La Calabria resta un garbuglio in mezzo a numeri che modificano continuamente l’orizzonte degli eventi. E così, nel Sud del Sud dell’Italia, i colori della nuova alba sfumano in mezzo a scie sempre più livide. La Calabria accusa il ritardo maggiore nel lavoro rispetto alle altre sorelle del Sud. L’elaborazione del Centro studi “Tagliacarne” consente di stimare il dato complessivo della macroarea meridionale che si ferma a un tasso di occupazione del 47,9% contro il 61,9% del Paese.
Secondo l’Istituto di statistica di Stato, la Calabria presenta il ritardo più rispetto alle altre aree dell’Italia. Qui, il tasso di occupazione è fermo al 44,3%. Ciò significa che meno della metà della popolazione attiva ha un lavoro regolare. Nessuno fa peggio nel resto del paese. La Campania col 45% e la Sicilia, con il 45,9%, precedono la Calabria in fondo alla classifica nazionale. Il Mezzogiorno è meno triste in Puglia (51,4%), Basilicata, 55,4%, e Sardegna, 57,1%. Le altre macroaree del Paese godono, invece, di splendida salute. Il Nord-Ovest fa registrare un tasso di occupazione del 68,8%, ancora meglio il Nord-Est, che esprime un valore pari al 70,3%.
L’Italia è spezzata in due, uno squarcio che s’allarga se i riflettori si accendono sull’universo femminile. I numeri accendono i riflettori sulle differenze di genere che restano marcate. Nel Mezzogiorno, la qualità della vita delle donne resta inchiodata a verdetti statistici impietosi. Tra le regioni con il dato più modesto, si registra una staffetta in coda alla graduatoria nazionale con la Campania che scivola sull’ultimo gradino con il 32,3% di donne occupate e la Calabria che fa un pelino meglio con il 32,6%. Ma la storia non cambia rispetto alle rilevazioni dello scorso anno (con il tasso che peggiora nei primi sei mesi del 2024 visto che nel 2023 era al 35,2%): solo una donna su tre riesce a trovare un varco nel lavoro.
Anche l’ex presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, aveva sottolineato, in un’intervista alla Gazzetta, come «al Sud abbiamo creduto che bastava lasciare le donne a casa e far fare loro figli per stare a posto. Oggi sappiamo che questo non era vero, anzi è stato un grave errore. Il tasso di fecondità delle donne è più alto laddove c’è un tasso di occupazione femminile più elevato. Ma per avere più figli servono i servizi oltre al lavoro con politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia».
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