Ci sono almeno una decina di indagati residenti tra Cassino, Pontecorvo, Sora e Frosinone tra i 600 finiti nella maxi inchiesta della Guardia di Finanza di Napoli che avrebbe messo le mani su dichiarazioni ritenute mendaci per conseguire erogazioni pubbliche non dovute. Un dato emerso dalle carte dell’inchiesta aperta su una presunta truffa dell’ecobonus per la quale il Tribunale di Napoli nord ha anche emesso decreti di sequestro preventivo nei confronti di beneficiari dei crediti per le ristrutturazioni edilizie.
Una maxi indagine condotta dalle Fiamme gialle campane, che ha riguardato circa 600 persone residenti in tutta Italia e all’estero, di cui molte nel Sud Pontino (16 di cui ben 13 residenti a Minturno) e una decina in provincia di Frosinone, residenti a Cassino, Pontecorvo, Frosinone e Sora. Le istanze cautelari di sequestro preventivo però sarebbero addirittura 800, poiché parte degli indagati risulterebbero di fatto rappresentanti legali di più ditte. Secondo le accuse i coinvolti avrebbero presentato all’Agenzia delle Entrate una documentazione ritenuta non veritiera per poter accedere all’Ace (aiuti alla crescita economica), un credito d’imposta erogato alle società che aumentano il loro capitale, ricevendo uno sconto sulle tasse. Le verifiche delle Fiamme gialle hanno permesso di individuare una truffa aggravata ai danni dello Stato, per una somma milionaria.
L’incrocio dei dati sui moduli utilizzati dai beneficiari per richiedere il credito con i valori riferiti ai relativi bilanci di esercizio e ai quadri dichiarativi avrebbe fatto emergere come in realtà numerose aziende avessero indicato di aver conseguito aumenti di capitale mai realizzati, producendo così false attestazioni all’Agenzia delle Entrate. In alcuni casi, l’analisi dei dati temporali riportati nella stessa pachidermica documentazione, così come l’approfondimento di alcune posizioni, avrebbe confermato una ipotesi illecita. Così le Fiamme Gialle campane sarebbero riuscite a ricostruire circa 800 posizioni relative a società e attività di impresa riconducibili ai 600 indagati, oltre la metà residenti in Campania. Alcuni anche nel Basso Lazio. Tutti ritenuti responsabili del reato di truffa aggravata ai danni dello Stato. Più nel dettaglio ai 600 indagati – compresi quelli pontini, frusinati e cassinati – viene contestato di aver riempito i moduli trasmessi all’Agenzia delle Entrate con dati fittizi per ottenere un credito, poi ceduto a terzi, in modo da alimentare il “mercato irregolare” dei crediti fiscali da cedere alle imprese maggiormente esposte con il fisco. In alcuni casi alcuni indagati avrebbero indicato periodi di imposta di fatto inesistenti, addirittura successivi a quello per cui la norma prevedeva la possibilità di fruire del credito.
L’indagine avrebbe inoltre permesso di evidenziare che l’indebita percezione di crediti risultasse sempre inferiore ai 150.000, che rappresenta la soglia necessaria per la certificazione antimafia. E che molti enti rappresentati da alcuni degli indagati, privi di una reale consistenza patrimoniale e senza alcun trascorso imprenditoriale, sarebbero stati solo delle “teste di legno”.
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