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Condòmino caduto in una buca nel cortile del condominio #finsubito prestito immediato


Il Tribunale di Torre Annunziata, con la sentenza numero 2001 del 6 luglio 2024, ha precisato che la richiesta di risarcimento per il danno subito da un condòmino che è caduto in una buca nel cortile del condominio non rientra nel campo di applicazione del decreto legislativo numero 28/2010. In tal caso, infatti, la domanda di risarcimento riguarda non tanto la materia condominiale, quanto piuttosto la violazione del dovere di custodia previsto dall’articolo 2051 del codice civile.

Di conseguenza, non è necessaria la mediazione obbligatoria per procedere con la richiesta di risarcimento.

Inoltre, il danneggiato non è tenuto a seguire la procedura di negoziazione assistita, poiché, secondo il giudice campano, “la controversia relativa ai danni da buca non è una causa di risarcimento legata alla circolazione di veicoli, in quanto l’insidia stradale è connessa alla circolazione solo attraverso un nesso di occasionalità e non di causalità diretta” (Cass. civ. n. 14564/2002).

La decisione del Tribunale

Il giudice di Torre Annunziata ha chiarito il corretto inquadramento della questione e ha ritenuto di respingere la richiesta di risarcimento per i danni fisici presentata da un condòmino che era caduto in una buca nel cortile condominiale, dove era presente un paletto di ferro reciso fino al livello del pavimento, presumibilmente non visibile a causa di detriti e rifiuti nelle vicinanze.

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Dall’istruttoria, condotta dopo la regolare costituzione in giudizio sia dell’ente di gestione che della compagnia assicurativa per la responsabilità civile, è emersa una grave carenza probatoria da parte dell’attore.

Ed invero, affinché si possa configurare la violazione dell’onere previsto dall’articolo 2051 del codice civile a carico del condominio, e quindi la responsabilità oggettiva dell’ente di gestione, il richiedente deve dimostrare l’effettivo verificarsi dell’evento dannoso e il nesso di causalità diretto tra il danno e l’oggetto di custodia. A differenza di quanto previsto dall’articolo 2043 del codice civile, in questo caso non ha rilevanza la condotta del custode.

In questa situazione, il convenuto ha l’onere di dimostrare con precisione l’esimente del caso fortuito, inteso in senso ampio come qualsiasi fattore estraneo al proprio controllo che possa interrompere il nesso causale, inclusi i fatti di terzi o il concorso di colpa del danneggiato stesso (Corte di cassazione, n. 1106/2011; Corte di cassazione, n. 20943/2022).

Il concorso colposo del danneggiato

In questo contesto, risulta particolarmente importante la consapevolezza da parte del danneggiato della potenziale situazione di pericolo, che può manifestarsi, ad esempio, quando la persona che riporta il sinistro vive nelle vicinanze del luogo in cui è avvenuto.

Sebbene tale circostanza non costituisca una vera e propria presunzione di conoscenza, rappresenta comunque un elemento che il giudice deve considerare attentamente nel bilanciamento delle esigenze di prevenzione e cautela, che sono fondamentali per ogni valutazione riguardante la responsabilità per le cose in custodia (Corte di Cassazione, numero 9437/2022).

La conoscenza dei luoghi di causa

Nel caso specifico, il Tribunale ha ritenuto che la particolare familiarità dell’attore, residente nello stabile, con i luoghi in questione avrebbe dovuto spingerlo a esercitare una maggiore diligenza per evitare ogni possibile pericolo. Inoltre, è emersa un’ulteriore circostanza, confermata da testimonianze concordi, secondo cui l’intera area era adeguatamente illuminata dai lampioni situati sulla strada pubblica adiacente.

Pertanto, non è possibile identificare l’ipotesi di insidia o trabocchetto, ovvero una situazione di pericolo oggettivamente imprevedibile e soggettivamente non percepibile, che avrebbe potuto esonerare l’attore dalla corresponsabilità. Al contrario, essendo ben consapevole dei luoghi, l’attore avrebbe probabilmente potuto evitare la caduta semplicemente camminando più lentamente o seguendo un percorso diverso.

Di conseguenza, la domanda è stata respinta, il risarcimento negato e l’istante condannato a rimborsare le spese legali a favore di entrambi i convenuti.

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