Cassazione Penale, Sez. IV, ud. 17 ottobre 2024, n. 40724
Presidente Ciampi, Relatore Serrao
Segnaliamo, in tema di responsabilità degli enti, la sentenza con cui la Corte di cassazione ha affermato che «non è abnorme l’ordinanza con cui il giudice del dibattimento abbia dichiarato la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio ritenendo che, nei confronti degli enti, l’azione penale debba essere esercitata nelle forme previste dall’art. 59 c. 1 d. lgs. 231/2001, che non contempla la forma di cui all’art. 552 c.p.p.».
Secondo la Corte, «il provvedimento non presenta profili di abnormità dal momento che, anche qualora lo si definisca “espressione di un potere male esercitato“, non si colloca al di fuori del sistema normativo (essendo, pur sempre, espressione di un potere che l’ordinamento processuale riconosce al giudice, ossia quello di dichiarare la nullità degli atti in base ai quali si è instaurato il rapporto processuale) e non determina una stasi indebita del procedimento (ben potendo il Pubblico Ministero, senza incorrere in alcuna nullità processuale, procedere di nuovo all’esercizio dell’azione penale nelle forme previste dall’art. 59 d. lgs. 231/2001)».
Per escludere che al pubblico ministero venga imposto il compimento di un atto nullo – prosegue la sentenza – «giova evidenziare che le questioni poste dal ricorso e affrontate anche nella requisitoria del Procuratore generale e nelle memorie degli enti sono di natura eminentemente interpretativa: nonostante l’ampliamento del numero dei reati-presupposto ne preveda alcuni per i quali è prevista la citazione diretta, il legislatore non ha inteso modificare il dettato normativo circa le forme di esercizio dell’azione penale nei confronti degli enti, pur essendo intervenuto con l’art. 7 c. 1 lett. a) d. Igs. 19 marzo 2024, n.31 a correggere il rinvio alle relative disposizioni del codice di procedura penale contenuto nell’art. 59 d. lgs. 231/2001».
Inoltre – si conclude – «ai sensi dell’art. 38, comma 2, d. lgs. 231/2001 sono previste deroghe al sistema del simultaneus processus; tra queste regole vi è quella dettata alla lett. c), che ammette la trattazione separata quando l’osservanza delle disposizioni processuali lo rende necessario».
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