Il pronunciamento della corte di giustizia tributaria di Verbania ha fatto riemergere da un vicolo cieco un bidello di Omegna, nel mirino di Agenzia entrate riscossione. È l’ex Equitalia, con ufficio a Fondotoce, che – stando alla sentenza – con «grave negligenza» ha costretto il contribuente a rivendicare le proprie ragioni avviando la procedura giudiziale. Il ricorso l’ha vinto, con l’assistenza di Federconsumatori e Ader è stata condannata a risarcirlo con 1.500 euro e a riconoscere che il collaboratore scolastico di 57 anni non gli deve più niente.
Aveva un debito con l’erario di 36 mila euro che dal 2009 ha estinto con il pignoramento in busta paga di 206 euro al mese. L’ultimo trattenuta è stata del mese scorso, ma per Ader non stava pagando, tanto che a febbraio 2019 gli aveva intimato di versare 25 mila euro, sbagliando perché la somma veniva trattenuta sullo stipendio.
Federconsumatori, che a Verbania ha lo sportello negli spazi comunali di Villa Olimpia, dopo più richieste, e soprattutto a fronte della notifica del ricorso giudiziale, aveva ottenuto l’ammissione dell’errore e l’annullamento della cartella. Purtroppo per il contribuente, inghiottito dalla burocrazia impazzita, non era finita.
A settembre dell’anno scorso ha appreso di essere ancora in debito con il fisco di 20 mila euro, ma si trattava sempre della pendenza che nel 2009 aveva fatto scattare il pignoramento sulla busta paga e che ormai aveva quasi del tutto regolarizzato. Ha dovuto ingaggiare un’altra battaglia. A maggio di quest’anno l’Agenzia delle entrare riscossione è tornata a chiedergli in termini perentori il pagamento di quei 20 mila euro. «Ringrazio Federconsumatori e il suo legale Enzo Iapichino, perché se non avessero subito agito con il ricorso alla Corte di giustizia tributaria avrei avuto un nuovo pignoramento sullo stipendio e conto corrente, o il fermo amministrativo dell’auto» dice il bidello di Omegna.
La corte a giugno ha sospeso la cartella, ma Ader, nonostante l’evidenza dei fatti e l’ammissione dell’errore nel 2019, lamentava di non ricevere dal 2017 dal datore di lavoro del bidello (il ministero) i bonifici mensili. Si è scoperto che non erano andati a buon fine perché Ader aveva cambiato l’Iban ma senza comunicarlo agli uffici del ministero, di cui è emanazione.
I giudici tributari l’hanno condannata per non essersi attivata con i dovuti accertamenti e aver ripetuto l’errore vessando il cittadino che ora intende presentare querela per un ulteriore risarcimento del danno.
Il suo è uno sfogo amaro: «Ho sbagliato e ho pagato quello che dovevo, ma mi stavano costringendo a rispondere di un debito inesistente. Io ho avuto forza e modo di difendermi, ma immagino che ci siano persone che non sono in grado di farlo e sono vittime di un sistema sordo alle repliche, con banche dati che non vengono aggiornate, terminali che non funzionano, impiegati che cambiano di continuo e così tu ogni volta ti trovi a dover rappresentare la tua situazione a chi neppure si sforza di capire, e verificare, se hai ragione».
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