Le carte raffigurano l’universo degli umarells: dalle bocce alle immancabili mani dietro la schiena
Gli umarells di Bologna possono oggi approfittare di tanti cantieri aperti da seguire da vicino. Forse troppi, per concedersi un po’ di tempo libero giocando a carte. Non un semplice passatempo, ma «un’arte che richiede rispetto e dedizione». Ora però c’è un nuovo gioco che vede protagonisti i mitici pensionati che passano il tempo a osservare e commentare i lavori a ridosso dei cantieri. Riprendendo la definizione che dà lo Zingarelli al termine coniato nel 2007 dallo scrittore Danilo Masotti e diventato sei anni fa anche il nome di una piazza in Cirenaica. Prima il blog, poi un libro, edito da Pendragon e divenuto un bestseller. E ancora canzoni, spettacoli, documentari, manifesti, app, una storia pubblicata su «Topolino» e, ultimo arrivato, il libro-gioco Smemorell, il memo degli Umarells, in uscita domani.
Un memory che si può giocare al massimo in quattro, ispirato alla loro vita. Un cofanetto illustrato dal 58enne caricaturista e illustratore bolognese Mauro ‘Squiz’ Daviddi, che contiene un libriccino dello stesso Masotti sul mondo degli «anziani urbani» e 42 tessere che raffigurano oggetti e situazioni tipici della vita da umarell.
Il richiamo irresistibile del cantiere
La strenna sarà già oggi protagonista di un torneo, «Smemorell Night», per giocare in anteprima questa sera, giovedì 14 novembre, alle 21 alle Cucine Popolari di via del Battiferro 2, in collaborazione con Pendragon e Musica Insieme. Alla presenza degli autori, con quota di iscrizione a sostegno delle stesse Cucine, che preparano ed erogano pasti a favore di persone svantaggiate, e premi a sorpresa. Le carte da gioco raffigurano l’universo degli umarells. Le bocce, il cacciavite, il cappellino, il cassonetto, il giubbotto multitasche, la gru, l’orto, la zdaura, la panchina, «non solo un posto dove riposare ma un vero e proprio trono da cui dominare la quotidianità», le immancabili mani dietro la schiena, una sorta di marchio di fabbrica, e il cantiere. Ben più di un semplice luogo di costruzione, «un teatro di vita, un punto d’incontro tra passato e presente, dove l’esperienza accumulata negli anni trova una nuova ragion d’essere. Il cantiere, con la sua rete bucherellata e la striscia “lavori in corso”, esercita un richiamo irresistibile per l’umarell. Di tanto in tanto, praticamente sempre, l’umarell con quella supponenza bonaria che solo chi ha vissuto abbastanza può permettersi, non resiste alla tentazione di offrire un consiglio non richiesto. Gli operai, consapevoli del rituale, annuiscono, fingendo di ascoltare, e proseguono il loro lavoro come se nulla fosse».
L’umarellismo come stile di vita
Grazie al cantiere e ai suoi riti, l’umarell ritrova un senso di appartenenza, perché «vigilando sul cantiere, l’umarell non solo si sente vivo, ma si riconosce come parte integrante di un processo più grande». Anche il gioco sta lì a ricordarci che, parola di Masotti, «l’umarellismo è uno stile di vita. Certo, la data di nascita impressa sulla carta d’identità aiuta, ma essere umarell è molto, molto di più. Il vero umarell si sveglia la mattina presto, fa colazione con pane e caffellatte, si lava, si rade usando il rasoio e la schiuma da barba, mette una maglia della salute, calzini corti, scarpe, ed esce indossando la prima cosa che gli capita a tiro. Fondamentale il berretto per proteggere la testa dal freddo d’inverno e dal sole in estate. La città è sua».
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