I prezzi di tutti i generi alimentari sono esplosi in meno di tre anni, bar e ristoranti rincarati del 26%. L’olio costa quasi il 60% in più del 2015, al picco degli aumenti toccato tra 2022 e 2023, non sono seguite discese
Mangiate tanta verdura. Certo: solo che una sporta di zucchine, broccoli e melanzane, che fino a un paio d’anni fa costava tra i 10 e gli 11 euro, oggi è arrivata quasi a 14. Usate l’olio d’oliva: bene, col problema che è aumentato quasi del 60 per cento rispetto al 2022.
D’accordo, volete restare al tradizionale burro? Costa meno dell’olio, ovvio, ma non ha mai avuto un prezzo così alto da quando esistono le statistiche sui consumi, 50 per cento in più rispetto a una decina d’anni fa.
Il servizio statistico del Comune aggiorna regolarmente l’andamento dell’inflazione con un meccanismo di immediata comprensione: fatto 100 il prezzo d’un qualsiasi bene nel 2015, misura mese per mese le variazioni rispetto a quella base. Le voragini finanziarie che ogni milanese verifica sui propri conti familiari assumono così un semplice andamento a crescere. E sono la conseguenza (oltre ai costi dell’energia) di una violenta inflazione soprattutto in due settori: spesa e affitti.
I prezzi di tutti i generi alimentari sono esplosi in meno di tre anni. Una spesa che nel 2015 costava 100 euro, a fine del 2021 era arrivata a 105, con un andamento tutto sommato fisiologico, più 5 per cento in sei anni. A fine del 2022 quella stessa spesa costava 118 euro. A ottobre scorso è arrivata quasi a 126. Vuol dire che ogni milanese, rispetto a 10 anni fa, spende oltre il 25 per cento in più per mangiare. Non serve un analista economico per ricordare che, nello stesso periodo, i salari non hanno avuto lo stesso andamento.
Scendere nel dettaglio permette di verificare quanto siano aumentati anche generi di primissima necessità, e in un periodo molto breve: pane, latte, burro, carne di manzo e verdura non sono mai costati così tanto come nel mese di ottobre appena trascorso. L’olio costa il 55 per cento in più del 2015, il latte oltre il 20 per cento, il pane quasi il 30,il pesce più 27, il burro quasi il 50 per cento in più.
I ristoranti hanno avuto una tendenza analoga. Una cena che costava 100 nella Milano stracolma di turisti durante l’Expo 2015, a febbraio 2022 era arrivata a 110, ad aprile del 2023 ha sballato i 120 e ad ottobre scorso, per la prima volta, è arrivata sopra i 125 euro: sempre in media, e sempre a parità di ciò che si è mangiato e bevuto. Aumento secco di bar e ristoranti in tre anni: più 26 per cento.
Il quadro storico racconta che il grande stacco nei prezzi è avvenuto tra 2021 e 2022, dunque con la ripresa del post-Covid. Durante la pandemia s’usava la parola plateau, per indicare il momento in cui la crescita dei contagi si stabilizzava, per poi cominciare a scendere. Con i prezzi è andata diversamente: al plateau degli aumenti toccato tra 2022 e 2023, non sono seguite discese; i costi per le famiglie hanno continuato a salire, anche se più lentamente rispetto a prima.
Quando ci si interroga sul perché non si trova più nessuno che accetti di venire a vivere a Milano per fare l’infermiere, l’impiegato, il maestro o il conducente di bus, la risposta è in questi dati. E in quelli che riguardano gli affitti: un canone di mille euro nel 2015 era a 1.050 euro all’inizio del 2022, ha superato i 1.100 euro a metà del 2023 ed è ormai arrivato quasi a 1.200 euro. Aumento medio generale degli affitti: più 20 per cento
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