Kevin Arduini approda sulle scene difficili del Teatro Verdi di Sassari, dove da più di 100 anni la lirica ne è rigida ed imperante regina. Uno spettacolo difficile possiamo dire, forse mai stato realizzato prima d’ora sulla divina. L’indomito Kevin Arduini riesce a coinvolgere un pubblico di tutte le età dando allo spettacolo una furba e iniziale veste fiabesca: il pubblico si riconosce immediatamente nei colori sfavillanti dei costumi surreali, nella dolcezza sognante della protagonista, (limpida eroina), nelle tinte di un mare, ove come l’eco del canto delle sirene, riemerge la voce e l’anima della Callas, dopo che le sue ceneri spariscono fluttuante nell’ oscuro Mar Egeo.
I vibranti canti delle Streghe del Macbeth, capolavoro di Giuseppe Verdi, che l’astuto regista sceglie per la scena della resurrezione della divina, si sposano perfettamente alla carismatica e flessuosa danzatrice che quasi come in una remota interpretazione di Callas nella Lady Macbeth, emerge dall’oscurità della sua stessa anima in pena, riflettendosi in una nuova e sfuggente luce flebile di se stessa. È qui che evidente e pulsante appare il genio di Arduini: il pubblico è in trappola, tratto dall’inganno di una scorrevole e cristallina semplicità iniziale, scivola inarrestabile nel limbo tra un inferno e paradiso senza nemmeno accorgersene. Questo accade per via di una narrazione veloce e snella, che quasi incanta, mentre indisturbato e mimetizzato nel bello, cresce il tormento di un animo inquieto come quello della grande Callas. Pian piano cresce a dismisura fino ad attanagliare il respiro. Arduini presenta una Callas florida e genuina che da un altro lato è invece quasi divorata dalla pazzia di una vita difficile oltre lustrini e riflettori. Memorabile la distruzione dell’immagine di una sedia traballante nel momento di chiusura del primo atto, dove quasi distrugge uno specchio, che fino a poco prima aveva invece avuto ruolo fondamentale di rinforzo per l’immagine di una invincibile donna di spettacolo, sopra ogni cosa.
Le luci sono bellissime, gli attori maturi al punto giusto nonostante la giovane età. Interessante la trovata di un Onassis così giovane e bello che invece nel momento della morte del secondo atto, riesce a dare una drammaticità e anzianità quasi cinematografica al ruolo. Delicata e misurata la figura di mamma Evangelia, che con avvincente intenzione riesce a misurare un’interpretazione che crea distacco e complessa indeformabilità in un nucleo familiare ombroso, appesantito da una guerra da un potere tale da far ogni cosa vacillare: il rapporto figlia-mamma in primis.
Tutti i personaggi dello spettacolo, da Pasolini (edificatore di attimi di poesia pura) interpretato da un attore che sembra abitato da un frammento d’anima di Carmelo Bene, alle interpretazioni impeccabili dell’estatico pianista, e del dionisiaco Onassis, quasi attraverso un perpetuo “stadio dello specchio”, l’artista, nel riflesso più profondo di questo, si riconosce, trova la sua parte migliore e senza filtri la sottopone generosamente al pubblico. Bagliori di luci di rara anima, verità incredibili arrivano da questo geniale spettacolo, sicuramente all’avanguardia, soprattutto per un pubblico così abituato all’opera lirica, intesa nella sua più tradizionale essenza. Non poche le critiche raccolte da Arduini buone o meno, che fanno sicuramente di questa “Maria Callas” uno spettacolo unico, che divide il pubblico e fa parlare ancora notevolmente a distanza di due settimane dalla messa in scena al Teatro Verdi di Sassari. Arduini sorride a fine spettacolo, lo sguardo accattivante, sembra nascondere la follia di un’artista dalla brillante mente diabolica.
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