I mari del Nord Europa sono da secoli un patrimonio di inestimabile importanza per le popolazioni che si affacciano sulle loro coste, svolgendo un ruolo centrale in attività chiave per l’economia locale come il trasporto marittimo, la pesca, l’acquacoltura e il turismo. Sono questi stessi mari ad essere diventati oggi i principali protagonisti della produzione di energia rinnovabile grazie ai parchi eolici offshore.
Il delicato equilibrio dei mari del nord
Lo sfruttamento intensivo ha avuto conseguenze significative sugli ecosistemi. Le ricerche recenti, tra cui lo studio di Weinert et al. (2021), dipingono un quadro allarmante: le popolazioni di uccelli marini sono in forte declino, soprattutto a causa della diminuzione delle loro prede naturali; la maggior parte degli stock ittici versa in uno stato critico a causa della pesca eccessiva; i mammiferi marini sono sempre più minacciati dal rumore sottomarino crescente; le comunità bentoniche soffrono gravi danni provocati dalle pratiche di pesca a strascico.
L’intero ecosistema marino è sottoposto a pressioni sempre più intense, derivanti da un’azione antropica che si manifesta in maniera sempre più preponderante.
La spinta verso la decarbonizzazione che passa attraverso l’eolico offshore
In questo contesto, i Paesi che si affacciano sul Mar Baltico e sul Mare del Nord stanno affrontando una trasformazione energetica importante. Tra le rinnovabili individuate, l’eolico offshore appare come una componente chiave nella strategia di decarbonizzazione. La sfida per questi Paesi è particolarmente complessa: devono accelerare la transizione verso le energie rinnovabili per combattere il cambiamento climatico, operando al contempo in ambienti marini già sottoposti a forti pressioni antropiche.
Questa iniziativa si inserisce nel più ampio quadro degli obiettivi dell’Unione Europea, che prevede di raggiungere una capacità installata di almeno 60 GW di energia eolica offshore entro il 2030, destinata a crescere fino a 300 GW entro il 2050 (Commissione Europea, 2020). Per i paesi del Nord Europa, questo significa intraprendere nuove attività industriali in mari che già presentano ecosistemi fragili.
Il rapporto di OCEaN: come prevenire e ridurre al minimo gli impatti ambientali dell’eolico offshore
La Offshore Coalition for Energy and Nature (OCEaN), una coalizione che riunisce operatori del settore energetico, esperti ambientali e stakeholder chiave, ha svolto un importante lavoro di ricerca per lo sviluppo sostenibile dell’eolico offshore. Attraverso un’approfondita analisi e collaborazione tra i suoi membri, OCEaN ha identificato 80 misure concrete attraverso le quali le aziende che si occupano di energia eolica e le infrastrutture di rete possono minimizzare il loro impatto sull’ecosistema marino.
Il rapporto Avoidance and Minimisation of Environmental Impacts from Offshore Wind and Grid Infrastructure si fonda sui due pilastri fondamentali della gerarchia di mitigazione ambientale: la prevenzione e la minimizzazione degli impatti. Per raggiungere questo obiettivo, OCEaN ha sviluppato un processo metodologico rigoroso che integra le conoscenze precedentemente frammentate sulle misure di mitigazione con le più recenti evidenze scientifiche disponibili. Tale approccio innovativo ha permesso di costruire un consenso tra i diversi stakeholder della coalizione, valorizzando al contempo le best practice già implementate con successo in diversi siti operativi.
La fase di pianificazione di un parco eolico offshore
La pianificazione di un parco eolico offshore rappresenta già di per sé una fase clou per la minimizzazione degli impatti ambientali. Il documento sottolinea come quasi la metà delle misure di mitigazione ambientale debba essere implementata proprio durante la fase iniziale di pianificazione dei parchi eolici offshore (OWF) e delle relative infrastrutture di rete.
La base per una pianificazione responsabile risiede in un’accurata caratterizzazione del sito attraverso rilievi dettagliati e mappature complete. I rilievi geofisici, in particolare, richiedono un’attenzione speciale: OCEaN raccomanda l’utilizzo di attrezzature a basso impatto e la programmazione delle attività al di fuori dei periodi sensibili per le specie minacciate.
