Inalca S.p.A. è la società del Gruppo Cremonini leader in Europa nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne, salumi, bacon e snack. Con oltre 7.100 dipendenti, controlla tutta la filiera produttiva, dall’allevamento alla distribuzione, e ha registrato nel 2023 ricavi per 2,99 miliardi di euro, di cui il 40% in esportazioni. La struttura industriale consta di 35 stabilimenti produttivi (21 dei quali in Italia) e 58 piattaforme logistiche di distribuzione, ma gestisce anche 16 aziende agricole specializzate nella zootecnia dei bovini da carne, con una capacità di allevamento di oltre 180mila capi. Lo sviluppo aziendale è stato reso possibile dalla capacità di coniugare in maniera efficace produzione ed efficienza. Giovanni Sorlini, responsabile Qualità, sicurezza e sviluppo sostenibile Inalca, a tal proposito, ci ha detto: “Per noi la sostenibilità è un concetto molto concreto che si identifica principalmente nella realizzazione di infrastrutture industriali che consentono di migliorare l’efficienza dei processi produttivi, investimenti rivolti al miglioramento degli impatti e i consumi dell’azienda”.
Ci può fare qualche esempio?
“Cogenerazione industriale per la produzione combinata di energia elettrica e termica, produzione di energia da fonti rinnovabili. Tecnologie che consentono di migliorare l’intensità energetica di prodotto, ossia consumare meno a parità di produzione. Il secondo pilastro è rappresentato dalla circolarità, che significa migliorare il livello di recupero di scarti e sottoprodotti”.
Quindi con l’economia circolare si guadagna di più?
“Proprio così. Fino a qualche tempo fa se un sottoprodotto veniva destinato ad utilizzi di scarso valore come ad esempio le farine di carne ed ossa impiegate come fertilizzanti, oggi lo stesso viene recuperato con processi industriali più avanzati per produrre nuovi prodotti destinati all’industria alimentare, farmaceutica e dei mangimi. Si produce di più a parità di risorse”.
Cresce il valore aggiunto dei prodotti?
“Sì certo, tramite processi avanzati di trasformazione industriale vengono creati nuovi prodotti. Con una diversa gestione industriale delle ossa otteniamo prodotti destinati all’industria farmaceutica, per realizzare, ad esempio, le capsule a base di collagene. Un altro esempio è fornito dai processi di idrolisi di alcuni sottoprodotti, come le rifilature di carni, che consentono di ottenere proteine per l’industria degli aromi alimentari e della cosmetica. Anche la pelle è un significativo esempio di circolarità: questo prodotto, se adeguatamente gestito, viene utilizzato dall’industria conciaria per i segmenti più elevati della moda e dell’automotive, recuperando al contempo la frazione proteica per la produzione di collagene alimentare”.
In questo modo conquistate anche nuovi mercati stranieri?
“Certamente, sia nel caso del collagene ottenuto dalle ossa, sia in quello delle pelli il prodotto viene destinato a grandi multinazionali che hanno stabilimenti in Europa e nei principali paesi ad economia avanzata”.
La sostenibilità sta impattando soprattutto nella produzione ’tipica”’di Inalca?
“Sì anche il core business dell’azienda rappresentato dalla produzione di carne dovrà affrontare gli obblighi derivanti da alcune normative europee che impongono una sempre più dettagliata rendicontazione di tutti gli impatti ed un controllo costante della propria catena di fornitura. Se da un lato aumenta l’impegno per la rendicontazione non finanziaria e la lotta al cambiamento climatico, al contempo queste nuove norme, come quella cosiddetta EUDR per il contrasto alla deforestazione, sono destinate a far mutare i sistemi di allevamento, produzione e distribuzione. La nostra sfida attuale è contrastare il calo della produzione zootecnica nazionale e assicurare continuità produttiva, rendendola al contempo sempre più efficiente”.
La sostenibilità coinvolge quindi anche la governance?
“Sì soprattutto nel coinvolgimento dei fornitori agricoli su questi temi, utilizzando tutte le leve di influenza. Una di queste consiste nel promuovere e sostenere politiche territoriali e sociali mirate al consolidamento delle comunità rurali e l’integrazione delle catene di fornitura. Uno sforzo che riguarda sia la zootecnia bovina da carne, sia quella da latte tramite l’adozione estesa di buone pratiche agricole e industriali. Una di queste riguarda, ad esempio, la produzione di impianti di digestione anaerobici per la produzione di biometano e fertilizzanti a basso impatto ambientale”.
Cos’è la sostenibilità sociale per Inalca?
“Siamo un’azienda multinazionale e dobbiamo declinare il nostro impegno nelle diverse realtà in cui operiamo. In Europa significa principalmente garantire la permanenza e lo sviluppo e di comunità agricole deputate all’allevamento bovino che stanno scomparendo, anche tramite alcuni strumenti messi a disposizione del legislatore come gli accordi di filiera. In altre aree in cui operiamo principalmente come distributori, come ad esempio nel continente africano, le iniziative sociali sono principalmente rivolte al sostegno di associazioni locali impegnate in attività formazione ed istruzione, contrasto alla povertà, tutela dei diritti umani”.
La sostenibilità riguarda anche il patrimonio delle risorse umane Inalca?
“Sicuramente, il nostro impegno è legato alla valorizzazione delle competenze e alla gestione personalizzata dei percorsi di carriera. L’azienda sta elaborando nuove metodologie nel campo del talent management, con l’obiettivo di migliorare il benessere generale e la consapevolezza di ciascuno del proprio ruolo all’interno dell’organizzazione, con una particolare attenzione ai giovani”.
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