euro di reddito annuo massimo ciascuno e quello per cui bisogna avere almeno un figlio fiscalmente a carico. Non solo, bisognerà fare domanda con una richiesta scritta al proprio datore di lavoro o, per gli statali, compilando una scheda sulla piattaforma NoiPa entro il 22 novembre.
Per conoscere esattamente il nuovo perimetro dei lavoratori coinvolti, però, occorre aspettare il testo finale della norma.
L’ampliamento della norma
L’ampliamento della platea arriva dopo il pressing dei partiti di maggioranza, in primis Forza Italia, e di parte delle opposizioni, in particolare Pd, M5s e Avs. Ma anche dei sindacati e delle associazioni dei genitori separati. Il contributo è pensato come uno sprone alle spese natalizie, per spingere sui consumi in stagnazione. Sono considerati fiscalmente a carico i figli che hanno fino a 24 anni e che lo scorso anno avevano un reddito entro i 4.000 euro, al lordo degli oneri deducibili. Il figlio può essere anche nato fuori dal matrimonio, riconosciuto, adottivo o affidato. Dovrebbero però restare esclusi i membri delle famiglie omogenitoriali, anche quelli riconosciuti dallo Stato italiano come genitori con un figlio a carico, ma uniti civilmente e non sposati (con l’altra persona della coppia ancora in vita).
Cos’è la “capienza fiscale”
Un altro requisito vincolante che dovrebbe rimanere è quello di avere “capienza fiscale”, cioè subire un’imposta lorda sui redditi di lavoro dipendente di importo superiore a quello della detrazione per lavoro dipendente. Quindi gli sconti fiscali annui non devono superare le tasse da pagare sul proprio stipendio. Come detto, poi, il dipendente è tenuto a comunicare – con un’autocertificazione o sulla piattaforma NoiPa – di possedere i requisiti previsti dalla norma. Se non si manda la domanda entro i termini o il datore di lavoro non riconosce il bonus in busta paga nonostante la richiesta, il lavoratore potrà comunque ottenerlo con la dichiarazione dei redditi del prossimo anno. In presenza di più contratti part-time è il dipendente a decidere a quale dei datori di lavoro chiedere il bonus.
Il tetto
I lavoratori domestici, non avendo un sostituto di imposta, riceveranno il contributo, sempre dietro richiesta, solo con la dichiarazione dei redditi. Come chiarito poi dalla stessa Agenzia, rispetto al limite dei 28 mila euro di reddito, non si deve considerare l’abitazione principale con le relative pertinenze.
Sono invece inclusi i guadagni (oltre allo stipendio da lavoro dipendente) a cui si applica la cedolare secca (come gli affitti), quelli con flat tax dedicata ai forfettari (in caso di lavori extra da autonomi), le mance assoggettate a imposta sostitutiva, la quota di agevolazione Ace e le quote esenti dei rimpatriati a cui si applica il regime fiscale speciale.
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