Ultimo atto del processo per la tragedia dell’hotel di Farindola che il 18 gennaio 2017 fu travolto da una valanga: morirono in 29, 11 i superstiti. I giudici devono decidere se confermare le 8 condanne e 22 assoluzioni decise in Appello o se riaprire il percorso giudiziario. Il Pg chiede un nuovo processo per l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, condannato a 1 anno e 8 mesi, l’annullamento di 6 assoluzioni di rappresentanti dell’autorità regionale di protezione civile dell’Abruzzo, la conferma di 5 condanne
Nella vicenda Rigopiano “la giustizia è il tasto dolente”. A dirlo è il 36enne Marco Foresta, figlio di Tobia Foresta e Bianca Iudicone, due delle 29 vittime della tragedia del resort di Farindola (Pescara) travolto da una valanga il 18 gennaio 2017. Oggi, 27 novembre, è iniziato l’ultimo atto del processo: la Cassazione deciderà se confermare le 8 condanne e le 22 assoluzioni decise in Appello, chiudendo così il processo, o se riaprire il percorso giudiziario. La sentenza è attesa tra giovedì sera e venerdì mattina. L’11 luglio 2024 la Procura Generale presso la Corte d’Appello de L’Aquila ha depositato il ricorso in Cassazione chiedendo di rivedere le parti della sentenza che hanno portato all’assoluzione degli imputati, specialmente per quello che riguarda le ipotesi della prevedibilità del rischio e della prevenzione della tragedia.
La Cassazione
I giudici della Cassazione sono chiamati a decidere sui vari ricorsi presentati a seguito della sentenza dello scorso febbraio in Corte d’Appello a L’Aquila. Nell’udienza di stamattina, 27 novembre, c’è stata la lunga relazione della Procura Generale, poi le parti civili. Nell’udienza di domani, 28 novembre, parola alle difese. La sentenza dovrebbe arrivare tra giovedì sera e venerdì mattina. Si punta da una parte a reinserire il reato di disastro; dall’altra, in particolare per quanto riguarda la posizione dell’ex prefetto Francesco Provolo, a far cadere i presupposti per le condanne di primo e secondo grado.
I familiari delle vittime
In piazza Cavour a Roma, di fronte alla Sesta sezione penale della Cassazione, si sono dati appuntamento oggi diversi familiari delle vittime. “Non abbiamo molte aspettative. Dopo le tante delusioni ci auguriamo che almeno saranno confermate le poche condanne emesse fin qui, se non qualcosa in più. La nostra è una speranza, ma qualsiasi cosa dovesse succedere la prenderemo così come viene. Di certo non possiamo pensare che, come qualcuno si augura, la sentenza venga ribaltata al contrario, ossia con le assoluzioni dei condannati finora. Fino a oggi sono state comminate soltanto il 10% delle condanne richieste”. A dirlo è stato Marcello Martella, papà di della 24enne Cecilia, che è morta mentre lavorava nella spa della struttura.
La sentenza d’Appello
Il 14 febbraio 2024 la Corte d’Appello de L’Aquila ha in parte riformato il verdetto di primo grado condannando l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo e il suo capo di gabinetto Leonardo Bianco – assolti un anno prima e poi accusati di falso e omissione con una pena rispettivamente di 1 anno e 8 mesi e di 1 anno e 4 mesi – e il tecnico del comune di Farindola Luigi Colangeli, nei confronti del quale i giudici hanno disposto una pena di 2 anni e 8 mesi. Confermate, invece, 22 assoluzioni e le 5 condanne inflitte in primo grado. Provolo è stato però assolto, come già avvenuto in primo grado, dai reati più gravi di omicidio plurimo, disastro e lesioni. Per Colangeli, che era stato assolto in primo grado, la Procura pescarese aveva chiesto 11 anni e 4 mesi: era implicato in quanto figura che si occupava dei permessi edilizi di ampliamento del resort, in un luogo non idoneo a realizzare un hotel visto che si trovava in un punto storicamente interessato da valanghe. I 2 anni e 8 mesi inflitti dalla Corte sono la stessa pena che in primo grado era stata comminata al sindaco Ilario Lacchetta e confermata il 14 febbraio 2024. Confermate anche le condanne a 3 anni e 4 mesi per i dirigenti della provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Mauro di Blasio. La Corte d’Appello quindi ha individuato gli amministratori locali, che hanno dato i permessi di costruzione dell’albergo, e il sindaco, che doveva impedire l’ascesa dei turisti – e anzi doveva sgomberare il resort -, come i principali responsabili delle 29 morti, insieme ai dirigenti della provincia addetti alla viabilità e alla gestione dei mezzi di soccorso, stabilendo che la tragedia è principalmente una fatto legato alla gestione del territorio in quel frangente, escludendo ogni responsabilità sulla mancata realizzazione da parte della Regione della Carta Valanghe o la scossa di terremoto che ci fu quella mattina. Ne sono così usciti l’ex presidente della Provincia Antonio Di Marco, per non aver commesso nessuno degli addebiti, e tutti i dirigenti regionali.
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La rabbia dei familiari delle vittime
Una sentenza, quella d’Appello, che aveva scatenato la rabbia dei familiari delle vittime secondo cui “non è stata resa giustizia”. “Tutte le allerte valanga sono state ignorate. Con questa sentenza muore la prevenzione in Italia. Che la facciamo a fare?”, ha detto Egidio Bonifazi, padre di Emanuele, 31enne addetto alla reception dell’hotel Rigopiano. “Ho provato molta confusione. Non hanno reso giustizia. Sono molto amareggiato perché non sono stati puniti i maggiori responsabili”. “Ci aspettavamo di più, sicuramente la condanna della Regione e della Provincia”, ha detto invece Alessio Feniello, al quale venne detto che il figlio era tra i sopravvissuti salvo poi dover riconoscere che era stato fatto un errore.
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“Una lotta contro i mulini a vento, non cambierà niente”
“Dopo otto anni dalla tragedia io non sento che sia stata fatta giustizia, nella maniera più assoluta, e sono convinto che il 27 novembre in Cassazione non cambierà nulla: non credo che lo Stato possa condannare lo Stato”, ha detto Marco Foresta qualche giorno fa intervenendo al cinema teatro Massimo di Pescara per la presentazione della docuserie Sky Original E poi il silenzio. Il disastro di Rigopiano – La serie con Pablo Trincia, autore anche dell’omonimo podcast dedicato. “La nostra – ha aggiunto Foresta – è stata una lotta contro i mulini a vento. Penso che l’idea di giustizia sia stata quella di far sapere ciò che realmente è accaduto e ciò che realmente noi abbiamo passato”. “Non so cosa aspettarmi: se confermeranno ciò che è stato fatto finora, secondo me, non c’è stata giustizia verso i familiari e le vittime”, ha detto anche Giampaolo Matrone, sopravvissuto alla tragedia. “Se invece verrà ribaltata la sentenza di secondo grado si ricomincia, ma sicuramente sarà un processo lungo e andrà in prescrizione” e questa “è la nota più dolente che mi rimbomba dentro la testa”.
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