Operazione antidroga tra Fondi e Latina: sedici le persone finite agli arresti nella maxi indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma
L’antipasto dell’indagine che stamani, 26 novembre, ha portato a eseguire sedici arresti, era stata la cosiddetta operazione “Jars”. In quell’operazione, eseguita dai Carabinieri ad aprile scorso, emergeva la guerra per lo spaccio, condita da minacce, armi e attentati incendiari tra il gruppo guidato dalla coppia Alessio Ferri (legato ad Aldo Trani, cognato dei fratelli Tripodo) e Andrea Pannone (un tempo collocato nel clan Zizzo) e il sodalizio, colpito invece stamani, capeggiato dal sempiterno delle cronache giudiziarie Jhonny Lauretti detto “Zezze” o “Pazzo” e Massimiliano Del Vecchio, personaggio anche lui noto alle cronache giudiziarie, forte di legami anche con personaggi di peso criminale nel nord della provincia e oltre. Talmente noto Lauretti che proprio oggi, 26 novembre, avrebbe dovuto essere giudicato presso il Tribunale di Latina davanti al II collegio per una gambizzazione commessa a Itri insieme a Giovanni Masella
Da questa guerra tra sodalizi, la DDA di Roma, con il sostituto procuratore Luigia Spinelli e i sostituti della Procura di Latina, Martina Taglione e Valerio De Luca, e in ultima battuta Valentina Giammaria, hanno estrapolato, coordinando le indagini di Carabinieri e Polizia, uno spaccato che, sopratutto, tra Fondi e Latina, denota brama per il controllo del territorio attraverso lo spaccio, le estorsioni e l’uso delle armi.
Senza contare che lo scenario era stato anticipato il 23 dicembre 2021 quando Carabinieri e Polizia arrestarono un gruppo eteregoneo di fondani e latinensi, tutti più o meno con precedenti di polizia. La Corte d’Appello ha confermato e condannato a pene persino più alte i sette uomini che tre anni fa furono arrestati a Fondi con un carico rilevante di droga. Gli imputati, così come nel primo grado, sono stati riconosciuti colpevoli di detenere la droga, ma per il carico di armi. Per la magistratura, in merito a questa circostanza, il fatto non costituisce reato. Ad ogni modo la pena più pesante è stata per Alessandro Artusa, 60enne di Latina, nato in Sicilia, che ha subito una condanna a 8 anni e 7 mesi, più una multa da 14mila euro.
Il giorno dell’Epifania 2022, finì in carcere anche il fratello di uno degli arrestati, il pregiudicato Massimiliano Del Vecchio, volto noto negli ambienti del crimine pontino, che è risultato essere l’uomo che viveva ai domiciliari nella villa di Frosinone, dal 21 dicembre 2021, dove secondo quanto ricostruito dagli investigatori, nel cortile erano parcheggiate le quattro autovetture ed il furgone utilizzati dai sette condannati, tra cui Artusa e il fratello di Del Vecchio, per il trasporto dal capoluogo ciociaro a Fondi dello stupefacente e delle armi: 60 chili di hashish e 15 chili di marijuana. Nel doppio fondo del furgone furono invece rinvenute 2 pistole, una mitraglietta e 3 fucili con centinaia di munizioni di vario calibro, 15 chili di plastico, 14 detonatori e due bombe a mano.
Ecco chi sono i nomi degli arrestati secondo quanto disposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Andrea Fanelli: i fratelli Massimiliano Del Vecchio e Gianluca Del Vecchio, Johnny Lauretti, Luigi Buonocore, Alessandro Artusa, Roberto Ciarelli, Onorato Rotunno, Alberto Di Vito, Giovanni Masella, Daniel De Ninno, Mariateresa Alecci (compagna di Lauretti), Adolfo Bortone, Claudio Pinto, Paolo Manna e Salvatore Di Manno. Ai domiciliari Luciano Zizzo. Nomi noti, e non può non essere notato che tra di loro c’è oltreché al latinense Artusa, anche il concittadino Roberto Ciarelli, figlio 28enne del boss Ferdinando “Furt” Ciarelli, coinvolto con il 60enne nell’operazione “I Pubblicani”: anche in quel caso uno spaccato di droga e pestaggi per cui i due hanno rimediato condanne. Per Artusa in primo grado, per Ciarelli in via definitiva. Sono loro due, secondo l’accusa, ad aver esportato il sodalizio fondano nella città di Latina, il capoluogo che dal punto di vista criminale, dopo gli arresti che hanno fiaccato i due clan Di Silvio, i Ciarelli e i Travali, aveva grande spazio e vantaggiosissima domanda per quanto riguarda la richiesta di droga.
