Quasi 118mila imprese italiane “affidate con sofferenze” a rischio usura a giugno 2024, in crescita di 2.600 unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In controtendenza Monza e la Brianza con 1.267 imprese a rischio (l’1,1%), in lieve calo rispetto a giugno 2023 (-1,4%). L’allarme è lanciato dall’Ufficio studi della Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) di Mestre. Come spiega l’Associazione “si tratta soprattutto di artigiani, esercenti, commercianti e piccoli imprenditori che sono “scivolati” nell’area dell’insolvenza dopo essere stati segnalati alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia da parte di intermediari finanziari come banche, assicurazioni, finanziarie”, un obbligo “quando il cliente è indebitato per un ammontare complessivo di almeno 30mila euro”, mentre per le “sofferenze” è sufficiente “un importo superiore a 250 euro”.
La Cgia di Mestre: “Difficoltà legate alle difficoltà di riscuotere pagamenti dai propri committenti”
E la “schedatura”, l’ingresso nella “black list”: “Preclude a queste attività di accedere a un nuovo prestito” con il rischio “molto più di altri, di chiudere o peggio ancora di finire tra le braccia degli usurai” denuncia l’Associazione. Una situazione, spiega ancora Cgia: “che nella maggioranza dei casi si verifica a seguito dell’impossibilità da parte di molti piccoli imprenditori di riscuotere con regolarità i pagamenti dei propri committenti o per essere “caduti” in un fallimento che ha coinvolto proprio questi ultimi”.
Tra le aree con più imprese segnalate come insolventi (riportate in una tabella elaborata dallo stesso Ufficio Studi Cgia su dati Banca d’Italia “relativi alle società non finanziarie e alle famiglie produttrici”) ci sono quelle metropolitane, Roma in testa, con oltre 10mila, seguita da Milano (6.834). Ma è l’incremento a fare notizia: Benevento, Chieti e Savona su tutte. È il Sud, in generale, a correre più rischi (33,6% del totale delle aziende italiane in sofferenza), seguito dal Nordovest (25%). E il Nord, in particolare la Lombardia, “secondo indagini della Dia, Direzione investigativa antimafia”, si legge nello studio, sarebbe l’area geografica dove, soprattutto, “finiscono, reinvestiti, i proventi delle attività di usura”.
Cgia chiede il potenziamento del Fondo di prevenzione usura
Cgia “continua a chiedere con forza” il potenziamento delle risorse a disposizione del “Fondo di prevenzione dell’Usura”, introdotto nel 1998 con una legge dello Stato a garanzia, via Confidi, dei finanziamenti concessi dalle banche alle attività economiche e a fondazioni e associazioni contro l’usura riconosciute dal Mef che consentano a dipendenti e pensionati in grave difficoltà economica di accedere al credito di sicurezza (fino al 2022 erogati 711 milioni che hanno garantito finanziamenti per oltre 2 miliardi). C’è inoltre il Fondo di Solidarietà destinato a operatori economici, commercianti, artigiani e liberi professionisti che abbiano denunciato gli usurai che prevede l’elargizione da parte di Consap (Concessionario servizi Assicurativi Pubblici spa) di un mutuo senza interessi da restituire in 10 anni di importo commisurato agli interessi usurari effettivamente pagati. Dal 2000 al 2023 sono stati stipulati 1.660 contratti per 145 milioni complessivi.
A pesare sarebbe anche “il crollo dei prestiti bancari alle imprese italiane, -52,4% dal 2011”, “per effetti della crisi del debito sovrano” spiega Cgia, “restrizioni normative Bce” e anche “il calo della domanda di credito”. “Non è pertanto da escludere, anzi – dice l’Associazione – che la chiusura dei rubinetti abbia involontariamente spinto molti lavoratori autonomi e piccoli imprenditori a corto di liquidità verso le organizzazioni malavitose che hanno la necessità di reinvestire nella economia legale i denari provenienti dalle attività criminali”.
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