La selezione del giusto sito emerge come lo strumento più efficace a disposizione di governi e sviluppatori per prevenire impatti negativi sulla biodiversità marina. Questa decisione deve considerare molteplici fattori: dalla presenza di aree protette Natura 2000 e Aree Marine Protette, alle rotte migratorie di uccelli e mammiferi marini, fino agli habitat di riproduzione delle specie ittiche e alle zone di stratificazione stagionale delle acque.
La pianificazione dettagliata si estende anche alle specifiche tecniche dell’infrastruttura. Il micro-siting, ovvero la precisa collocazione degli elementi infrastrutturali, si accompagna a scelte progettuali mirate a minimizzare l’impatto ambientale del parco eolico.
La fase costruttiva
Secondo il report OCEaN è importante stabilire un protocollo costruttivo dettagliato e completo prima dell’avvio dei lavori. La gestione del rumore emerge come una delle sfide più critiche di questa fase, con rilevante attenzione alle operazioni di palificazione. Per questo motivo, OCEaN evidenzia come numerose misure di mitigazione, già testate con successo in diversi siti, siano focalizzate proprio sul controllo delle emissioni sonore. Un esempio virtuoso viene dalla Germania, dove è stato introdotto un criterio di protezione acustica specifico per la tutela dei delfini.
OCEaN pone l’accento sull’importanza di coordinare le operazioni di palificazione tenendo conto dei cicli biologici delle specie marine. Attuando una progettazione attenta è possibile evitare accuratamente i periodi sensibili per la fauna marina locale.
La fase operativa
OCEaN ha sviluppato diverse strategie mirate a proteggere la fauna locale durante la fase operativa di un parco eolico offshore. Una delle principali preoccupazioni ambientali riguarda le collisioni di uccelli e pipistrelli con le turbine, che possono causare ferite gravi o la morte degli animali. I pipistrelli, in particolare, sono particolarmente vulnerabili al barotrauma, una lesione provocata dalla rapida variazione della pressione atmosferica all’interno dei vortici generati dalle pale, che può compromettere i loro polmoni. Per ridurre questo rischio, una delle soluzioni proposte è l’adozione di un sistema di “riduzione o arresto su richiesta”, che consente di rallentare o fermare quasi completamente le pale in determinati momenti.
Anche durante la fase operativa, le attività di manutenzione e riparazione richiedono l’impiego di imbarcazioni. OCEaN suggerisce di limitare il numero di queste operazioni al fine di ridurre al minimo i disturbi agli ecosistemi marini. Per contenere ulteriormente l’impatto ambientale, si consiglia di regolare la velocità delle imbarcazioni durante le missioni di manutenzione, in modo da ridurre le emissioni sonore e il rischio di collisioni con la fauna marina. In questo modo, le operazioni possono proseguire in modo efficiente e con il massimo rispetto per l’ambiente circostante.
La fase di demolizione
La demolizione di un parco eolico offshore, pur rappresentando un passo finale fondamentale, richiede una gestione estremamente attenta per minimizzare l’impatto sugli ecosistemi marini circostanti. Le linee guida dell’OCEaN evidenziano l’importanza di ridurre al minimo i viaggi di manutenzione durante la vita operativa degli impianti, al fine di limitare il disturbo alla fauna e alle risorse marine. Risulta essenziale diminuire il numero di spostamenti oltre che regolare la velocità delle imbarcazioni per ridurre le emissioni sonore e prevenire collisioni accidentali con gli animali marini.
In merito allo smantellamento delle strutture, le normative internazionali, come la Decisione OSPAR 98/3, definiscono obblighi chiari per lo smaltimento delle installazioni offshore dismesse. Tuttavia, la regolamentazione è più complessa per le strutture eoliche, in quanto varia a livello nazionale. Un approccio strategico per contenere gli impatti ecologici prevede di estendere la vita utile delle infrastrutture, quando possibile, e di coordinare le attività di dismissione attraverso piani regionali. Ciò permetterebbe di ridurre i periodi di disturbo legati allo smantellamento e, quando è consentito un smantellamento parziale, di tutelare le specie che si sono adattate alle strutture, come nel caso di fondazioni lasciate in loco o di interventi parziali sui monopali.
Integrando queste considerazioni sin dalla fase progettuale, si possono ottimizzare le operazioni di dismissione, bilanciando le necessità industriali con la protezione della biodiversità marina.
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