CETARA. Nel 2021 nasceva ad Ischia la prima struttura regionale del settore ittico della Cia Agricoltori italiani. Dopo tre anni, PescAgri fa il punto sulla blue economy italiana, sul settore della pesca e dell’acquacoltura e alle interconnessioni tra il comparto agricolo e quello ittico. Partendo dalla Campania come fulcro produttivo, economico e culturale delle marinerie, l’associazione dei Pescatori italiani intende radicarsi su tutto il territorio nazionale partendo dalle attività su tutto il Mediterraneo e da “PescAgri Cia Campania che vogliamo” in programma a Cetara dal 6 all’8 dicembre nel corso del quale l’organismo promuoverà il grande patrimonio ittico campano come pilastro dell’economia e asset del nuovo modello di sviluppo del Mezzogiorno. “La due giorni di Cetara vuole essere un riferimento per tutti gli operatori che intendono adoperarsi per la valorizzazione del settore ittico e dell’acquacoltura, per creare sinergie tra le aree interne e quelle costiere, sul ruolo dei Gal, avvalendosi anche della collaborazione del partenariato del mondo scientifico”, afferma Raffaele Amore, presidente Cia Campania. Infatti PescAgri è impegnata in prima linea nell’organizzazione e nell’assistenza operativa al settore sui finanziamenti europei e intende supportare gli operatori a trovare sostegni e idee innovative sulla trasformazione. Uno dei principali obiettivi è infatti istruire gli operatori sull’utilizzo del pescato, supportarlo nella creazione di aziende di trasformazione e avere una alternativa al sostegno economico. Senza contare l’affiancamento per l’accesso al credito, oltre che la promozione e organizzazione di eventi sulla degustazione dei prodotti, con lo scopo di divulgare la conoscenza del patrimonio ittico regionale, educare i consumatori nel modo di cucinare e commercializzare i prodotti.
Il settore in Campania La“scarsa valorizzazione sociale del mestiere e la mancanza di prospettive di crescita professionale, accompagnate dalle difficili condizioni lavorative e i bassi guadagni, sono gli ostacoli che incidono negativamente sull’attrattività del settore che resta fondamentale per l’economia italiana.
L’Italia acquista infatti 4 miliardi di euro di pescato, ma le vendite si fermano a 390 milioni. Lo stock nazionale copre solo il 20% dei consumi. Il giro d’affari delle marinerie tricolori si aggira invece sui 700 milioni di euro.
Con più di 150 specie commerciali ed una moltitudine di attrezzi e di tipologie di pesca, l’attività praticata dal settore peschereccio in Campania rappresenta un bacino produttivo, culturale ed economico senza precedenti con 85% delle imbarcazioni che operano abitualmente nell’immediato sotto costa (dato regionale). La gran parte utilizza reti da posta fisse (tramaglio ed imbrocco) come attrezzo principale ed il palangaro di fondo come attrezzo secondario. I battelli armati a strascico sono l’11% del totale nazionale e operano generalmente entro i confini regionali, a distanze da costa inferiori a 12 miglia, mentre il segmento della circuizione conta 31 imbarcazioni, quasi sempre impegnate nella cattura dei piccoli pelagici, soprattutto acciughe, entro le 6 miglia da costa. Le draghe idrauliche contano invece 14 imbarcazioni concentrate nella parte settentrionale della regione.
Di assoluto rilievo è il segmento tonniero che riveste una posizione di assoluto rilievo nel panorama della pesca nazionale, dal momento che rappresenta uno dei pochi nuclei di pesca industriale rinvenibili in Italia. Basta dire che in costiera amalfitana, soprattutto tra Cetara e Salerno, staziona la flotta tonniera più grande dell’intero territorio nazionale.
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