L’Italia si conferma al terzo posto tra i Paesi OCSE per pressione fiscale, con un livello del 42,8% nel 2023, ben al di sopra della media OCSE del 33,9%. Nonostante una situazione stabile rispetto al 2022, il dato evidenzia il forte carico tributario che grava sui contribuenti italiani, superato solo da Francia (43,8%) e Danimarca (43,4%). L’analisi mostra come la pressione fiscale resti un tema cruciale per la competitività economica e il benessere della popolazione, anche alla luce delle sfide legate al cambiamento climatico e all’invecchiamento demografico. Vediamo nel dettaglio i dati, la classifica e le implicazioni per l’economia italiana.
L’Italia, con una pressione fiscale del 42,8%, si colloca al terzo posto tra i Paesi OCSE per il rapporto tra entrate fiscali e PIL. Questo valore, stabile rispetto all’anno precedente, è nettamente superiore alla media OCSE del 33,9%, riflettendo il peso considerevole delle imposte su cittadini e imprese.
Con una classifica guidata da Francia e Danimarca, il dato italiano solleva interrogativi sulle politiche fiscali e il loro impatto sulla crescita economica e sull’equità sociale. Analizziamo i dettagli e le implicazioni di questo posizionamento.
La classifica della pressione fiscale: l’Italia al terzo posto
Francia e Danimarca al vertice
- Francia: prima in classifica con una pressione fiscale del 43,8%.
- Danimarca: seconda con il 43,4%.
Italia: un carico pesante
Con il 42,8%, l’Italia si colloca sul podio, seguita da:
- Austria: 42,7%.
- Belgio: 42,6%.
- Finlandia: 42,4%.
Tra i Paesi OCSE, la pressione fiscale più bassa si registra in:
- Messico: 17,7%.
- Cile: 20,6%.
Le ragioni dietro la pressione fiscale italiana
Entrate fiscali e spesa pubblica
Il dato italiano riflette una combinazione di:
- Elevate imposte dirette e indirette, incluse IRPEF, IVA e accise.
- Contributi previdenziali significativi, dovuti alle esigenze di un sistema pensionistico complesso.
- Elevata spesa pubblica, legata a settori come sanità , previdenza e istruzione.
Stabilità , ma senza miglioramenti
Nonostante il dato del 42,8% sia rimasto stabile rispetto al 2022, l’Italia si distingue per:
- Mancata riduzione della pressione fiscale, a differenza di altri Paesi OCSE.
- Maggiore difficoltà nell’alleggerire il carico tributario nonostante le richieste di cittadini e imprese.
Confronto con la media OCSE e le sfide globali
Media OCSE: 33,9%
La pressione fiscale media dei Paesi OCSE è rimasta stabile al 33,9%, ma:
- Alcuni Paesi hanno registrato aumenti significativi, come il Lussemburgo (+2,7 punti).
- Altri, come il Cile, hanno visto un calo netto (-3,2 punti).
Sfide comuni
A livello globale, le principali sfide fiscali includono:
- Costi legati al cambiamento climatico, che richiedono maggiori investimenti pubblici.
- Invecchiamento della popolazione, con conseguenti aumenti della spesa previdenziale e sanitaria.
Implicazioni per l’economia italiana
Competitività e investimenti
Un livello così elevato di pressione fiscale può:
- Ridurre la competitività delle imprese italiane rispetto a quelle di Paesi con carichi tributari più leggeri.
- Frenare gli investimenti, sia nazionali che esteri.
Impatti sui cittadini
Per i cittadini, un’elevata pressione fiscale significa:
- Minor potere d’acquisto.
- Maggiore difficoltà nel risparmio e negli investimenti privati.
Possibili soluzioni per ridurre il peso fiscale
Riforme strutturali
Per migliorare la situazione, l’Italia potrebbe adottare misure come:
- Semplificazione del sistema fiscale, riducendo aliquote e adempimenti burocratici.
- Contrasto all’evasione fiscale, aumentando la base imponibile.
- Taglio della spesa inefficiente, per ridurre la necessità di entrate elevate.
Incentivi alla crescita
Promuovere incentivi per imprese e lavoratori potrebbe generare maggiore PIL e, di conseguenza, aumentare le entrate senza dover alzare le tasse.
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