Con la legge di conversione del decreto flussi si riducono ulteriormente le aree di trasparenza, a partire dalla secretazione di quanto attiene all’«affidamento degli appalti pubblici di forniture e servizi relativi a mezzi e materiali» destinati a Paesi terzi per il rafforzamento del «controllo delle frontiere». Significa che calerà un velo ulteriore sulla cessione di motovedette a guardie costiere tunisine o libiche
È stata approvata la legge di conversione del decreto flussi, dopo che il governo ha fatto ricorso ancora una volta alla questione di fiducia. Si tratta dell’ennesimo intervento dell’esecutivo in tema di immigrazione, a partire dal decreto sulle navi delle ONG, volto a limitarne i salvataggi, talora in spregio alle convenzioni internazionali; al decreto Cutro che, oltre a un evanescente reato universale di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, ha introdotto una procedura accelerata per l’esame delle domande di asilo, che riduce le garanzie per i diritti dei migranti; al Protocollo con l’Albania, che finora ha sortito risultati fallimentari.
Nel testo della legge appena approvata è confluito il decreto-legge paesi sicuri, che avrebbe dovuto blindarne l’elenco, mentre non ha impedito la disapplicazione del decreto stesso e il ricorso alla Corte di Giustizia europea da parte di vari tribunali. E, nonostante il parere negativo del Consiglio Superiore della Magistratura, la nuova legge sottrae ai magistrati specializzati la competenza sulle convalide del trattenimento dei migranti per attribuirla alle Corti d’Appello in composizione monocratica.
Si spera forse che ciò produrrà pronunce più gradite all’esecutivo, mentre avrà di certo impatti negativi sul raggiungimento degli obiettivi fissati per il settore giustizia dal Pnrr.
La mancanza di trasparenza
All’armamentario dei provvedimenti messi in campo dal governo contro l’immigrazione, si aggiunge un ulteriore strumento: la mancanza di trasparenza. L’opacità su una serie di profili riguardanti l’immigrazione era già rilevante in precedenza.
Un «divieto assoluto» di conoscenza era già sancito da un decreto del Viminale del marzo 2022. Nei mesi scorsi, su queste pagine, avevamo parlato dei dinieghi opposti alle istanze di accesso ai dati sui centri per i migranti, alla mancanza di trasparenza sui criteri di assegnazione alle navi delle ong di porti di sbarco lontani, accampando ragioni di tutela delle «relazioni nazionali ed internazionali» o «dell’ordine e della sicurezza pubblica».
E se non fosse per Sergio Scandura, giornalista di Radio Radicale, che continua a fornire meticolose informazioni su tracciamenti, rotte e molto altro, si saprebbe ancora meno di ciò che accade nel Mediterraneo.
Le nuove norme
Con la legge di conversione del decreto flussi si riducono ulteriormente le aree di trasparenza.
Innanzitutto, il testo prevede la secretazione di quanto attiene all’«affidamento degli appalti pubblici di forniture e servizi relativi a mezzi e materiali» destinati a Paesi terzi per il rafforzamento del «controllo delle frontiere e dei flussi migratori nel territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare».
Ciò significa, ad esempio, che calerà un velo di maggiore opacità sulla cessione di motovedette e altro a guardie costiere tunisine o libiche. A cittadini o organizzazioni della società civile sarà preclusa la conoscenza anche mediante accesso civico generalizzato, e pure un eventuale ricorso al Tar sarebbe un’arma spuntata a fronte del segreto sancito con fonte primaria.
Il governo ha, altresì, imposto ai piloti di aeromobili e droni l’obbligo «di informare di ogni situazione di emergenza in mare, immediatamente e con priorità, l’ente dei servizi del traffico aereo competente (Enac) e il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo», nonché «i Centri di coordinamento del soccorso marittimo degli Stati costieri responsabili delle aree contigue», prevedendo sanzioni che possono arrivare fino al fermo amministrativo.
Già lo scorso maggio l’Enac aveva emesso una serie di ordinanze circa gli aerei che effettuano attività di ricerca e soccorso.
L’intento della nuova disposizione sembra essere, da un lato, quello di far sì che il coordinamento delle attività riguardanti i migranti avvistati in mare sia assunto da altri Stati, in particolare dalla Libia, che ha dimostrato di operare non in un’ottica di salvataggio, ma di intercettazione e respingimento, mentre i paesi europei chiudono gli occhi sulla violazione del diritto internazionale.
Dall’altro lato, la disciplina prevista, e in particolare il fermo dei velivoli, pare finalizzata a trovare pretesti per lasciare a terra gli «aerei da ricognizione, gli unici occhi della società civile nel Mediterraneo» – come li ha definiti la ong Sea Watch – «occhi fondamentali per documentare le quotidiane violazioni dei diritti umani che vi avvengono, comprese quelle perpetrate dalla cosiddetta guardia costiera libica attraverso le motovedette e le risorse generosamente elargite dal governo italiano».
Sottrarre alla conoscenza della collettività informazioni di interesse pubblico non è mai un buon segno in democrazia. Ma evidentemente al governo questo poco importa.
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