TREVISO – Ulteriori incentivi all’esodo volontario e percorsi di outplacement a carico dell’azienda. Nuovo accordo in Benetton fra Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec territoriali e vertici aziendali per far fronte alla crisi. L’intesa è stata siglata martedì e prevede aumenti fino al 30% agli incentivi all’uscita volontaria concordati nei mesi scorsi. Il che significa la possibilità per i lavoratori di uscire con un incentivo che può arrivare fino a 70mila euro, sulla base dell’anzianità. Previsti anche percorsi di outplacement del valore di 4.000 mila euro a carico dell’azienda, ma anche l’opportunità, per un massimo di 20 dipendenti, di un impiego di 12 mesi con un’agenzia di lavoro interinale.
IN 40 GIA’ FUORI
«L’accelerazione del cambiamento e le difficoltà finanziarie -dichiarano Massimo Messina della Filctem Cgil Treviso, Gianni Boato segretario generale della Femca Cisl Belluno Treviso e Rosario Martines della Uiltec – hanno messo in difficoltà gli accordi precedenti, ma siamo riusciti a mantenere fermo il limite di solidarietà individuale massimo al 40%, il che significa che fino al 28 febbraio, data in cui scadrà l’accordo, nessun lavoratore potrà essere coinvolto in più di due giorni di solidarietà. Sono però preoccupanti le intenzioni dell’azienda, che ha dichiarato che se si vorrà discutere ancora di contratto di solidarietà, dal 1. marzo dovrà interessare la totalità dei dipendenti e si ragionerà di percentuali medie di solidarietà, con conseguente decadenza del limite personale. Da novembre, 40 lavoratori hanno colto l’opportunità di uscita con incentivo all’esodo, ma per l’azienda non è sufficiente. Per favorire ulteriori uscite, è stato siglato un nuovo accordo che prevede aumenti significativi per chi decidesse di lasciare la Benetton entro il 15 gennaio».
IL QUADRO ATTUALE
«La nostra preoccupazione -proseguono i sindacalisti, che in queste ore stanno informando i dipendenti nelle assemblee- resta rivolta ai lavoratori che rimarranno e che dovranno essere adeguatamente formati e ricollocati all’interno del nuovo progetto aziendale, che prevede importanti tagli ai costi, con lo scopo di eliminare le situazioni non profittevoli, come i 500 negozi chiusi nel mondo che hanno generato crediti inesigibili per circa 160 milioni di euro. Il progetto include anche un’analisi relativa alla possibilità di proseguire o meno con lo sviluppo del prodotto industrializzato nelle fabbriche di proprietà europee o del Mediterraneo e un progressivo spostamento della produzione verso il segmento commercializzato dal Sud-est asiatico». «In ogni caso noi -concludono i rappresentanti sindacali territoriali- continuiamo a lavorare per mantenere viva la possibilità di accordi difensivi che tutelino i posti di lavoro, promuovendo al contempo uscite incentivate per offrire opportunità a chi oggi desidera lasciare l’azienda».
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