Sono 51 in tutto gli indagati tra cui anche il latinense Ferdinando “Gianni” Di Silvo, fratello di Armando Di Silvio detto “Lallà”, condannato in via definitiva per associazione mafiosa. Indagati anche Luca Caporiccio detto “Americano”, Piero Casasanta, Alexandra Costantin Luna, Errico e Marco Di Silvio, Domenico e Francesco De Rosa, Pietro Finocchiaro detto “Il Roscio”, Daniel Vinci, Simone Venerucci, Daniel De Ninno, Giuseppe Purita (condannato tre anni fa perché sorpreso su un camion che trasportava 22 chili di droga) e il pluripregiudicato di Latina Scalo, Gianfranco Mastracci. Le piazze di spaccio controllate erano a Fondi, Latina, Terracina e persino a Nettuno
Nelle carte dell’inchiesta rientrano anche due ex affiliati che iniziano a parlare con gli inquirenti, entrambi provenienti dall’area fondana: Salvatore Iannicelli e Alessandro Simonelli.
Episodi culmine della guerra per il predominio dello spaccio, sono solo la serie di attentati tra bombe e incendi contro auto di personaggi più o meno noti alle forze dell’ordine che atterrirono la città di Fondi nella primavera del 2021. Tutti gli attentati che vanno da marzo a luglio 2021 sono indirizzati ad auto e abitazioni riconducibili al gruppi Ferri-Pannone e, di meno, ai rivali Lauretti-Del Vecchio: in un caso ad andarci di mezzo è il fondano “Nonno Jack”, al secolo Tommaso Rotunno; e a seguire attentati diretti o indiretti a Guido Quadrino, Roberto Cellone alias “Cellone”, Francesco Paolo Petrillo, Armando Ciccone, Alberto Di Vito. “Le esplosioni – spiega il collaboratore Simonelli – sono avvenute sempre in luoghi dove c’era attività di spaccio per conto di Ferri e Simeone e quindi avevano un valore simbolico. So che vi sono state stati ulteriori attentati rispetto a quelli emersi e denunciati”.
Al di là degli episodi su Fondi e sulla droga venduta anche fino ai Di Silvio della Ciociaria, emergono anche le intimidazioni su Latina. In uno dei capi di imputazione, Massimiliano Del Vecchio, Alesandro Artusa e Roberto Ciarelli sono accusati di violenza privata poiché, a maggio 2021, avrebbero minacciato Daniele Lelli e Stefano Barroccu, entrambi ritenuti pusher per conto del latinense Gianni Izzo.
Secondo gli inquirenti, i tre convocarono con urgenza Lelli e Barroccu presso un capannone nella disponibilità di Gianfranco Mastracci, per poi minacciarli con una pistola. Dovevano riferire a Gianni Izzo di interrompere l’attività di distribuzione della sostanza stupefacente nella cosiddetta zona Pub a Latina. Per Roberto Ciarelli, Alessandra Artusa e Massimiliano Del Vecchio quella era una loro zona di interesse, tanto da costringere i due giovani pusher a riferire tale messaggio e ad assicurare loro la esclusiva gestione della predetta piazza di spaccio.
L’alleanza tra i tre e Gianfranco Mastracci non durò a lungo. Quest’ultimo, noto pregiudicato di Latina Scalo, arrivò a contrarre un debito di droga con Massimiliano Del Vecchio da 48mila euro. Prima ancora, tra lui e Artusa emersero divergenze nella gestione degli affari illeciti, in particolare nell’acquisto e nello smercio della droga.
Ma era il debito con Delvecchio a preoccupare Roberto Ciarelli e Alessandro Artusa, entrambi intimoriti dallo spessore criminale del fondano. Ad essere preoccupato, di più, fu naturalmente Gianfranco Mastracci che evase dai domiciliari a Latina Scalo per rifugiarsi ad Aprilia, proprio perché timoroso di qualche atto di ritorsione.
Alla fine, proprio perché vicino a loro, Ciarelli e Artusa acquisirono da Mastracci la lista dei debitori di droga, in modo da far fronte al debito contratto con i fratelli Del Vecchio.
Fatto sta che, alla fine, Artusa con la collaborazione di un altro pregiudicato, Mario Zappone detto “Malavita”, avrebbe deciso di far fuori Mastracci, con una pistola rimediata da un gommista di Latina. L’attentato a Mastracci era ormai cosa decisa tant’è che Roberto Ciarelli, in una conversazione del 3 agosto 2021, manifestava ad Artusa una certa insoddisfazione per il comportamento di Zappone il quale, a suo dire, pur avendo anch’egli interesse ad eliminare Mastracci, non aveva messo a disposizione i propri uomini.
