PORDENONE/UDINE – In etichetta non si faccia riferimento alla parola “vino“, ma sia introdotta la dicitura “bevanda ottenuta da uve”, potendo specificare se monovitigno o meno. Questa, in sintesi la proposta delle Città del Vino sul vino dealcolizzato, che sta per arrivare in Italia grazie alle novità introdotte dal Decreto del Ministero dell’Agricoltura che regola la produzione dei cosiddetti “vini dealcolati”. Una richiesta di difficile accoglimento considerato che per l’Europa è già prevista la dicitura “vino”: questo l’Associazione lo sa, ma sarebbe quanto mai opportuna a tutela delle aziende e dei consumatori.
In linea con la richiesta anche il Coordinamento delle 39 Città del Vino del Friuli Venezia Giulia, presieduto da Tiziano Venturini, vicesindaco di Buttrio, che è anche vicepresidente nazionale delle Città del Vino. «Riteniamo – ha dichiarato Venturini – in linea con il nostro presidente nazionale Angelo Radica, che in etichetta dovrebbe comunque sempre essere indicata la provenienza territoriale del prodotto dealcolizzato, per non perdere il legame con il territorio. E proponiamo di scrivere la dicitura “bevanda ottenuta da uve” anziché vino: questo perché il vino è un prodotto che ha nella matrice alcolica la sua natura. In ogni caso riteniamo che il Decreto rappresenti una buona base di partenza offrendo indicazioni normative certe e aprendo il mercato verso nuovi segmenti di consumatori che, stando alle più recenti indagini, prediligono vini decisamente più leggeri e fanno particolare attenzione agli aspetti salutistici. Il tutto senza dimenticare nuovi mercati dove abitualmente non è praticato il consumo di alcol anche per motivi religiosi. Tutti elementi che possono essere interessanti per i produttori del Friuli Venezia Giulia».
SENZA ALCOL
Come noto il Decreto consentirà anche ai produttori italiani di produrre vini dealcolati, praticando la dealcolizzazione parziale o totale, pratica che all’estero è già consentita. Città del Vino ritiene che il decreto sia una equilibrata mediazione per rispondere alle nuove esigenze di mercato, mantenendo al contempo l’eccellenza e la tradizione dei vini italiani grazie al divieto di dealcolazione per i vini DOP e IGP, al fine di preservarne l’autenticità.
LA PRODUZIONE
Il processo produttivo dei vini dealcolati secondo il Decreto dovrà avvenire in strutture dedicate, fisicamente separate da quelle utilizzate per la produzione vitivinicola tradizionale, con registri digitalizzati e licenze autorizzative, con l’obbligatorietà di inserire nell’etichettatura la dicitura “dealcolizzato” o “parzialmente dealcolizzato”. L’Associazione che rappresenta 500 comuni vitivinicoli in Italia sottolinea anche la necessità di una maggiore comunicazione per spiegare bene al consumatore le differenze che esistono tra i due prodotti, considerando anche che il vino dealcolizzato, se viene consumato in modo non corretto, può provocare effetti negativi, perché togliendo l’alcol si va a togliere anche il principale conservante naturale del vino. C’è il rischio, insomma, che anche senza alcol il vino, un caso di abuso, possa fare male e creare problemi all’organismo. Resta ora da capire se questa ipotesi avrà fortuna anche in Friuli Venezia Giulia, regione dove il vino è senza dubbio il “re” delle tavole imbandite.
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