La startup svedese NorthVolt, entrata nel mercato dell’elettro-mobilità con l’ambizione di diventare la più grande fabbrica in Europa di batterie agli ioni di litio, è a un passo dal fallimento. Il piano sostenuto anche dalla partecipazione di Volkswagen, si scontra ora con difficoltà crescenti dovute al rallentamento della domanda di auto elettriche, ma anche alle Case auto che si defilano cancellando le commesse. Le notizie di oggi vedono l’azienda con un gran bel da fare, con le dimissioni del CEO USA dopo la richiesta di accesso alla procedura fallimentare nel tentativo di riassestare un po’ i debiti, ma serve oltre 1 miliardo di $ per continuare.
PRODUZIONE BATTERIE NORTHVOLT IN CRISI
Solo di recente avevamo scritto dei posti di lavoro a rischio per il crollo della produzione e l’impennata dei costi. Uno scenario che avrebbe spinto l’azienda a prendere decisioni drastiche, tra cui il taglio di ben 1.600 posti di lavoro. Secondo quanto riportava il quotidiano tedesco Handelsblatt, la ristrutturazione avrebbe riguardato principalmente lo stabilimento NorthVolt di Skellefteå, situato a nord della Svezia, dove era in bilico il posto di lavoro di circa 1.000 dipendenti solo in questa struttura.
La riduzione della forza lavoro è uno dei primi segnali di difficoltà dell’industria automotive che anche NorthVolt sta affrontando. L’azienda, fondata dall’ex manager di Tesla, Peter Carlsson, aveva pianificato una significativa espansione del suo principale impianto di produzione, noto come NorthVolt Ett. Inizialmente l’orientamento dell’azienda sembrava quello dell‘ottimizzazione della produzione esistente, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza nella fabbricazione delle celle per batterie. Intanto i piani di crescita erano già stati congelati in attesa di reazioni migliori del mercato.
NORTHVOLT: IL FALLIMENTO E LE DIMISSIONI DEL CEO
Le notizie di oggi parlano invece di una situazione molto più critica, al punto che proprio il primo ufficiale al comando ha lasciato il timone. Peter Carlsson, co-fondatore della startup ha dato le dimissioni dopo circa 8 anni (era in carica dal 2016). L’ufficialità è arrivata il giorno seguente alla richiesta di avviamento della procedura fallimentare per NorthVolt secondo il Chapter 11 previsto dalle leggi USA. Ciò significa che, sebbene l’azienda sia praticamente fallita, non è in liquidazione, ma al centro di un meccanismo di salvataggio e riorganizzazione per evitare la bancarotta, congelando azioni da parte dei creditori che si troverebbero nella posizione di pretendere pagamenti. Intanto la procedura fallimentare permetterà di accedere a 245 milioni di $ di finanziamenti, secondo quanto dichiarato dalla stessa azienda in una nota ufficiale.
In sintesi è ciò che sta accadendo, anche se non è così semplice la soluzione: secondo quanto stimato, da IlSole24Ore, l’azienda avrebbe bisogno di almeno 1-1,2 miliardi di $ per non affondare definitivamente. Grossomodo circa la metà della più grande commessa di batterie ritirata da BMW (valore circa 2 miliardi di euro) che si sarebbe dovuto concretizzare proprio dal 2024 secondo i piani annunciati dalla Casa auto tedesca.
DRAGHI E L’INADEGUATEZZA POLITICA PER L’AUTOMOTIVE IN EUROPA
La scelta di ridimensionare è la diretta conseguenza di un mercato sempre più sfidante per l’industria automobilistica a cui Mario Draghi, presidente della BCE, si è riferito senza mezzi termini, durante la presentazione del report sulla competitività in Europa.
Commentando l’assenza di una politica industriale, Draghi ha affermato che “il settore automobilistico è un esempio chiave della mancanza di pianificazione dell’Unione e dell’applicazione di una politica climatica senza quella industriale”.
BAN AUTO ICE 2035 DA REVISIONARE
Anche Volkswagen, che aveva investito circa 500 milioni di euro in NorthVolt, per una joint venture al 50%, in cambio del 20% di azioni iniziali e un posto nel Consiglio di sorveglianza, ora si trova a sua volta in balia del mercato e alle prese con un necessario taglio dei costi.
Il quadro che emerge è quello di un settore che, pur restando strategicamente importante per la transizione ecologica dell’industria automobilistica, sta vivendo una fase di incertezza. Inizia ad esserne consapevole anche una parte della politica che ora punta ad anticipare al 2025 il ricorso alla clausola di revisione della proposta di ban dei motori endotermici al 2035.
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