In teoria il nuovo software dovrebbe semplificare la vita dei Comuni, nella sempre complessa attività di stabilire anno per anno le nuove tariffe dell’Imu per i propri residenti e di comunicarle al Mef. In pratica ha mandato in tilt i travet. Che quando si sono trovati ad avere a che fare con la piattaforma, hanno scoperto molte difficoltà.
Risultato? Con il versamento della seconda rata alle porte – la scadenza è prevista per lunedì 16 dicembre – le amministrazioni sono in ritardo sul completamento delle procedure previste per legge. E adesso c’è più di un rischio che i cittadini, che quest’anno hanno maturato agevolazioni sulla patrimoniale sulla casa, rischino di perderle. Non a caso l’Anci ha chiesto al Viminale di prorogare l’approvazione dei bilanci comunali dal 31 dicembre 2024 al 31 marzo 2025 per limitare i danni di questo caos.
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L’ITER
Lo scorso settembre il ministero dell’Economia ha comunicato ai Comuni l’avvio definitivo della nuova applicazione informatica per l’approvazione del prospetto delle aliquote Imu. Per la cronaca, il passaggio al sistema era stato deciso negli anni scorsi, nel tentativo di sciogliere la giungla normativa esistente e di uniformare le diverse regole. Ogni amministrazione si muove in autonomia sui criteri per definire le tariffe della tassa sulla casa. Quella che gli italiani devono riconoscere sulle prime abitazioni di lusso e su tutte le seconde.
Soprattutto il governo ha imposto alle amministrazioni di rimodulare le aliquote, approvarle con un’apposita delibera e inserirle nel nuovo sistema entro il 14 ottobre. Ma molti enti – storicamente in deficit di personale e di competenze – hanno fanno molta fatica a implementare la piattaforma e il caricamento dei dati. E quindi a rispettare la scadenza.
Insieme all’addizionale Irpef, il pagamento dell’Imu è la principale fonte di sostentamento per i sindaci. A maggior ragione in questa fase, con il governo che tra accantonamenti alla spesa corrente e tagli ai fondi destinati agli investimenti, ha ridotto da qui al 2029 le risorse per una cifra pari a 3,5 miliardi. Lo dimostra il fatto che nelle scorse settimane molte amministrazioni hanno anche chiesto di accelerare il recupero delle morosità su questo tributo da parte degli enti di edilizia popolare.
Come detto, c’è molta discrezionalità nella formulazione delle tariffe dell’Imu. C’è un’aliquota ordinaria che può oscillare dallo 0,86 all’1,06 per cento, ma i sindaci possono anche scendere da questo tetto se non azzerarla. Mentre l’aliquota ridotta, sempre su iniziativa delle singole amministrazioni, può salire dello 0,1 per cento.
La stessa elasticità può essere applicata sulle agevolazioni, che spaziano da quelle a favore dei proprietari che offrono le abitazioni ai parenti in comodato fino a quelle per immobili che sono in luoghi irraggiungibili o per quelle locate a canone concordato. E per districarsi in questa giungla il contribuente può soltanto fare affidamento sulle delibere comunali. Ma quest’anno – complice la nuove piattaforma – l’approvazione degli atti e il relativo invio dei dati al Mef sta registrando non pochi ritardi.Il Mef ha già fatto sapere alle amministrazioni che non hanno rispettato la tempistica, di poter applicare le aliquote dell’anno precedente. Il salvacondotto è importante dal punto legale, perché evita che gli amministratori cadano nel danno erariale. Detto questo non risolve quello che sta a più cuore ai cittadini e agli stessi Comuni: dare maggiore tempo agli enti locali per aggiornare le tariffe, in modo da garantire agevolazioni a chi può accedere a migliori condizioni oppure di incassare maggiori entrate da chi ha perso i benefici.
Il dossier Imu esaspera i rapporti tra il governo centrale e i Comuni. I sindaci danno per scontato che difficilmente faranno cambiare idea a Giancarlo Giorgetti, che nella manovra di quest’anno ha chiesto agli enti – soltanto attraverso accantonamenti alla spesa corrente e i tagli lineari decisi lo scorso – un contributo di 1,35 miliardi per i prossimi cinque anni. Ma ci sono ben altri fronti aperti, come il tetto al turn over al 75 per cento sui nuovi assunti o la scoperta che i 100 milioni in più per sostenere i minori non accompagnati si riferisce soltanto a quelli presi in carico nel 2024.
LA LETTERA
Da qui la decisione dell’Anci di prendere carta e penna e di scrivere insieme all’Unione delle Province al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Perché «numerosi enti, nel corso delle procedure di formulazione del bilancio di previsione 2025-27 incontrano difficoltà e formulano richieste di proroga del termine per la deliberazione, così da evitare periodi di gestione provvisoria che potrebbero intralciare anche i processi di investimento in corso». Compresi quelli del Pnrr, che stanno molto a cuore a Palazzo Chigi.
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