L’agguato ad Aprilia saltò per il tempestivo arresto dei Carabinieri che fermarono Mastracci per evasione dai domiciliari. Un arresto che, col senno di poi, ha letteralmente salvato la vita a Mastracci che a bordo della sua Smart era cercato da Artusa e Zappone, a bordo di una BMW.
Ad ogni modo i tre – Ciarelli, Artusa e Del Vecchio – furono i mandanti di una minaccia nei confronti anche del noto narcotrafficante di Latina, Maurizio De Bellis detto “Billy”, il quale, secondo la ricostruzione degli inquirenti, si vide puntare una pistola dal ventunenne Giorgio Rizzi. Il giovane, su mandato di Del Vecchio, avrebbe tentato di esplodere colpi di pistola contro De Bellis. Quest’ultimo sarebbe stato costretto a scendere a trattative con l’associazione criminale tra Latina e Fondi, nonché a cedere la gestione della piazza di spaccio del quartiere del Villaggio Trieste di Latina, sino a quel momento di sua esclusiva competenza. I colpi contro De Bellis non andarono a segno solo perché la pistola di Rizzi si sarebbe inceppata. Giorgio Rizzi, 21enne di Fondi, fu arrestato a maggio dai Carabinieri in una folle fuga: fu trovato in possesso di un’arma e una parrucca che serviva a travisarlo. A ottobre 2021, è stato condannato a 3 anni di reclusione in primo grado.
Il nuovo progetto di espansione del gruppo criminale fondano-latinense determinava tuttavia l’insorgere di un conflitto con altra componente criminale già presente nel capoluogo e capeggiata da Maurizio De Bellis, Giovanni Izzo (all’epoca dei fatti detenuto) e Salvatore Di Girolamo, l’uomo originario di Secondigliano trapiantato nel pontino.
Il conflitto veniva risolto, almeno in un primo momento, grazie all’attività di mediazione esercitata proprio da Di Giroalmo e al riconoscimento sul territorio del nuovo gruppo criminale, il quale guadagnava il controllo, in tal modo, di una delle più importanti piazze di spaccio della città, quella relativa alla cosiddetta “zona dei pub” , nella quale, dunque, veniva smerciata e venduta la sostanza stupefacente fornita dai Del Vecchio. La mediazione di Di Girolamo fu dirimente per tenere le acque calme e salvare De Bellis da futuri attenti.
Artusa e Ciarelli junior, ad ogni modo, forti degli arresti che hanno infiacchito i clan rom di Latina, avevano come obiettivo anche altre piazze di spaccio, oltreché a quella della zona Pub e Villaggio Trieste. Le mire espansioniste dell’associazione criminale sul capoluogo pontino interessavano anche la piazza di spaccio controllata dalla sorella dei fratelli Angelo e Salvatore Travali, Valentina Travali, ossia nella zona dei Palazzoni in Q4.
Nel mese di maggio 2021 veniva infatti documentato l’avvio di una trattativa con Travali, importante figura dell’omonima famiglia rom, all’epoca detenuta presso la Casa Circondariale di “Roma-Rebibbia”. Artusa le aveva proposto di acquisire la gestione della sua piazza di spaccio in ragione proprio del suo stato di detenzione e comunque dietro corresponsione di una percentuale sui ricavi dell’attività delittuosa.
Il 60enne si vantava di avere buoni rapporti con Travali, la quale gli avrebbe “regalato” una pistola al momento della sua scarcerazione. L’acquisizione della piazza di spaccio, tuttavia, procedeva a rilento perché questa sperava di ottenere gli arresti domiciliari per continuare a gestire direttamente la vendita della sostanza stupefacente e, quindi, stava prendendo tempo nel cedere i propri clienti ad Artusa. Nel frattempo però lo stesso aveva già iniziato a lavorare secondo gli accordi e riferiva di averle già inviato 100 euro.
E gli obiettivi del sodalizio Ciarelli-Artusa era anche quello rifornire di droga vari pusher rimasti senza clan. È il caso di Daniele Sicignano detto “Canarino”, condannato nel processo “Alba Pontina”, e trovatosi senza il clan di riferimento, ossia quello di Campo Boario a Latina retto da Armando Di Silvio detto “Lallà”. Altro obiettivo era rappresentato anche dal Bar Mena a Sezze in Via del Murillo, considerato storico punto di riferimento per l’acquisto di droga nell’area periferica di Latina. Per invadere il mercato di Sezze, Ciarelli-Artusa cominciarono a rifornire di droga anche Maurizio Cirilli, noto pregiudicato da anni nel campo della spaccio di droga. A capo di tutto, però, c’era il fondano Massimiliano Del Vecchio al quale il duo latinense si rivolgeva per l’approvvigionamento di droga.
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