Le cifre parlano di 4,3 miliardi di euro allocati sul Fondo di sviluppo e coesione e di 1,7 miliardi nel Piano operativo complementare per un totale di 6 miliardi, ma i numeri si consolideranno quando ci sarà il testo definitivo del Patto. Perché siamo alle solite: si firma per le telecamere (prima) e si sistemano le carte (poi). Tant’è che Michele Emiliano nel suo discorso parla di 6,2 miliardi sommando pere con banane (i 267 milioni destinati al cofinanziamento dei programmi europei appostati nel Poc al limite andrebbero sottratti dal totale…), e qualcun altro arriva a quota 6,7 miliardi aggiungendo anche i 470 milioni di finanziamenti integrativi. Cioè soldi che già c’erano.
Insomma, come al solito non ci capisce niente nessuno ma tutti sono autorizzati a parlare. E le tabelle (tecnicamente: gli allegati ai due accordi), che si ottengono soltanto in modalità carbonara (la Regione: «Chiedetele a Palazzo Chigi», gli uomini del Governo: «Rivolgetevi alla presidenza della Puglia») dicono molto del perché si sia arrivati buoni ultimi a firmare il Patto.
La premier Meloni lo ha detto chiaramente: «I soldi sono delle Regioni ma il governo si riserva l’ultima parola per assicurarsi che la programmazione sia coerente con le nostre linee strategiche». E infatti a fronte di 430 interventi finanziati con Fsc, il singolo maggiore investimento verrà gestito fuori dalla Puglia: sono i 229 milioni per l’allargamento di 37 km della statale 275 Maglie-Leuca, quella che passa da casa di Raffaele Fitto (non a caso: in platea c’erano più sindaci salentini che baresi), un progetto nella titolarità di Anas che avrebbe le sue fonti autonome di finanziamento e in questo caso avrebbe dovuto pescare dalla quota Fsc nazionale.
Ma invece, di fronte alla chiusura di Salvini (che ha fatto prosciugare la quota nazionale di Fsc per metterla sul Ponte di Messina) è finita su soldi che la Puglia aveva immaginato di impiegare in modo diverso. I 300 milioni per la nuova Camionale di Bari (la strada che collegherà l’A14 al porto) sono invece un’illusione ottica: da Fsc arrivano solo 84 milioni, perché gli altri 216 milioni erano (e restano) nei programmi statali.
A questo proposito una mappa per destinazione territoriale mostra che la provincia di Bari riceve il 21% dei fondi contro il 22% di Lecce (Bari ha tre volte gli abitanti di Lecce): 10 milioni alla circonvallazione di Casarano, 25 milioni al porto turistico di San Cataldo, 9,2 milioni al porto di Gallipoli, per non dire degli 80 milioni per la sostituzione dei binari delle linee Sud-Est. È il miracolo di Fitto o, se si preferisce, il prezzo politico che Emiliano paga dopo aver ottenuto dal ministro il salvataggio dell’Acquedotto Pugliese. Ma conta fino a un certo punto: la gestione di Fsc è l’eredità lasciata al prossimo presidente della Regione, mentre per il centrodestra potrà essere un buon argomento da spendere in campagna elettorale…
Va comunque evidenziato che, grazie al Patto, la Puglia ha salvato le politiche su cultura e turismo. Detto dei quasi 830 milioni destinati agli aiuti alle imprese (vere) per sostenere gli investimenti veri, la Regione ottiene la possibilità di spendere 70 milioni per la promozione della cultura e 80 per le destinazioni turistiche, soldi che sbloccano tanto i contributi per le manifestazioni quanto la possibilità di dare continuità alle politiche di crescita. Altri 50 milioni sono destinati al recupero e alla rifunzionalizzazione di immobili culturali e siti archeologici.
Capitolo cose serie. Ci sono 52 milioni per l’interoperabilità della ferrovia Bari Nord, con il collegamento alla linea nazionale. Vuol dire che da Foggia e Barletta si potrà andare con il treno in aeroporto. Ai rifiuti vanno invece circa 164 milioni. I primi 80 sono destinati a realizzare i tre nuovi impianti di compostaggio e produzione di Css previsti nel piano Ager, mentre altri 84 vanno alla chiusura definitiva delle discariche esaurite. Sul fronte sanitario, via libera alla realizzazione dei tre magazzini territoriali per la distribuzione dei farmaci che dovrebbero con- sentire risparmi di spesa. Per i trasporti, ci sono altri 98 milioni destinati all’acquisto di bus a basso impatto ambientale. Ma il punto caratterizzante sono le politiche sociali: dai buoni servizio per i minori (da gestire tramite i Comuni) ai buoni educativi per sostenere le rette degli asili, dal Patto di cura (i «caregiver» che prestano assistenza alle persone non autosufficienti) al Reddito di dignità (altri 50 milioni).
gazzettamezzogiorno
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