Sanzione disciplinare decisa dall’organo di autogoverno della magistratura, che invece esclude le altre imputazioni. Nel penale c’erano state due assoluzioni
Condannato per i verbali di Amara consegnati informalmente al membro Csm Davigo per smuovere l’impasse sulla Loggia Ungheria, assolto invece dall’accusa di essere stato scorretto verso i capi e di aver rallentato indagini per non farsi scoprire. Il pm milanese Paolo Storari è stato condannato dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura alla sanzione della «censura» (la seconda di sei possibili su una scala di progressiva gravità) per avere consegnato a inizio aprile 2020 all’allora consigliere del Csm e presidente di sezione della Cassazione, l’ex pm di Mani pulite Piercamillo Davigo, la copia in formato Word dei segreti verbali di interrogatorio che l’ex avvocato dei processi ambientali Eni, Piero Amara, il 6, 14, 15 e 16 dicembre 2019 e l’11 gennaio 2020 aveva reso alla procuratrice aggiunta Laura Pedio e allo stesso Storari sull’asserita esistenza di una associazione massonica denominata «Loggia Ungheria».
Storari in questi anni si era difeso sostenendo nelle varie sedi di aver agito così (rassicurato in ciò da Davigo sul piano della fattibilità formale esclusa invece ieri dal Csm) per superare l’asserito attendismo del procuratore Francesco Greco e di Pedio nell’indagare per distinguere in fretta tra verità e calunnie di Amara: attendismo motivato (secondo Storari) dal timore dei vertici della Procura che le verifiche erodessero la credibilità di Amara in altre sue dichiarazioni, invece valorizzate contro Eni (assieme a quelle del coindagato Vincenzo Armanna) nel processo Eni-Nigeria del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, penalmente condannato due mesi fa a Brescia in primo grado a 8 mesi per non aver depositato alle difese nel gennaio-marzo 2021 alcune prove della inattendibilità di Armanna scoperte e indicate vanamente da Storari ai colleghi.
La differenza tra disciplinare e penale
Nell’agosto 2021 l’allora procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, aveva chiesto al Csm il trasferimento cautelare d’urgenza di Storari, ma la sezione disciplinare dell’allora Csm (in composizione diversa dall’attuale) aveva rigettato la richiesta. Poi sul piano penale Storari a Brescia è stato assolto sia in Tribunale nel marzo 2022 sia in Appello nel novembre 2022 con sentenza divenuta definitiva perché non impugnata dall’accusa. Davigo, invece, è stato sinora condannato a Brescia per rivelazione di segreto (in primo grado nel giugno 2023 e in secondo grado nel marzo 2024) per aver poi a insaputa di Storari accennato o in alcuni casi mostrato in quella primavera 2020 il contenuto degli interrogatori di Amara ai vertici e a numerosi consiglieri del Csm (nessuno dei quali lo denunciò, alcuni dei quali come il vicepresidente Ermini gettò le carte nel cestino), oltre che (cosa invece negata da Davigo) all’allora presidente grillino della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra: Davigo avrà il giudizio in Cassazione il 4 dicembre, mentre non ha mai avuto un procedimento disciplinare al Csm perché nel frattempo è andato in pensione per raggiunti limiti di età.
La lesione dei terzi
In attesa della motivazione si comprende comunque che Storari, sotto il profilo dell’illecito disciplinare, è stato condannato per aver leso la riservatezza della sessantina di alti burocrati-militari-politici indicata da Amara come aderenti alla Loggia, dando a Davigo copie informali dei verbali di Amara non sottoscritte e dunque inidonee a una trasmissione ufficiale a qualunque organo istituzionale (che sarebbe invece dovuta avvenire tramite il procuratore generale in plico chiuso al Comitato di presidenza Csm). Del resto, anche l’accoglimento della tesi di Storari, circa la buona ragione del proprio comportamento a fronte del preteso muro di gomma dei suoi colleghi, avrebbe legittimato in sede disciplinare al Csm un precedente discutibile per il futuro, perché avrebbe potuto dare la stura alla circolazione incontrollata di materiali di indagine da parte di pm in dissenso con le gestioni dell’ufficio.
Le (non) indagini su Loggia Ungheria
Il pm milanese è invece stato assolto dalla sezione disciplinare del Csm dalle altre due imputazioni. Una era quella di essere stato «gravemente scorretto» verso Greco e Pedio, rappresentandoli a Davigo come inerti su Loggia Ungheria, «pur essendo a conoscenza» delle indagini invece in corso secondo Greco e Pedio, e «pur avendo omesso di formalizzare il proprio dissenso» sulla gestione delle indagini. Su questo tema Storari si è difeso soffermandosi su ciascuno degli atti di indagine su Loggia Ungheria rivendicati dagli ex vertici della Procura milanese, per argomentare al Csm che «tutte non avevano nulla a che fare con le indagini su Loggia Ungheria», e che ad esempio alcuni degli accertamenti ricollegati al fascicolo su Loggia Ungheria fossero stati affidati al Nucleo Pef della Guardia di Finanza, circostanza che per definizione contrasta con il fatto che Pedio abbia in altre sedi rimarcato come la Procura di Milano avesse escluso per ragioni di opportunità appunto il Nucleo Pef della GdF dall’inchiesta su Loggia Ungheria.
