Dominato nel gioco. Le prestazioni ci sono sempre state. Vista una delle migliori Torres. Ci sta mancando solo il gol. Da una parte il racconto delle ultime tre settimane in casa Torres fatto dai protagonisti è questo. Dall’altra ci sono i numeri freddi della classifica che parlano di un punto nelle ultime tre gare, ottenuto giocando in 11 contro 10, di due partite di fila senza segnare e di tre sfide consecutive dove il gol che toglie punti alle ambizioni da primato è arrivato negli ultimi 10 minuti di gioco. Dati che certificano un momento di crisi in casa Torres. E che soprattutto stridono con la retorica del “è solo sfortuna o casualità”.
Periodo
Che la Torres nell’ultimo periodo non è stata sempre aiutata dalla sorte negli episodi chiave è un’affermazione che si può accettare. A Ferrara nella sconfitta per 1-0 contro la Spal, arrivata per la deviazione di una punizione, i rossoblù probabilmente ai punti avrebbero meritato di portare a casa il risultato pieno. Però le grandi squadre le riconosci dal saper trattenere dalla loro sempre e comunque il risultato e l’episodio giusto e in questo la Torres di Alfonso Greco non sembra essere ancora una grande. Una questione di mentalità, di reazione alle pressioni o semplicemente di cattiveria che sta mancando. Difficile dirlo. Anche perché la Torres non è una squadra giovane, anzi ha una rosa di calciatori maturi e con tanta esperienza anche in Serie C e dovrebbe essere pronta per fare lo step da outsider a formazione che punta a vincere il campionato. Invece questo stacco, tra campo e dichiarazioni, non è avvenuto. Un lodare sempre le qualità dell’avversario usato per nascondere le proprie ambizioni che in un campionato livellato come quello di quest’anno non ha pagato. In un torneo che sta premiando le squadre compatte e sbarazzine, ma soprattutto che non si nascondono e anzi usano i sogni come benzina in più nel loro motore.
Capitolo allenatore
La sconfitta di Ferrara rischia di togliere, classifica alla mano, definitivamente la Torres dalla corsa al primo posto. Troppi i punti lasciati per strada dai sassaresi in questa prima parte di stagione per pensare a una clamorosa rimonta, anche se nel calcio tutto è possibile. Le sensazioni però delle ultime tre settimane restano queste. Greco ha detto a fine gara che le ambizioni sono solo messe alla prova e non ridimensionate, ma intanto alla seconda sconfitta consecutiva la piazza ha iniziato a chiedere la sua sostituzione. In una piazza normale sarebbe prematuro, ma Sassari ha le sue logiche. Date anche da un amore che tra pubblico e allenatore romano non è mai nato. Nonostante, dati alla mano, Alfonso Greco resterà uno degli allenatori migliori per risultati e traguardi della storia recente della Torres. Non riuscire a entrare nel cuore della gente nonostante una stagione, come la scorsa, da record di punti tra i professionisti e con un secondo posto alle spalle di una corazzata come il Cesena è davvero strano. I tifosi sui social hanno già fatto i loro nomi, da Attilio Tesser al ritorno di Cristian Bucchi. Nella passione di chi segue la squadra, in 300 a Ferrara uniti e compatti come non si vedeva da tempo, vale tutto. Ma attenzione perché a Sassari l’umore della città sa come influenzare le scelte di una società che ascolta sempre e tanto la sua gente. Sicuramente la gara interna contro l’Ascoli sarà un passaggio più che delicato. E non potrebbe essere altrimenti dopo aver raccolto un punto in tre settimane, un andamento tutto tranne che da squadra che vuole stare lì davanti insieme alle migliori.
Colpe
Ma l’allenatore ha davvero tutte le colpe? Sicuramente Alfonso Greco tra assenze e scelte in questo inizio di stagione ha qualcosa da recriminare con se stesso in alcune partite. Ma forse la sua colpa principale è il racconto fatto tra pre gara e post gara. Un modo di raccontare il match che va nell’ottica dell’analista a cui piace guardare i numeri prima del risultato. Purtroppo però il calcio è uno sport infame, dove si può vincere 1-0 gestendo il 30% di possesso palla o facendo un tiro solo contro 10 degli avversari. Ed è anche il bello di questo sport, quello che rende imprevedibile un qualcosa che altrimenti sarebbe scritto su carta prima del fischio di inizio. La Torres è una squadra che non ha saputo essere empatica con la sua gente e con le richieste di ambizioni ancora maggiori da parte del suo pubblico. Che non vuole dire andare dove soffia l’umore dei propri sostenitori, cambiando progetto ogni domenica, ma capire come, tra comunicazione e atteggiamento in campo, portare dalla propria un pubblico che sa anche essere un fattore in più rispetto a molte squadre del girone, oltre che di fatto essere una pressione ulteriore quando le cose non funzionano. E i risultati da zona bassa dei playoff ottenuti fin qui al Vanni Sanna danno forza a questa tesi. La Torres e il mister invece che capire la fame di una piazza che in 120 anni è stata raramente per due anni di fila nelle prime posizioni in terza serie hanno usato i numeri e quanto fatto fin qui negli ultimi anni come scudo a ogni critica mossa, un contesto che ha creato un distacco maggiore soprattutto nei confronti del tecnico. Poi a livello di campo sta mancando un sostituto all’altezza di Ruocco, con un Varela troppo evanescente e fin qui deludente a Sassari. Ma ancora prima dei problemi di campo, che ci sono visti i gol subiti da fermo e la cattiva gestione dell’ultimo pallone o le eccessive disattenzioni in fase di non possesso, è nella lettura della sua stagione che la Torres sembra aver fin qui avuto maggiori difficoltà. Questo è un campionato difficile e livellato, ma proprio perché livellato poteva essere, e può essere, alla portata di una squadra come la Torres. Solo che servono una cattiveria e una fame diversa, a partire dai dettagli tra campo e panchina.
Roberto Pinna
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