Il passaggio generazionale nelle attività commerciali è un tema sempre più urgente, in particolare per i negozi di moda indipendenti, che in Italia costituiscono una parte fondamentale del settore. Tuttavia, la maggior parte dei titolari di questi negozi ha più di 50 anni, e i giovani non sono più attratti dal modello tradizionale di gestione, segnato da alti costi burocratici e margini ridotti. Il futuro del settore dipende dall’innovazione e dalla formazione, ma anche dalla capacità di mantenere vivi i valori storici e culturali che rendono unica la moda italiana.
Ne abbiamo parlato con Maurizio Governa, presidente di Assomoda, che si sta impegnando per favorire il ricambio generazionale, proponendo al governo agevolazioni fiscali.
Parliamo di un tema sempre più rilevante: il passaggio generazionale nelle attività commerciali, specialmente nei negozi. Sappiamo che sta diventando un processo complesso. Cosa si può fare per incentivare le nuove generazioni?
È vero, il passaggio generazionale rappresenta una sfida cruciale. Nel settore della moda italiana, i negozi indipendenti di piccole e medie dimensioni sono ancora una componente fondamentale ma la maggior parte di essi è gestita da persone oltre i 50 anni (più del 55%), mentre in Paesi come Germania e Regno Unito l’età media dei titolari è decisamente più bassa. Il problema principale è che i giovani non trovano più attraente il modello tradizionale di gestione: mancano profitti interessanti, il lavoro richiede un impegno temporale considerevole e i costi burocratici per il trasferimento dell’attività sono elevati. Tra notai, valutazioni di attività, imposte e consulenze, plusvalenze, il percorso è spesso scoraggiante.
Come si sta muovendo Assomoda per affrontare questa problematica?
Come Assomoda, abbiamo proposto al Governo di introdurre un credito d’imposta per i passaggi generazionali, riducendo i costi burocratici e allargando queste agevolazioni non solo ai familiari, ma anche ai dipendenti che desiderano rilevare l’attività. È fondamentale per preservare tante botteghe che, altrimenti, rischiano di chiudere, portando via con sé un patrimonio culturale, storico e turistico unico. Solo nel 2023 i negozi di abbigliamento sono diminuiti del 3,6% (-67.173) e quelli di calzatura del 3,9% (-13.185).
Un altro tema caldo è il futuro del settore moda, soprattutto alla luce delle difficoltà economiche degli ultimi anni.
Il settore moda è il secondo comparto economico in Italia, con un valore di circa 100 miliardi di euro, di cui oltre 90 miliardi derivano dall’export. Tuttavia, il 2024 ha segnato una frenata significativa, con un calo stimato del 3,5%. Oggi i consumatori hanno meno potere d’acquisto, i prezzi sono aumentati, soprattutto nel lusso, e l’e-commerce continua a crescere a scapito dei negozi fisici. Anche il fast fashion sta guadagnando terreno. Nonostante queste difficoltà, prevediamo una leggera ripresa nel 2025, trainata principalmente dagli accessori come borse e pelletteria con numeri però sempre inferiori al pre-Covid.
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Quali sono gli attuali impegni di Assomoda per supportare il settore?
I nostri sforzi si concentrano su più fronti. Partecipiamo al “Tavolo della Moda” al Ministero delle Imprese e del made in Italy, proponendo politiche che valorizzino sia gli agenti moda sia i negozi fisici. Sosteniamo il riconoscimento del ruolo strategico dell’agente moda. Chiediamo di incentivare politiche che valorizzino gli agenti come intermediari indispensabili nella filiera, sostenendo anche la formazione continua oltre che offrire loro un accesso agevolato al credito. Lavoriamo anche con la Prefettura di Milano su temi delicati come la regolamentazione dei subappalti nella moda e la lotta al caporalato e alla contraffazione. Collaboriamo con Federmoda di Confcommercio su tante iniziative e condividiamo la richiesta al Governo di ridurre l’IVA sui prodotti moda made in Italy al 10% e chiediamo di offrire incentivi fiscali per modernizzare i punti vendita, puntando anche sull’adozione di tecnologie digitali.
Avete in programma qualche nuova iniziativa per i vostri associati?
Certamente! Abbiamo avviato incontri formativi sui tessuti e la sostenibilità, e stiamo lanciando un nuovo corso sull’intelligenza artificiale applicata al lavoro degli agenti moda. Collaboreremo con ASSINTEL per creare un pacchetto formativo specifico su questo tema, consapevoli che l’AI rappresenterà il futuro. Inoltre, stiamo organizzando un grande convegno per novembre 2025 dal titolo provvisorio: “Moda 2025: sfide, opportunità e futuro per agenti e retail”. L’evento tratterà temi chiave come sostenibilità, digitalizzazione, nuovi modelli di business e valorizzazione del made in Italy. Il possibile titolo sottolinea l’attenzione alle difficoltà attuali, ma apre la visione positiva futura, coinvolgendo agenti e negozianti. La volontà è quella anche di commissionare una ricerca di mercato all’Ufficio Studi di Confcommercio al fine di ricavare dei dati precisi di mercato in riferimento alla distribuzione in Italia. Abitudini di acquisto, strategie, sinergie tra negozi il tutto comparato alla nuova attività di agente moda. Saranno invitati imprenditori e designer di spicco, esperti nel settore retail, rappresentanti di associazioni e istituzioni governative, innovatori e visionari del digitale, esperti di sostenibilità. Ci auguriamo possa essere un grande momento di confronto.
Sembra un’agenda ricca di impegni e prospettive interessanti. Un’ultima domanda: qual è il messaggio che vuole lanciare agli imprenditori del settore?
Nonostante le difficoltà, il nostro settore ha un potenziale straordinario. Il mio invito è di investire in innovazione e formazione, senza dimenticare il valore delle tradizioni. La moda italiana non è solo un’economia, ma un patrimonio culturale che dobbiamo proteggere e far crescere insieme.
di Sara Fumagallo
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