Pedio e l’accusa di aver protetto se stesso
L’altra imputazione disciplinare ruotava attorno ai verbali senza firma di Amara (anonimi ma veri) che un giornalista del «Fatto quotidiano», Antonio Massari, ricevette in redazione a Roma in forma anonima in una busta lasciata nell’ottobre 2020 da una donna (tuttora non identificata dalle indagini della Procura di Roma sulla sinora assolta segretaria di Davigo al Csm, Marcella Contraffatto), e che il 2 e 11 novembre 2020 il giornalista portò in Procura a Milano. La Procura generale della Cassazione, sulla base delle relazioni firmate da Greco e Pedio, accusava Storari di aver mancato gravemente ai doveri di correttezza ed imparzialità «omettendo di astenersi» dal procedimento, «pur avendo un conflitto di interesse per essere colui che nell’aprile 2020 aveva consegnato quei verbali a Davigo». Storari si era difeso sostenendo di non aver ricollegato quei verbali a quelli che aveva mesi prima dato a Davigo, perché in quel momento nessuno avrebbe potuto immaginare la condotta di Davigo (membro Csm, presidente di sezione della Cassazione, ex presidente dell’Anm) successiva alla consegna dei verbali.
L’argomentazione di Storari era tuttavia parsa messa in crisi quando Pedio, a sostegno dell’accusa a Storari di aver nel novembre 2020 sostanzialmente indagato su stesso per nascondere di essere stato nell’aprile 2020 all’origine della fuoriuscita degli interrogatori di Amara consegnati a Davigo, aveva affermato che Storari avesse occultato le copie degli interrogatori di Amara portate in Procura l’11 novembre 2020 dal giornalista del Fatto, carte che Pedio aggiungeva di aver recuperato solo a bubbone ormai esploso la mattina del 7 aprile 2021. Anche qui in attesa della motivazione del Csm, è però immaginabile che l’odierna assoluzione sia dipesa anche dal fatto che Storari, prima recuperando i verbali con gli orari dell’udienza nella quale si trovata quella mattina nella sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, e poi sulla scorta di una annotazione della GdF trovata altrove, abbia potuto dimostrare che «la mattina del 7 aprile 2021 non ero in possesso» dei verbali di Amara portati da Massari l’11 novembre 2020 «per la banale ragione che erano sin da prima di quel giorno nella disponibilità della dottoressa Pedio, e in particolare dal gennaio 2021, quando dopo la sua richiesta a mezzo whatsapp io glieli avevo recapitati. Ed è certo, sulla base della annotazione della Guardia di Finanza fortunatamente ora agli atti, che Pedio la mattina del 7 aprile abbia rivenuto tra le carte del suo ufficio i verbali portati da Massari l’11 novembre 2020, consegnandoli subito dopo ai finanzieri presenti nella sua stanza».
Le relazioni di Greco e Pedio prospettavano anche che Storari avesse finto di indagare ma poi non avesse fatto niente per scoprire chi avesse recapitato in forma anonima gli interrogatori al giornalista, Storari ha documentato al Csm di aver acquisito le celle telefoniche che «coprono» le redazione romana, preso le telecamere nei paraggi che mostravano una donna andare via su una auto bianca, chiesto all’Aci se esistesse un incrocio possibile tra i dati dei tabulati telefonici e delle telecamere con tutte le targhe di auto bianche immatricolate a Roma.
Inoltre Storari, sempre ad avviso di Pedio, aveva ritardato le indagini anche conferendo al consulente Maurizio Bedarida solo l’8 marzo 2021 la consulenza sui verbali di Amara portati l’11 novembre 2020 da Massari, benché Pedio gli avesse sollecitato nel gennaio 2021 la necessità di dare l’incarico. Ma Storari ha depositato sia una mail in cui Bedarida dava atto che Storari gli avesse consegnato già il 4 dicembre 2020 le carte da periziare, da Bedarida esaminate solo dopo l’8 marzo 2021 a causa di propri problemi di salute Covid che gli avevano creato un grosso arretrato; sia una mail dell’8 agosto 2021 di Bedarida a Pedio, a riprova che Pedio sapesse che Storari aveva dato il materiale a Bedarida già nel dicembre 2020.
lferrarella@corriere.it
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