Il Tribunale di Napoli, attraverso la sentenza n. 7867/2024, si è espresso con fermezza in tema di rifiuto di una proposta conciliativa, avanzata prima dal mediatore e poi dal Giudice adito, chiarendo che – in assenza di un giustificato motivo – il rifiuto deve comportare necessariamente una condanna per lite temeraria.
Il Tribunale napoletano ha evidenziato come la difesa dell’attore si fosse dimostrata pretestuosa in corso di causa e il relativo atteggiamento processuale, di conseguenza, era sanzionabile, tanto da fagli ottenere una condanna ex art. 96 co. 3 c.p.c.
La controversia consisteva in un’opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto compensi professionali di avvocato per prestazioni giudiziali e stragiudiziali rese in due distinti giudizi. Nello specifico, l’ex cliente aveva convenuto in causa il proprio difensore eccependo l’improcedibilità della domanda giudiziale per mancato esperimento della procedura di negoziazione assistita e di mediazione obbligatoria, nonché l’infondatezza della domanda, attesa l’assenza di prova dello svolgimento dell’attività descritte nel ricorso per decreto ingiuntivo che gli era stato notificato, per le quali eccepiva l’inadempimento della controparte ex art. 1460 c.c., nonché l’assenza di prova degli esborsi indicati e di diligenza professionale.
Il Giudice adito, svolto il contraddittorio e sentite le parti in prima udienza, concedeva termine per instaurare la procedura di mediazione obbligatoria e sanare così il vizio di improcedibilità della domanda.
Nel corso del procedimento di mediazione, il mediatore invitava le parti a trovare un accordo, tale da evitar loro le lungaggini processuali e le inutili spese, ma non essendo le parti disponibili al compromesso, avanzava lui stesso una proposta conciliativa. Contestualmente, anche il Giudice aveva invitato le parti a valutare anche una proposta da lui formulata ex art. 185 c.p.c.
In sede di mediazione, la parte opponente chiedeva di verbalizzare il suo rifiuto della proposta conciliativa avanzata dal mediatore e, pertanto, la procedura si concludeva con la sottoscrizione di un verbale negativo.
Alla successiva udienza, l’opposto dava atto della chiusura di controparte ad una definizione bonaria e si rendeva disponibile ad aderire alla proposta del Giudice, ma l’attore, ancora una volta, opponeva il suo rifiuto.
Con la decisione conclusiva del giudizio, il Giudice, pur revocando il decreto ingiuntivo e rideterminando il credito, si è espresso con fermezza a favore dell’opposto per quanto concerne il doppio rifiuto di controparte a voler optare per una soluzione conciliativa.
Nello specifico, il Tribunale di Napoli ha dichiarato che il rifiuto dell’opponente di aderire alle proposte conciliative (avanzate in mediazione prima e dal Giudice, ex art. 185 c.p.c., poi) è da ritenersi ingiustificato, dal momento che, anche al netto delle contestazioni avanzate, era chiaro che il credito rideterminato sarebbe comunque stato di gran lunga superiore agli importi proposti in via conciliativa.
In conclusione, è possibile affermare che la condanna per lite temeraria è applicabile ogni qual volta l’atteggiamento processuale delle parti si distacchi senza un valido motivo dalla soluzione alternativa (e conciliativa) delle controversie.
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